Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1681 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 1681 Anno 2013
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) FLERES SALVATORE N. IL 30/06/1956
avverso la sentenza n. 171/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
12/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. eft34 t(DIA.te.ti4
che ha concluso per h
14 M-4—(

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. 3,
v)

410-p

4

M fr

-t9 t1,
1 C4

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1- La Corte d’Appello di Catania con sentenza 12.10.2011 ha confermato la
pronuncia del locale Tribunale, che – per quanto interessa in questa sede – aveva
riconosciuto Fleres Salvatore colpevole del reato di cui agli artt. 36 L.R. Sicilia 71/78 e
3, comma 1 lett. e), 10 comma 1 lett. a) e 44 lett. b) DPR n. 380/2001 e delle
contravvenzioni in materia urbanistica di cui agli artt. 64 e 71 DPR n. 380 /2001,
trattandosi di lavori in zona sismica e, unificati i reati col vincolo della continuazione, lo

questa sede – alla pena di mesi uno di arresto ed C. 6.000,00 di ammenda
(subordinandone la sospensione all’adempimento della provvisionale in favore della
costituita parte civile). La Corte ha altresì condannato l’imputato al pagamento delle
ulteriori spese processuali nonché di quelle relative all’azione civile.
Ha motivato la conferma di colpevolezza del Fleres ritenendo che per la
realizzazione delle opere (consistenti nella trasformazione di due terrazze in stabili
verande modificative della destinazione d’uso del preesistente immobile) occorreva il
permesso di costruire e che il termine di prescrizione dei reati contravvenzionali non
era ancora maturato, dovendosi avere riguardo alla data della sentenza dl primo grado
al fini della decorrenza dello stesso, trattandosi di reato permanente e mancando la
prova della avvenuta ultimazione dei lavori.

2. L’imputato censura il giudizio di responsabilità deducendo con un primo
motivo la violazione di legge con riferimento agli artt. 234 e ss cpp e la manifesta
illogicità della motivazione (in ordine alla utilizzabilità della relazione svolta dal
consulente tecnico di ufficio nei corso di un giudizio civile); con altro motivo denunzia
la violazione di legge in relazione alle norme sulla prescrizione (157 e ss cp)
rimproverando al giudice di merito di avere errato nel ritenere che nel caso di specie la
cessazione della permanenza del reato coincide con la data della sentenza di primo
grado perché dagli atti del processo (e precisamente dalle dichiarazioni rese in
dibattimento dal tecnico comunale) risulta invece l’avvenuta ultimazione delle opere
sin dal 12.8.2005, epoca del secondo sopralluogo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione della prescrizione maturata prima della sentenza del giudice di
appello ed in particolare il problema della data di ultimazione del lavori relativi alla
veranda di cui al civ. 8 (che secondo li CTU nominato nel processo civile sarebbe
completa in ogni sua parte: cfr. sentenza impugnata pag. 7) e quella civ. n. 10 (che al
momento degli accertamenti del tecnico comunale si presentava arredata come studio,
con librerie, sedie tavolo, punto e presa elettrica: cfr. sentenza pag. 8) esclude
sicuramente la manifesta infondatezza del ricorso.

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aveva condannato, con le attenuanti generiche – e sempre per quanto interessa in

L Ciò premesso, il secondo motivo di ricorso (riguardante appunto la violazione
di legge in relazione alle norme sulla prescrizione) – e da esaminarsi preliminarmente
per evidenti ragioni di priorità logica – è fondato.
La stessa Corte di merito – nel motivare sulla avvenuta modifica della
destinazione d’uso – si rifà alla deposizione del geom. Sartorio, tecnico comunale, il
quale ha affermato che il locale di sgombero si presentava arredato come studio, con
librerie, sedie tavolo, punto e presa elettrica, mentre Il nuovo manufatto di mq. 15,48

pannelli termocoibentati (cfr. sentenza pay. 8).

Sempre la Corte di merito riporta poi un passaggio della relazione del CM
nominato nel giudizio civile in cui si dà atto che il manufatto esteso sulla superficie di
mq. 43,50, caratterizzato da serramenti metallici e copertura a una falda realizzata con
pannelli coibentanti, si presenta come vano “completo in ogni sua parte” (pag. 7
sentenza).
Si rivela allora contraddittoria l’affermazione (cfr. pag. 10 sentenza) secondo
cui trattasi di costruzioni non ancora ultimate, bensì allo stato rustico in quanto prive
di intonaci, pavimenti, infissi interni e di completo tetto di copertura, perché dagli atti
risultava che alla data dell’ultimo accertamento del tecnici del Comune (avvenuto il
29.9.2005) le opere erano già ultimate e quindi era cessata la permanenza della
contravvenzione edilizia.
Partendo dunque dalla suddetta data del 29.9.2005 come dies a quo al fini dei
calcolo della prescrizione, in applicazione della previgente formulazione degli artt. 157
e ss cp – sicuramente più favorevole quanto al termine prescrizionale fissato, per le
contravvenzioni punite con pena dell’arresto, nel massimo a quattro anni e mezzo
rispetto ai cinque anni previsti nel massimo per tutte le contravvenzioni dall’attuale
normativa – considerando anche i periodi di sospensione (dal 15.6.2010 al 4.5.2011 e
dal 4.5.2011 al 12.10.2011, per un totale di gg. 484), la prescrizione è quindi
maturata alla data del 26.7.2011, cioè anteriormente alla pronuncia della sentenza
impugnata (12.10.2011).
Devono trovare applicazione i principi di recente ribaditi dalle Sezioni unite
(sentenza 28 maggio 2009, Tettamanti), secondo cui, in presenza di una causa di
estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a
norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad
escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e

la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile,
così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al
concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o
di approfondimento.

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era rappresentato da una struttura in alluminio anodizzato e vetri con copertura in

Nel caso di specie certamente non ricorrono le anzidette condizioni -come
peraltro si vedrà più avanti – e quindi va senz’altro applicata la causa estintiva.
3. Devesi però rilevare che a norma dell’art. 578 c.p.p. il giudice di appello o la
Corte di cessazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il
quale in primo grado è intervenuta condanna, sono tenuti a decidere sull’impugnazione
agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili
ed a tal fine i motivi di impugnazione proposti dall’imputato devono essere esaminati

al risarcimento del danno dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati
secondo quanto previsto dall’art. 129, secondo comma, code proc. pen. c. 2^ c.p.p. (v.
In proposito: cass. Sez. 6, Sentenza n. 3284 dei 25/11/2009 Ud. dep. 26/01/2010;
cass. Sez. 6, Sentenza n. 31464 del 08/06/2004 Ud. dep. 16/07/2004; Cass. 3^, sent.
1067 dei 20/4/01, Franzan; Cass. 4^, sent. 6742 del 28/5/99, Pizzagalli G. F.).
Orbene, rileva la Corte che – anche sotto lo specifico profilo appena menzionato
– il primo motivo di ricorso (per violazione degli artt. 234 e ss cpp e vizio di
motivazione) è manifestamente infondato.
Secondo la tesi dell’imputato la corte di merito ha fondato l’accertamento di
responsabilità sulla base di una relazione di consulenza tecnica svolta nel giudizio civile
non ancora definito con sentenza passata in giudicato e quindi in violazione del
disposto dell’art. 238 cpp.
Rileva invece la Corte che secondo la costante giurisprudenza è legittima
l’acquisizione, nel processo penale, della consulenza tecnica d’ufficio resa nel giudizio
civile non ancora definito con sentenza passata in giudicato, dovendo la stessa
considerarsi prova documentale in quanto formata fuori del procedimento penale e
rappresentativa di situazioni e cose (cass. Sez. 3, Sentenza n. 5863 del 23/11/2011
Ud. dep. 15/02/2012 Rv. 252127; cass. Sez. 2, Sentenza n. 7916 del 05/02/2008 Ud.
dep. 20/02/2008 Rv. 239546; Sez. 3, Sentenza n. 22821 del 25/02/2003 Ud. dep.
23/05/2003 Rv. 225229; cass. Sez. 2, Sentenza n. 8723 del 07/05/1996 Ud. dep.
26/09/1996 Rv. 205871) .
La Corte di merito, quindi, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto
che si fonda sul chiaro disposto dell’art. 234 cpp secondo cui, appunto, “è consentita

l’acquisizione di… documenti che rappresentano ….fatti o cose…”.
Tutte le altre critiche sviluppate nel motivo in esame (riguardanti la natura

precaria e non stabile dell’opera nonché l’assenza di modifiche della destinazione
d’uso) mirano a sollecitare una diversa rivalutazione delle risultanze processuali, cioè
una vera e propria rivalutazione del fatto non consentita nel giudizio di legittimità, in
mancanza di vizi nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito il quale,
invece, sulla base della relazione peritale svolta dal consulente di ufficio nominato nel
giudizio civile – e, come si è visto, correttamente ritenuta utilizzabile nel giudizio
4

compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica,

penale – ha accertato, attraverso un ragionamento logicamente coerente, la mancanza
delle condizioni per escludere le opere dall’obbligo del rilascio del permesso di costruire
in applicazione della legislazione statale e regionale focalizzando a tal fine la natura
inamovibile delle terrazze e l’avvenuta modificazione della destinazione d’uso. Si è
dunque al di fuori del vizio di motivazione di cui all’art. 606 primo comma lett. e cpp.
Del resto è noto che nell’Ipotesi di ricorso per mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, il sindacato in sede di legittimità è limitato alla sola verifica della

apprezzarne la rilevanza giuridica nonché della congrultà logica del ragionamento
sviluppato nel testo dei provvedimento. impugnato rispetto alle decisioni conclusive. Ne
consegue che resta esclusa la possibilità di sindacare le scelte compiute dal giudice in
ordine alla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, a meno che le stesse non
siano il frutto di affermazioni apodittiche o illogiche (dr. cass. sez. terza 12.10.2007
n.40542). L’Illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio
denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu
°culi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo

essere limitato a rilievi di

macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo
logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del
20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cessazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999,
Spina, RV. 214794).
Le considerazioni svolte e le puntualizzazioni operate, in conclusione,
consentono di ritenere:
– che la sentenza impugnata debba essere annullata senza rinvio, per
intervenuta prescrizione dei reati edilizi ascritti al Fleres (art. 620 lett. a cpp);
– che debbano essere mantenute ferme (ex art. 578 c.p.p.) le statuizioni di
carattere civilistico della stessa decisione.
P.12.14.
annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché i reati sono estinti per prescrizione.
Conferma le statulzioni civili della sentenza.
Cosi deciso in Roma, il 5.1f…2012

sussistenza dell’esposizione dei fatti probatori e dei criteri adottati al fine di

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