Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16804 del 02/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16804 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CHIPARO FAUSTO nato il 11/03/1979 a PARMA

avverso l’ordinanza del 21/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO CAPUTO;

Uditi in udienza camerale il Sostituto Procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte di cassazione dott.ssa P. Lori, che ha concluso per il rigetto
del ricorso, e, per il ricorrente, l’avv. F. C. Coppi e l’avv. L. Pastorelli, che hanno
concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e, in
subordine, per la sostituzione della misura applicata con quella degli arresti
domiciliari.

Data Udienza: 02/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21/12/2017, il Tribunale del riesame di Bologna ha
confermato l’ordinanza del 04/12/2017 del Giudice delle indagini preliminari del
Tribunale di Modena che ha applicato nei confronti di Fausto Chiparo la misura
cautelare della custodia in carcere in relazione alle seguenti imputazioni
provvisorie:
A) associazione per delinquere, con Luigi Predieri e altri, finalizzata alla
commissione di una pluralità di delitti contro il patrimonio, in particolare, di

natura fallimentare, fiscale e societaria, tra i quali le bancarotte fraudolente
relative a Technologies s.p.a e TEC s.p.a.;
B)

quale amministratore di fatto, finanziatore e socio occulto di SNT

Technologies s.p.a., dichiarata fallita il 10/12/2015 (con passivo di circa 49
milioni di euro), bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale e, in
particolare, dissipazione del patrimonio attraverso l’affitto dell’unica azienda
attiva (il complesso di Carpi) a SNT Trading s.r.l. e la cessione dei crediti (stimati
in circa 50 milioni di euro) alla società portoghese Vanity Gest;
dissipazione/distrazione della merce pervenuta dalla società Fujitsu Technologies
Solution s.p.a. simulandone l’alienazione a SNT Trading s.r.I.; distrazione di
somme di denaro sottraendole all’erario mediante un meccanismo fraudolento
(SNT Technologies operava, negli anni 2012 e 2014 rilevanti acquisti in Italia
senza versare VIVA grazie all’utilizzo contestuale di false dichiarazioni di intento
per l’esportazione UE; successivamente, la fallita pagava fatture oggettivamente
inesistenti per cessioni in Italia ad altre società – New Line e New City -, girando
così di fatto a terzi soggetti giuridici VIVA incassata che avrebbe dovuto versare
per un totale di almeno 9,7 milioni di euro); distrazioni di fondi in favore di varie
società e dissipazioni attraverso il noleggio o comunque acquisendo l’uso di auto
di lusso; occultamento o distruzione di libri e scritture contabili o tenuta della
documentazione societaria in modo da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio e delle operazioni distrattive e dissipative indicate.
C) quale amministratore di fatto, finanziatore e socio occulto (nonché quale
dipendente assunto fittiziamente come “commerciale / amministrazione”) di TEC
s.p.a., dichiarata fallita il 18/09/2012 (con passivo di oltre 45 milioni di euro),
bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, in particolare, di beni della
fallita in favore di altre società, per dissipazione attraverso l’affitto dell’azienda,
la cessione di crediti e pagamenti verso varie società, nonché bancarotta
fraudolenta documentale, per aver occultato o distrutto i libri e le scritture
contabili o tenuto la documentazione societaria in modo da non rendere possibile
la ricostruzione del patrimonio e delle operazioni distrattive e dissipative
indicate.

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2. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale del riesame di Bologna ha
proposto ricorso per cassazione Fausto Chiparo, attraverso il difensore avv. L.
Pastorelli, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione e inosservanza o erronea
applicazione della legge in ordine, in particolare, ai gravi indizi di colpevolezza e
con specifico riferimento alle chiamate di correo. Il Tribunale del riesame ha fatto

limitandosi ad evidenziare, con riguardo alla posizione di Chiparo, la supposta
vicinanza al coindagato. Quanto alle chiamate di correo, il Tribunale del riesame
si è limitato ad escludere la sussistenza di elementi atti ad incrinare la rilevanza,
la consistenza e la portata delle dichiarazioni, con motivazione di fatto apparente
alla luce delle deduzioni articolate con il riesame: a fronte di censure relative
all’eccessiva genericità, all’inesattezza e all’inattendibilità, il Tribunale si è
limitato a confermare l’indipendenza e l’originalità delle chiamate di correo.
Analoghi rilievi valgono per le sommarie informazioni di soggetti ai margini delle
indagini, informazioni che provengono o da soggetti effettivamente “ai margini”
e, quindi, scarsamente informati, ovvero da soggetti a conoscenza dei fatti,
sicché sarebbe stato necessario motivare in ordine alla rilevanza e
all’attendibilità rispetto alle lacune evidenziate nei motivi di riesame. Analoghe
considerazioni valgono in relazione all’assenza di qualsiasi passaggio di denaro
da parte o verso l’indagato, non potendosi ritenere indizi di reato i contatti
commerciali leciti e addirittura non andati a buon fine. Quanto alle intercettazioni
che paleserebbero il ruolo di socio occulto del ricorrente, tali intercettazioni o non
sono presenti agli atti (con conseguente caducazione di uno dei presupposti
fondamentali della misura applicata) o non sono state messe a disposizione della
difesa, con conseguente violazione del diritto della difesa al loro esame; le
operazioni di intercettazione sono durate ben tre anni e hanno avuto
sostanzialmente esito negativo per Chiparo, laddove dalla totale assenza di un
importante elemento indiziario viene capziosamente fatto derivare un indizio di
colpevolezza facendo riferimento a mezzi di comunicazione “dedicati” e “rimasti
occulti”, con un vero e proprio travisamento del fatto. Chiparo rivestiva il ruolo di
consulente tecnico nell’ambito delle imprese di Predieri, sicché l’inferenza
indicata è del tutto fuorviante.
L’ordinanza del Tribunale del riesame è priva di autonoma valutazione delle
esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, laddove la
mancata valutazione della ricostruzione difensiva potrebbe portare a ravvisare
un’erronea applicazione della legge processuale essendo la custodia in carcere
l’extrema ratio, posto che essendo l’indagato un mero consulente finanziario e/o

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riferimento ai gravi indizi di colpevolezza relativi al coindagato Predieri,

imprenditoriale, anche se fosse stato a conoscenza di discutibili operazioni, ciò
non giustificherebbe l’applicazione della misura, trattandosi per di più di persona
incensurata e dotata di rilevantissimi redditi derivanti da attività imprenditoriale
del tutto lecita e non oggetto di contestazione.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine all’attualità
delle esigenze cautelari. Quanto al pericolo di reiterazione, sono del tutto assenti,
nel caso di specie, elementi indicativi recenti (trattandosi di operazioni compiute
dal 2010 al 2015), né la motivazione dei giudici cautelari è congrua quando, pur

individua la possibilità di reiterazione di condotte criminali nei confronti delle
figure “di spicco” all’interno dell’indagine, tanto più che, in altro procedimento,
Chiparo è stato prosciolto da una delle due imputazioni nei suoi confronti,
mentre la seconda non riguarda un delitto in materia di tutela della par condicio
creditorum. Quanto ai rapporti con il coindagato Massimo Fontanesi, la difesa ha
depositato copia delle pratiche civilistiche da questi gestite, laddove, con
riguardo ai rapporti con Predieri e Fontanesi per la vicende di SMC Holding o di
altre imprese, la motivazione è priva di valore atteso il ruolo di consulente
disegnato dalla difesa.
In ordine al pericolo di inquinamento probatorio, il provvedimento
impugnato non motiva sul perché esso non sarebbe fronteggiabile con gli arresti
domiciliari, né sul rilievo difensivo secondo cui se Chiparo fosse stato
componente di spicco di un sodalizio criminale a lui noto, avrebbe potuto agire
mesi fa, anche per la conoscenza delle indagini a carico di Predieri.
Rilievi, questi, che valgono anche per il pericolo di fuga, tanto più che
l’indagato aveva messo a disposizione il proprio passaporto e si era detto
disponibile all’applicazione del cd. “braccialetto elettronico”.
2.3. Il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art.
309, commi 8 e 9, cod. proc. pen. in relazione all’ulteriore documentazione,
rinvenuta nel corso dell’attività di indagine svolta tra la presentazione della
richiesta di riesame e l’udienza camerale, prodotta dal p.m. in sede di riesame e
alla mancata concessione di un termine a difesa.
2.4. In data 29/02/2018, i difensori del ricorrente, avv. F . C. Coppi (come
da nomina del 23/02/2018) e avv. L. Pastorelli, hanno depositato: copia
dell’estratto del conto corrente intestato a Blu Jet alla data del 31/10/2017,
rilevante ai sensi del terzo motivo di ricorso, con particolare riferimento alla
documentazione prodotta dal P.M. all’udienza del riesame, avuto riguardo ai
flussi finanziari transitati sul conto della società; articolo apparso su un
quotidiano locale in cui si fa espressa menzione dell’avvenuta intercettazione di
conversazioni per la durata di più di 80 mila ore, a fronte delle quali non è stata

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a fronte dell’ormai “paralisi del sodalizio” e alle misure cautelari reali adottate,

rinvenuta alcuna intercettazione di Chiparo o comunque significativa ai fini della
tesi accusatoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso, complessivamente valutato, deve essere rigettato, pur

presentando plurimi profili di inammissibilità.

indiziario ex art. 273 cod. proc. pen., è inammissibile.
L’ordinanza impugnata ha rilevato che a carico di Chiparo convergono
plurime dichiarazioni di coindagati, ma anche di persone estranee alle indagini e,
tuttavia, direttamente a conoscenza dei fatti, in quanto dipendenti delle imprese
in cui il ricorrente aveva operato insieme con Predieri nello «svuotamento delle
società fallite» e «ciò pur avendo ammesso di aver percepito la “discutibilità” di
alcune decisioni». L’ordinanza, ad esempio, ha richiamato le dichiarazioni che
hanno descritto le operazioni realizzate su richiesta di Chiparo per la costituzione
di SNT Trading s.r.l. – destinataria, tra l’altro, dell’azienda di Carpi – e hanno
indicato le somme sottratte a SNT Technologies per un ammontare
verosimilmente superiore a 3.800.000 euro (Maria Provvisionato) e, con riguardo
a Tecma s.p.a., poi TEC, le dichiarazioni che hanno descritto come «più
addentrato alle vicende contabili» il ruolo di Chiparo, conosciuto insieme con
Pred ieri come i futuri “capi” della società (Patrizia Montanari, ex dipendente della
società poi fallita). L’ordinanza impugnata ha poi passato in rassegna i
documenti sequestrati dalla polizia giudiziaria all’esito di varie perquisizioni, tra i
quali una bozza di scrittura privata per la cessione di un contratto tra SNT
Technologies e Vanity Gest (definita controllante), e ha richiamato le
conversazioni intercettate in cui Predieri, conversando con altri interlocutori su
questioni concernenti le imprese in cui era interessato, faceva più volte
riferimento a “Fausto”, ossia al ricorrente, come persona con la quale era
opportuno confrontarsi.
A fronte della motivazione del provvedimento impugnato, il ricorrente
articola le proprie doglianze in merito alle varie dichiarazioni valorizzate dai
giudici cautelari in termini del tutto generici: lungi dal far leva su specifiche
censure relative ai plurimi elementi dichiarativi richiamati dall’ordinanza
impugnata, il ricorso si limita ad evocarne, in termini non correlati a dati indiziari
puntualmente individuati e sottoposti a specifica disamina critica, gli asseriti
connotati di genericità, inesattezza e inattendibilità. Nei termini indicati, le
doglianze del ricorrente sono in radice inidonee a dar corpo al vizio motivazionale
denunciabile dinanzi a questa Corte: rilievo, questo, valido anche con riguardo

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2. Il primo motivo, nella parte relativa alle censure afferenti al presupposto

alle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti, posto che la deduzione
difensiva secondo cui il mancato coinvolgimento nelle indagini renderebbe
“marginali” i contributi conoscitivi offerti da queste persone riveste, all’evidenza,
carattere assertivo.
Priva di consistenza, a fronte della diffusa motivazione dell’ordinanza
impugnata, è la doglianza circa la riferibilità delle valutazioni del giudice del
riesame al solo coindagato Predieri, laddove l’assunto della mancanza di
passaggi di denaro coinvolgenti l’indagato – oltre che carente di correlazione con

dei trasferimenti distrattivi – omette di confrontarsi con gli elementi in base ai
quali i giudici cautelari hanno attribuito al ricorrente un ruolo almeno paritario
rispetto a quello di Predieri.
Del tutto inammissibili sono le censure relative alle intercettazioni
telefoniche, articolate dal ricorrente sulla base di un’alternativa irrisolta circa la
presenza o meno delle stesse tra gli atti trasmessi al g.i.p., a fronte di un
riferimento dello stesso ricorrente all’asserita durata (tre anni) delle stesse
operazioni di intercettazione (rilievo ripreso nel documento – un articolo di
giornale – prodotto in prossimità dell’udienza camerale), laddove il prospettato
mancato coinvolgimento nelle conversazioni intercettate – oltre che, almeno in
parte, smentito dai rilievi dell’ordinanza impugnata – risulta del tutto inidoneo a
disarticolare il complessivo ragionamento dei giudici cautelari.
Manifestamente infondato è il rilievo circa la mancanza di autonoma
considerazione del presupposto indiziario, rilievo smentito dalla diffusa
motivazione dell’ordinanza impugnata, tanto più che la nullità comminata
dall’art. 292 cod. proc. pen. riguarda l’ordinanza applicativa e non quella di
riesame.

3. Anche il secondo motivo e il primo motivo, nella parte relativa alle
restanti censure concernenti le esigenze cautelari, sono inammissibili.
3.1. Quanto al pericolo cautelare di cui alla lett. c) del comma 1 dell’art. 274
cod. proc. pen., il giudice del riesame ha richiamato plurimi elementi idonei a
darne conto: il radicato dolo, la lucida professionalità e l’impiego di efficaci
tecniche nella realizzazione dei fatti di cui alle imputazioni provvisorie; la
fittissima trama di imprese e di relazioni personali (anche con l’estero) in cui
l’indagato ha dimostrato di aver interesse e di saper creare al bisogno, trama alla
quale l’ordinanza impugnata associa la riconoscibilità di plurime occasioni di
reiterazione delle condotte criminose; la titolarità di varie società (anche
all’estero) e la circostanza che presso l’indirizzo in Italia dell’indagato hanno sede
legale ulteriori imprese, condizione, questa, che gli consentirebbe agevolmente
di entrare in contatto con altre realtà economiche; le intercettazioni telefoniche,

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i dati indiziari richiamati dal giudice del riesame in merito a società destinatarie

che provano come fino al maggio 2017, “Fausto” fosse strettamente legato a
Predieri, anche per il tramite dell’avv. Fontanesi; i dati relativi ai tabulati
telefonici, che dimostrato rapporti tra Chiparo e Davide Folli almeno fino ad
agosto del 2017; gli elementi dai quali si desume che le relazioni “sospette” tra
Chiparo e Predieri non erano circoscritte alle società di cui alle imputazioni
provvisorie sub b) e c).
Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, l’ordinanza impugnata
sottolinea la capacità dell’indagato di creare documentazione di copertura, abilità

accusatorie e, soprattutto, dei flussi finanziari che lo avevano coinvolto
direttamente o indirettamente (anche attraverso persone a lui vicine, come
dimostrato dalla documentazione di rapporti bancari intestati ai genitori
dell’indagato e trovata in suo possesso).
In ordine al pericolo di fuga, il Tribunale del riesame segnala che il ricorrente
risiede all’estero, ha dimora in altra località estera, dispone di documenti di
identità paraguayani con scadenza al 20/01/2027.
In punto adeguatezza della misura, l’ordinanza impugnata ha poi osservato
che da quanto dichiarato in sede di sommarie informazioni da Elena Fabbri,
«Foroni usava un telefono specifico per comunicare con Chiparo», il che, nella
valutazione del giudice del riesame, denota l’impiego di notevole accortezza:
rilievo, questo, che si salda alla considerazione che l’esito sostanzialmente
negativo dell’attività di captazione va ricondotto alla disponibilità di mezzi di
comunicazione “dedicati” e rimasti occulti; sotto questo profilo, priva di incidenza
è la produzione difensiva sull’entità delle conversazioni intercettate, peraltro
affidata ad un articolo di stampa. Sul punto, il Tribunale del riesame ha poi
sottolineato che la misura carceraria è imposta dalla prognosi di inadeguatezza
di misure che si basano comunque sull’autodisciplina dell’indagato, la cui
pericolosità e spregiudicatezza è emersa da quanto accertato.
3.2. A fronte della diffusa motivazione resa dall’ordinanza impugnata, le
doglianze proposte dal ricorso sono inammissibili.
Manifestamente infondate sono le censure articolate con il primo motivo: per
un verso, tali censure fanno leva sulla riproposizione della prospettazione
difensiva circa il ruolo di mero consulente rivestito dall’indagato, prospettazione
disattesa dal giudice del riesame che ha delineato la posizione del ricorrente
come quella di «soggetto dotato di capacità decisionale, anche strategica e di
lungo periodo, in una posizione quanto meno paritaria rispetto al Predieri»; per
altro verso, il ricorrente richiama in termini aspecifici documentazione non
oggetto di autonoma valutazione da parte del Tribunale del riesame, omettendo,
peraltro, di confrontarsi con i plurimi, puntuali elementi valorizzati dall’ordinanza
impugnata, quali, in particolare, l’utilizzo di telefoni “specifici” per le

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che, se libero, potrebbe sfruttare per celare agli inquirenti prove delle ipotesi

comunicazioni riferito da una teste e ritenuta dimostrativa dell’inadeguatezza di
misure meno afflittive di quella carceraria.
Inammissibili sono altresì le doglianze articolate con il secondo motivo in
ordine all’attualità del pericolo di recidiva: a fronte dei plurimi elementi
valorizzati dai giudici del riesame, il ricorso (che si limita a far riferimento al
rapporto con Fontanesi, omettendo qualsiasi riferimento ai dati relativi ai contatti
con il coindagato Folli e alla pluralità delle relazioni “sospette” tra Chiparo e
Predieri) risulta del tutto carente della necessaria correlazione tra le

dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849).
Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, l’ordinanza impugnata ha
richiamato la dimostrata capacità dell’indagato di creare documentazione di
copertura (richiamando, a questo proposito, specifici elementi), rilievi anch’essi
non oggetto di puntuale disamina critica da parte del ricorso.
Alla medesima conclusione deve giungersi con riguardo alle censure relative
al pericolo di fuga, congruamente motivato dal giudice cautelare, anche sotto il
profilo dell’attualità, sulla base degli elementi sopra richiamati, laddove per
l’inadeguatezza di misure meno afflittive valgono i rilievi e le considerazioni già
esposti.

4. Il terzo motivo è infondato, per plurime, convergenti ragioni.
Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di questa Corte,
richiamato dal ricorrente, in tema di impugnazioni relative a misure cautelari
personali, il pubblico ministero può introdurre nuovi elementi probatori a carico,
all’udienza di riesame, ma il tribunale, al fine di assicurare la piena applicazione
del contraddittorio, deve assegnare all’indagato un congruo termine a difesa, in
difetto del quale si configura un’ipotesi di nullità ex art. 178, lett. c), cod. proc.
pen. in relazione all’assistenza del medesimo (Sez. 6, n. 53720 del 25/09/2014,
Folchetti, Rv. 262092; conf. Sez. 2, n. 36451 del 03/06/2015, Santini, Rv.
264545). La concessione di un termine a difesa congruo, ossia correlato alla
necessità di assicurare in termini di effettività il contraddittorio tra le parti, rinvia
ad una valutazione del giudice del riesame correlata alle specifiche connotazioni
degli elementi a carico prodotti dal p.m.: in altri termini, come questa Corte ha
avuto modo di puntualizzare, la valutazione del giudice è, sostanzialmente «una
commisurazione temporale delle necessità della difesa», sicché la concessione
del termine «non comporta inevitabilmente il rinvio dell’udienza ad altra data»,
ma «qualora la controparte non abbia potuto esaminare la produzione nel corso
dell’udienza prima di concludere, si traduce in una contenuta sospensione
dell’udienza stessa per consentire l’esame» (Sez. 3, n. 22137 del 06/05/2015,
Benocci, Rv. 263664). Nel caso di specie, la censura del ricorrente chiama

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argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento

specificamente in causa la produzione da parte del p.m. di un documento di
identità di Chiparo, valorizzato dal Tribunale del riesame per giustificare la
sussistenza del pericolo di fuga: ora, in assenza di qualsiasi richiesta da parte
della difesa di concessione di un termine a difesa (neppure dedotta dal
ricorrente), la natura dell’elemento prodotto, all’evidenza già conosciuto
dall’indagato trattandosi di un suo documento di identità, rende ragione di una
commisurazione temporale delle necessità della difesa che non rendeva
necessario il differimento ad altra udienza; né il ricorso denuncia il mancato

sicché, non dando corpo la doglianza ad alcun effettivo vulnus del diritto di
difesa, la stessa risulta manifestamente infondata. Né in senso contrario può
argomentarsi sulla base del documento prodotto dalla difesa (estratto conto della
società Blu Jet): anche a prescindere dalla considerazione che la memoria
difensiva non illustra la valenza dimostrativa del dato (così impropriamente
rimettendone l’apprezzamento a questa Corte), il passaggio dell’ordinanza
impugnata sul punto (ove si evidenzia solo che meriterà un approfondimento il
ruolo ricoperto nei fatti da Blu Jet s.r.I.) assume carattere del tutto periferico
rispetto al nucleo essenziale della decisione impugnata, il che nuovamente
esclude qualsiasi effettivo vulnus del diritto di difesa; del resto, che il rilievo in
questione dell’ordinanza impugnata sia correlato agli elementi prodotti dal p.m.
in udienza è circostanza non sorretta da puntuale allegazione a sostegno da
parte del ricorrente.
A tutto ciò si aggiunga che, non versandosi in ipotesi di nullità assoluta e
insanabile, il ricorrente neppure deduce di avere tempestivamente proposto la
relativa eccezione.

5. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali; la cancelleria curerà gli
adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma
1 ter disp. att. c.p.p.
Così deciso il 02/03/2018.
Ilonsiglie e estènsore
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Depositato in Canceller
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accoglimento di una richiesta di sospensione finalizzata all’esame del documento,

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