Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16836 del 30/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 16836 Anno 2018
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Fontanino Rocco, nato a Catania il 26/05/1984

avverso la sentenza del 31/01/2017 della Corte di appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catania, con la sentenza in epigrafe indicata,
confermava la condanna pronunciata in primo grado nei confronti di Rocco
Fontanino per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990, commesso il 13 novembre 2008.
All’imputato era stato contestato di aver illecitamente detenuto e ceduto, in
concorso con Carmelo Ruscica (giudicato separatamente), cocaina e hashish,
suddiviso in 36 involucri di carta stagnola.

Data Udienza: 30/01/2018

Secondo il racconto dell’ufficiale di p.g. che aveva preso parte all’operazione
che aveva portato all’arresto dell’imputato, i militari dei carabinieri, che in abiti
civili si era finti interessati all’acquisto di stupefacenti, erano stati contatti dal
Fontanino che li aveva invitati a raggiungere un piazza vicina dove, dopo breve
attesa, erano giunti a bordo di un auto lo stesso Fontanino e Carmelo Ruscica:
quest’ultimo era sceso dal mezzo con un involucro in mano, chiedendo ai militari
il quantitativo di cocaina che volevano acquistare e, una volta che i militari si
erano qualificati, era riuscito a ingoiare buona parte della droga, mentre il

di hashish.

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre l’imputato, deducendo le censure di
seguito enunciate nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.:
– violazione degli artt. 513 e 238 cod. proc. pen. e vizio della motivazione,
per aver ritenuto utilizzabile il verbale dell’interrogatorio reso dal ricorrente in
sede di convalida dell’arresto e il verbale di arresto, in quanto acquisiti il primo
“senza richiesta di parte” e il secondo senza il consenso delle parti e fuori del
meccanismo di cui all’art. 500 cod. proc. pen.;
– violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio della
motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità penale, fondata dalla Corte di
appello su una condotta di intermediazione di cui non si ha traccia negli atti e
sulla base di un ragionamento illogico (l’imputato, pur avendo riconosciuto i
carabinieri, si sarebbe presentato come intermediario); andava motivata inoltre
la finalità di spaccio in presenza di un quantitativo così modesto; non risulta
provata l’intenzione di spaccio, anche volendo utilizzare le dichiarazioni del
ricorrente;
– violazione degli artt. 62-bis, 132 e 133 cod. pen. e vizio della motivazione,
in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche e del minimo della
pena, non avendo la Corte di appello affrontato le censure difensive sui punti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è da ritenersi inammissibile in ogni sua articolazione.

2.

Il motivo, relativo all’utilizzazione del verbale di interrogatorio, è

aspecifico, in quanto la Corte di appello, oltre ad affrontare la questione ora
riproposta dal ricorrente, ha affermato che, anche senza le dichiarazioni del
Fontanino, il quadro probatorio era esaustivo. Invero, l’imputato non aveva fatto
altro che confermare le circostanze descritte dal verbalizzante (in ordine al ruolo

2

Fontanino si era dato alla fuga e, quando bloccato, era stato trovato in possesso

di intermediario), mirando piuttosto, in chiave difensiva, a voler presentare
l’incontro con Ruscica come circostanza meramente casuale.
Al riguardo va quindi ribadito che il giudice dell’impugnazione non è tenuto a
dichiarare preventivamente l’inutilizzabilità della prova contestata qualora
ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto “criterio
di resistenza”, applicabile anche nel giudizio di legittimità (tra le tante, Sez. 2, n.
30271 del 11/05/2017, De Matteis, Rv. 270303).
Anche la restante censura versata nel primo motivo, relativa al verbale di

Va rimarcato che il verbale di arresto è atto irripetibile che, ai sensi dell’art.
431 cod. proc. pen., concorre a formare il fascicolo per il dibattimento (Sez. 5, n.
9438 del 04/06/1996, Mollo, Rv. 206080). Le Sezioni Unite hanno precisato che
non è invece atto irripetibile, e come tale non può essere acquisita al fascicolo
per il dibattimento senza il consenso delle parti, la relazione di servizio che
contenga soltanto la descrizione delle attività di indagine, esauritesi con la loro
esecuzione e suscettibili di essere descritte in dibattimento, nel contraddittorio
delle parti, senza la perdita di alcuna informazione probatoria, per non essere
modificabili con il decorso del tempo luoghi, persone o cose rappresentati (Sez.
U, n. 41281 del 17/10/2006, Greco, Rv. 234906).
Nella specie, il ricorrente non indica quali elementi probatori diversi da quelli
tipici del verbale di arresto siano stati tratti dai giudici di merito né la loro
rilevanza probatoria al fine da dimostrarne la decisività, posto che le circostanze
della vicenda sono state tratte dalla deposizione del maresciallo Florio.

2. Il secondo motivo propone censure generiche e non consentite.
Il travisamento della prova è rappresentato in modo generico con la
riproduzioni di brevi frasi della deposizione del verbalizzante che non consentono
di apprezzarne il vizio in questa sede (tra le tante, Sez. 3, n. 19957 del
21/09/2016, dep. 2017, Saccomanno, Rv. 269801).
Quanto alla condotta di intermediazione, il ricorrente propone una non
consentita rilettura degli atti processuali

(ex multis, Sez. 6, n. 47204 del

07/10/2015, Musso, Rv. 265482), mentre quel che rileva è che la Corte di
appello ha ampiamente e coerentemente spiegato, attraverso la deposizione del
maresciallo Florio, in cosa sia consistita la condotta ascritta all’imputato.
Dalla ricostruzione della vicenda fatta dalla Corte di appello, non emergeva
invero alcun dubbio circa il ruolo tenuto dal ricorrente, che giustificava
plausibilmente la sua ritenuta penale responsabilità anche per il quantitativo di
hashish trovato in suo possesso.

3

arresto, è generica.

Invero, il legislatore ha indicato, all’art. 73, comma 1-bis, lett. a), d.P.R. n.
309 del 1990, i parametri, sulla base dei quali apprezzare la destinazione ad
“uso non esclusivamente personale” di sostanze stupefacenti, tra loro non
reciprocamente autonomi — quali le modalità di presentazione, il peso lordo
complessivo o il confezionamento frazionato, e altre circostanze dell’azione. Ne
consegue che, pur in presenza di quantità esigue, potrebbero essere valutate,
come nella specie, dal giudice le modalità di presentazione e altre circostanze

3. In ordine alla dosimetria della pena (tra l’altro attestata in prossimità del
minimo edittale) il ricorrente formula motivi manifestamente infondati.
Invero nell’appello, il ricorrente, per giustificare una mitigazione della pena,
aveva indicato circostanze che risultavano o collidere con la ricostruzione accolta
dalla Corte di appello o che erano già state prese in considerazione con la
qualificazione del fatto nell’ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990 (e quindi tutti assorbiti).
In tal senso, la risposta fornita dalla Corte di appello — che ha rilevato che il
fatto già era stato qualificato come lieve e che la pena era da ritenersi equa, in
quanto già stabilita in misura prossima al minimo edittale — risulta all’evidenza
esente dalle critiche difensive.

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al versamento a favore della cassa delle ammende della somma a titolo di
sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
quantificare nella misura di euro 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 30/01/2018.

Il Consiglier é estensore
,

Ersilia Clar1iese

Il Presidente
incenzo Rotundo

dell’azione, tali da escludere radicalmente un uso strettamente personale.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA