Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16829 del 24/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16829 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
WASZKEWICZ ELISA VIOLETA N. IL 08/07/1974
avverso la sentenza n. 4955/2014 TRIBUNALE di MONZA, del
17/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 24/03/2016

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Monza applicava a WASZKEWICZ Elisa Violeta, a
norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine al delitto di tentato furto aggravato, commesso 1’11 dicembre 2014.
Propone ricorso per cassazione, integrato da memoria, l’imputata che deduce difetto di motivazione per non esser stato applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. e sul trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha
escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli
atti delle indagini preliminari ed in particolare al verbale di arresto ed a quello di querela.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
In tema di trattamento sanzionatorio, poi, i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, atteso che il Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione della
legge in punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini), conformandosi del resto interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del quale ha
espressamente riconosciuto la congruità. Mentre l’imputato che abbia chiesto l’applicazione di
una determinata pena non può dolersi della entità della pena da esso stesso sollecitata né della
complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando apprezzamenti di fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.500,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 marzo 2016.

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