Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1684 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1684 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GADDI TEODOLINDA N. IL 23/05/1952
avverso la sentenza n. 6276/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 11.4.2011 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la
decisione del Tribunale di Lecco che – per quanto qui interessa – aveva ritenuto la
commercialista Gaddi Teodolinda responsabile del reato di concorso in emissione
continuata di fatture relative ad operazioni inesistenti (arti. 110 e 81 cp e 8 D.Lvo
74/2000) e, con le attenuanti generiche, l’aveva condannata alla pena di due anni di
reclusione. Fatti commessi tra il 29.3.2004 e il 30.9.2005.

base della chiamata in correità fatta dal coimputato Carbone Luigi, ritenendo le sue
dichiarazioni precise, coerenti e logiche oltre che suffragate dai riscontri costituiti dalle
dichiarazioni dei soggetti sentiti i quali avevano confermato l’inesistenza delle
operazioni indicate nelle fatture.
2. Per la cassazione della sentenza ricorre l’imputata deducendo innanzitutto un
errore materiale nella data della decisione e comunque la mancanza o manifesta
illogicità della motivazione sotto il profilo della valutazione della prova per avere
considerato credibile la dichiarazione del coimputato Carbone e per avere dato credito
alle deposizioni de relato rese dagli altri testi escussi, anch’essi inattendibili.
Si duole, infine, del rigetto della richiesta di prescrizione del reato quanto meno
in relazione ad una serie di fatture.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Va premesso che la diversità della data della decisione riportata in calce alla
sentenza di appello (11.4.2011 invece che 11.4.2012) è solo il frutto di un mero errore
materiale nell’uso dello strumento informatico da parte del redattore, assolutamente
insignificante perché ciò che conta è l’attestazione del cancelliere da cui risulta, del
tutto correttamente, che la data di udienza in cui è stata pronunciata la decisione era
quella del 11.4.2012 e che il deposito è avvenuto in data 18.4.2012 (cfr. frontespizio
della sentenza e relativa attestazioni del cancelliere apposte a margine).

2. Ciò chiarito, rileva il Collegio che con l’unico motivo di ricorso si denunzia
una serie di errori logici e la non corretta applicazione dell’art. 192 cpp per avere il
giudice di merito trascurato elementi probatori obiettivi che avrebbero dovuto
determinare una diversa decisione.
Rileva poi che Il Carbone non possedeva i requisiti di credibilità indicati dalla
Suprema Corte e che le dichiarazioni degli altri testi dovevano essere valutate
unitamente ad altri elementi prova, trattandosi di testi assistiti. Ancora, rileva che la
Corte ha errato nel ritenere responsabile l’imputata quale commercialista perché nel
suo studio la Guardia di Finanza non ha rinvenuto né documenti fittizi, né timbri delle
imprese clienti identici a quelli apposti sulle fatture false.
La censura relativa al vizio motivazionale è in parte inammissibile e in parte
Infondata.
2

La Corte milanese ha fondato la conferma del giudizio di responsabilità sulla

Innanzitutto, è estremamente generica – e come tale inammissibile per difetto
di specificità (artt. 581 lett. e e 591 lett. e cpp) – la doglianza laddove si limita a
segnalare l’esistenza di elementi probatori che stridono col giudizio espresso e che
avrebbero dovuto determinare una diversa motivazione della decisione (cfr. pag. 3 del
ricorso), senza però indicare in alcun modo quali siano tali elementi e come essi
avrebbero potuto influire sull’esito della decisione: è evidente che una critica così
formulata non consente alla Corte di Cassazione di svolgere il suo necessario controllo

Quanto alla critica sulla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni del coimputato
Carbone e degli altri testi escussi, la Corte ne rileva l’infondatezza.
L’articolo 192 comma 3 cpp stabilisce che “le dichiarazioni rese dal coimputato

del medesimo reato… sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne
confermano l’attendibilità”.
La Corte milanese (cfr. pag. 8) ha considerato le dichiarazioni del Carbone
precise coerenti, logiche e suffragate dalle dichiarazioni degli altri soggetti sentiti, i
quali hanno riferito di non conoscere le società che risultavano destinatarie delle
singole fatture o hanno negato che con le stesse fossero avvenute le prestazioni
Indicate nella fatture.
La Corte milanese dato altresì atto del fatto che il giudice di primo grado aveva
analiticamente riportato il contenuto di tali valutazioni e ha citato anche la deposizione
del teste Balatti sulle confidenze dal lui apprese dall’imputato prima dell’inizio delle
indagini su tale modus operandi suggerito dalla commercialista e ha ritenuto utilizzabili
tali dichiarazioni rilevando che in tal caso già esistevano le precise dichiarazioni
dell’Imputato Carbone; ha aggiunto la Corte di merito che entrambe le dichiarazioni
apparivano credibili perché non sussisteva alcun motivo plausibile per cui il Carbone,
prima ancora di esser indagato, confidasse circostanze tanto rilevanti ad un terzo, se
poi queste non corrispondessero a verità. Ancora, ha spiegato l’irrilevanza del mancato
rinvenimento preso lo studio dell’imputata di documenti che avvalorassero la tesi
dell’accusa, rilevando trattarsi di un dato neutro e valorizzando, come indiretto
riscontro alle dichiarazioni del Carboni, il fatto che le scritture contabili di tutte le
società coinvolte fossero depositate presso lo studio dell’imputata che in tal modo
aveva il diretto controllo delle operazioni.
Nessun salto logico o grave incongruenza si rinviene in tale passaggio della
motivazione anche perché, dalle frasi riportate nel ricorso a pag. 6, risulta l’assunzione
di responsabilità del Carbone, ma non risulta affatto che egli avesse scagionato la
ricorrente: pertanto Il sindacato non è consentito.
Solo per completezza, va osservato che la giurisprudenza richiamata dal
ricorrente (cass. 35453/2010) si limita a considerare che il possesso di fatture false e
del timbro presso lo studio del professionista sia una prova inequivocabile della sua

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di legittimità.

partecipazione alle condotte criminose contestate, ma non afferma affatto che siano le
uniche prove in grado di dimostrare il concorso del professionista nel reato di
emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Del resto, l’illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu
ocull, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi

logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo
logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del
20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999,
Spina, RV. 214794).

3. Resta da valutare il problema della prescrizione.
Questa Sezione ha già affrontato il tema della decorrenza del momento
consumativo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (Sez. 3,
Sentenza n. 6264 del 14/01/2010 Ud. dep. 16/02/2010 Rv. 246193; sentenza n.
20787 del 18 aprile-28 maggio 2002, P.M. in proc. Ciotti, rv 221978), ed ha affermato
che tale momento va individuato nella data di emissione del singolo documento fiscale
oppure, nella ipotesi di plurimi episodi nel corso del medesimo anno d’imposta, nella
data di emissione dell’ultimo di essi.
E’ stato precisato che tale principio costituisce attuazione della chiara
disposizione che, al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 8, in deroga agli ordinari principi
previsti dall’art. 81 cpv, c.p. in tema di continuazione, prevede un regime di favore per
l’imputato mediante la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture
per operazioni inesistenti commessi nell’arco del medesimo arco di imposta. A fronte di
tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude
l’aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza
che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio,
bensì dall’ultimo di essi.
Alla stregua di tale principio di diritto – peraltro richiamato anche dalla corte
milanese per ritenere all’epoca non maturata la prescrizione – il termine di prescrizione
di sette anni e mezzo (artt. 157 e ss cp) deve ritenersi sicuramente decorso pur
considerando il periodo di sospensione di mesi 1 e gg. 17 (dal 24.2.2012 al 11.4.2012)
per l’astensione degli avvocati dalle udienze, con riferimento alle fatture emesse nei
periodo di imposta 2004.
Pertanto, la sentenza va annullata per essere il reato estinto per prescrizione
con riferimento alle fatture emesse nel suddetto anno di imposta.
Quanto invece alla restante imputazione per le fatture emesse nel successivo
anno di imposta 2005. per la quale la prescrizione non è maturata, questa Corte
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disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano

)..

provvede direttamente ai sensi dell’art. 620 lett. i) cpp ad eliminare l’aumento di pena
per la continuazione applicato dal giudice di merito (pari a anni uno dì reclusione), non
richiedendosi nessuna attività o giudizi di merito sostitutivi che involgano accertamenti
e valutazioni di circostanze controverse (operazione, quest’ultima, incompatibile con le
attribuzioni del giudice di legittimità (cfr. cass. 6.3.2006 n. 15589; cass. 27.3.1991 n.
5247).
P.Q.M.

di imposta 2004 per essere il reato estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena
di anni uno di reclusione; rigetta per il resto il ricorso.
Corregge la data riportata in calce alla sentenza nel senso che dove è scritto 11
aprile 2011 debba intendersi 11 aprile 2012.
Così deciso in Roma, il 5.12.2012.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle fatture emesse nell’anno

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