Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16829 del 22/03/2018


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16829 Anno 2018
Presidente: IASILLO ADRIANO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
SANTARSIERO DONATO, nato il 02/12/1975, contro l’ordinanza del 07/11/2017
del Tribunale del riesame di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio
Baldi, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità;
udito il difensore, avv. Maria Assunta Laviensi, in sostituzione dell’avv.to Giorgio
Cassotta, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

FATTO e DIRITTO

1. Santarsiero Donato – indagato per i reati di rapina, furto aggravato e
resistenza ex art. 337 cod. pen. – a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione contro l’ordinanza in epigrafe deducendo:
1.1. la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in quanto «l’indagine è
fondata esclusivamente su individuazione di oggetti generici come vestiti,
anziché di elementi individualizzanti come al refurtiva»;
1.2. la violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. in quanto il pericolo di recidiva
si fonda su mere congetture così come del tutto immotivata sarebbe la conferma
della custodia cautelare in carcere invece che di una misura meno afflittiva.

Data Udienza: 22/03/2018

2. Il ricorso è inammissibile essendo entrambe le censure manifestamente
infondate posto che:
Ad 1.1.: il materiale sequestrato al ricorrente nell’immediatezza dei fatti non
è affatto “generico” perché si tratta non solo dello stesso abbigliamento che il
rapinatore indossava al momento della rapina e descritto dai testi, ma anche di
un «cappellino bianco e blu con la fodera bucata in due punti, per consentire la
visione pur con l’indumento completamente abbassato sul volto, come un
passamontagna» (pag. 6 ordinanza impugnata). L’indagato, poi, venne

bordo della quale il rapinatore si era dileguato (pag. 4 ordinanza impugnata):
tanto basta, in questa fase processuale, per ritenere la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza;
Ad 1.2.: in ordine al pericolo di recidiva il tribunale ha ampiamente motivato
richiamando, innanzitutto, i «numerosissimi e gravi precedenti penali» nonché i
carichi pendenti da cui è gravato il ricorrente e, poi, le spregiudicate modalità
della condotta. Corretta ed incensurabile, quindi, deve ritenersi la conclusione
secondo la quale i suddetti dati fattuali sono indice di «una personalità priva di
un adeguato controllo e incapace di arginare gli stimoli crinninogeni», tale da
giustificare la misura della custodia cautelare in carcere la sola in grado di
contenerli in quanto gli stessi arresti domiciliari si rivelerebbero inutili atteso che
il ricorrente risulta gravato da una condanna definitiva per evasione e di un’altra
riportata in data 13/08/2016, sintomatiche di una personalità «incapace di
percepire la portata dei divieti giuridici» e priva di «un’adeguata capacità di
autocontrollo come invece è richiesto per il rispetto degli obblighi connessi» agli
arresti domiciliari.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in C 2.000,00.

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila
a favore della Cassa delle Ammende.

2

intercettato, nell’immediatezza dei fatti, alla guida della stessa autovettura a

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94/1 ter disp. att. cod.
proc. pen
Sentenza a motivazione semplificata.

Così deciso il 22/03/2018

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