Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16808 del 04/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16808 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) FIZAOUI ABDALKADIR N. IL 23/03/1979
avverso la sentenza n. 8922/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
19/12/2011
‘dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;

Data Udienza: 04/12/2012

L’imputato FIZAOUI ABDALKAIDIR ricorrendo per Cassazione awerso il
prowedimento in epigrafe indicato, lamenta
– il vizio di carenza e manifesta illogicità di motivazione in riferimento alla
indicazione dei criteri con i quali è stata determinata la pena;
– il vizio di carenza e manifesta illogicità di motivazione in riferimento alla
indicazione dei criteri con i quali è stato effettuato il giudizio di
comparazione fra circostanze;
– il vizio di carenza manifesta illogicità e di motivazione in riferimento alle
ragioni per le quali non sono state riconosciute le attenuanti generiche.
In data 16.11.2012 l’imputato ha fatto pervenire alla cancelleria di questa
Corte una memoria integrativa del ricorso, nel quale ribadisce le ragioni
poste a fondamento dello impugnazione mettendo in evidenza che la Corte
d’Appello non ha preso in considerazione tutti gli elementi di fatto esposti
nell’atto di appello e che avrebbero potuto portare al riconoscimento delle
attenuanti generiche e di un più mite trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è manifestamente infondato, per i seguenti principi qui richiamati
e condivisi dal Collegio:
1) “La specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena
irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze,
è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura
media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare
conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del
tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure il
richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere”. [Cass. pen.,
sez. II, 26.6.2009, n. 36245 in Ced Cass. Rv 245596]
2) “Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte
circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio
di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto
di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da
sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare
la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a
realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto”. [Cass. pen. SU
25.2.2010, n. 10713 in Ced Cass., rv. 245931]
3) “Il riconoscimento o il diniego delle circostanze attenuanti generiche è
rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio
deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero del decidente circa l’adeguamento della pena in
concreto inflitta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo;
pertanto nella determinazione della sanzione ben possono essere presi
in esame uno o alcuni soltanto degli elementi indicati dall’art. 133 c.p.
purché della scelta decisoria adottata si dia adeguatamente conto in
motivazione. [Cass. pen., sez. IV, 15.2.2007, Usala]
Nel caso in esame la Corte territoriale, con motivazione specifica,
riguardante proprio la posizione dello imputato qui ricorrente ha dato
conto delle ragioni inerenti al trattamento sanzionatorio, prendendo in

MOTIVI DELLA DECISIONE

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso ino a il 4.12.2012

considerazione la gravità del fatto, le modalità dell’azione, e per lo
imputato qui ricorrente la irrilevanza della mancanza di precedenti penali
ai fini del riconoscimento di una sanzione che possa essere contenuta
entro i limiti della sospensione condizionale della pena. Si tratta di
valutazioni di merito, adeguatamente motivato, con la conseguenza che la
decisione impugnata sfugge alle censure che non attengono ad aspetti di
diritto e non pongono in evidenza, né specifiche violazioni della norma di
legge, nè vizi specifici della motivazione che devono essere desumibili dal
testo del provvedimento impugnato.
Per le suddette ragioni il ricorso è inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 alla Cassa delle ammende

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