Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 168 del 22/09/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 168 Anno 2017
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MEHSAUN HASSAN N. IL 04/03/1967
ABDUL TAREK N. IL 01/01/1982
avverso la sentenza n. 4772/2015 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 04/12/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/09/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIANO IMPERIALI
îxir 1- E h? W6:Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. c”
che ha concluso per ,k
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ts„,

Udito, per la parte 2i.Úe, l’Avv
Uditi difenspr Avv.

Data Udienza: 22/09/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 4/12/2015, confermava
la sentenza del Tribunale di Rimini che il 6/11/2014 aveva dichiarato Mehsaun
Hassan ed Abdul Tarek responsabili, in concorso tra loro, dei reati di rapina
aggravata e lesioni aggravate commessi il 3/2/2014, in concorso anche con altro
soggetto non identificato, ai danni di Patrignani Adamo e Malac Lavinia, ed aveva
inoltre dichiarato il Mehsaun responsabile di ricettazione e l’Abdul di resistenza a
pubblico ufficiale e porto ingiustificato di un cutter, condannandoli alle pene

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli
imputati personalmente, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
2. Il Mehsaun deduce:
2.1. l’erronea applicazione dell’art. 533 cod. proc. pen. per non aver
adeguatamente valutato la Corte territoriale la prospettazione del ricorrente
secondo cui lo stesso non era in compagnia degli altri nordafricani al momento
del fatto, immediatamente prima della commissione della rapina.
2.2. la violazione degli artt. 110 e 582 cod. pen. e la contraddittorietà ed
illogicità della motivazione sul punto, per la mancanza dell’elemento psicologico
del reato, sostenendo il ricorrente non potersi ritenere l’azione criminosa
previamente concertata dai correi, per l’imprevedibilità dell’azione del
coimputato, il cui estemporaneo proposito criminoso non potrebbe ritenersi
indotto o rafforzato dal ricorrente, non essendo emersa in dibattimento alcuna
prova sul punto.
2.3. la violazione dell’art. 114 cod. pen., sostenendo il ricorrente essere
emersa dalle dichiarazioni della persona offesa Patrignani una mancanza di
contatto tra questo ed il Mehsaun, circostanza che, a suo avviso, avrebbe dovuto
indurre a riconoscere la minima partecipazione del ricorrente al fatto.
2.4. mancanza di motivazione sul trattamento sanzionatorio, pur
riconosciuto severo dalla Corte, che si assume però essersi limitata a richiamare
per relationem la pronuncia di primo grado senza rispondere alle specifiche
censure rivolte sul punto con l’atto di appello in relazione ad una condanna ad
anni sei e mesi tre di reclusione.
3. Il Tarek, invece, deduce:
3.1.con i primi due motivi di impugnazione la violazione di legge e l’illogicità
della motivazione per avere la Corte territoriale riconosciuto l’aggravante di cui
all’art. 576 n. 1 cod. pen., per aver commesso il fatto per assicurare l’impunità di
altro reato, ad avviso del ricorrente non riconoscibile nei casi di contestuale

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ritenute di giustizia.

contestazione dei reati di rapina impropria e lesioni alla vittima del reato, sicché
si assume che la pena comminata per il delitto di lesioni sarebbe illegittima.
3.2. con il terzo ed il quarto motivo di impugnazione il Tarek lamenta che la
Corte di Appello non si sarebbe espressa sulla richiesta di assumere la
testimonianza dell’assistente di P.S. Avitabile, unico testimone diretto di quanto
accadde in Questura, con riferimento all’accusa al ricorrente di aver allora
estratto un cutter, e si contesta, inoltre, che la sentenza impugnata abbia
ritenuto che il ricorrente non meritasse un’attenuazione del trattamento

presenza di un’aggressione gratuita e determinata da alterazione psichica andava
negata, ad avviso del ricorrente, la penale responsabilità.
3.3. con l’ultimo motivo il Tarek si duole del mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche e del fatto di lieve entità e, più in generale, del trattamento
sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti di pena per la continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri
dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
1 Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, infatti, esula
dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (Sez. U., n. 6402 del 30/4/1997, riv. 207944; Sez. 4,
n. 4842 del 02/12/2003, Rv. 229369).
Con i primi tre motivi di impugnazione, con i quali il Mehsaun si duole del
riconoscimento della sua penale responsabilità in ordine ai reati ascrittigli, il
ricorrente tende, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti
mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il
quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni
del suo convincimento. La Corte territoriale, in particolare, ha adeguatamente
evidenziato, senza incorrere in vizi logici o giuridici, le fonti testimoniali che
hanno indotto a riconoscere nel Mehsaun la persona che, insieme ad un terzo poi
dileguatosi, ha contribuito ad immobilizzare con la violenza Patrignani Adamo per
impedirgli di aiutare la sua amica Malac Lavinia a resistere alla sottrazione della
borsa da parte dell’Abdul; peraltro, uno dei testimoni sul punto, Di Angelo, ha
anche riferito di essere intervenuto dopo aver constatato che vi era colluttazione

sanzionatorio per aver bevuto alcolici prima del reato, senza considerare che in

in quanto due soggetti, uno dei quali il Mehsaun, cercavano con violenza di
entrare nell’autovettura delle persone offese, e di essere intervenuto bloccando
lo stesso Mehsaun, riconosciuto anche dal Patrignani, sicché senza vizi logici la
Corte ha escluso che il predetto ricorrente possa essere stato bloccato per terra
1-un estraneo capitato per caso nei pressi dell’autovettura delle vittime.
Per le stesse ragioni, la personale partecipazione del Mehsaun alla
colluttazione, emersa dalle convergenti dichiarazioni dei testi Di Angelo, Zannini
e Patrignani, sulle quali si fonda il percorso argomentativo della sentenza

dell’elemento psicologico del reato, così come del mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
2.1. Sono manifestamente infondate, poi, le censure con le quali il Tarek
lamenta violazioni di legge o vizi motivazionali in ordine al riconoscimento
dell’aggravante di cui all’art. 576 n. 1 cod. pen. riconosciuta per aver commesso
il reato di lesioni per assicurare l’impunità di altro reato. Contrariamente
all’assunto difensivo, infatti, l’aggravante contestata non è in alcun modo
incompatibile con il delitto di rapina, atteso anche che il delitto di rapina assorbe
soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, non già quegli
atti che, esorbitando da tali limiti, siano causa di lesioni personali in danno
dell’interessato, sicché, quando la violenza, esercitata immediatamente dopo la
sottrazione, abbia cagionato lesioni personali, tale autonomo reato concorre con
quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico tra
i due reati, non incompatibile con l’elemento soggettivo del delitto di rapina (sez.
2, n. 36901 del 22/09/2011, Rv. 251124).
2.2. Sono inammissibili anche le censure di cui al terzo motivo di
impugnazione proposto dal Tarek, quanto alle doglianze in ordine al mancato
accoglimento della richiesta di assumere la testimonianza dell’assistente di P.S.
Avitabile, che si assume unico testimone diretto di quanto accadde in Questura,
in quanto deve rilevarsi che non solo la sentenza impugnata indica, invece, una
pluralità di testimoni in ordine al delitto di resistenza all’operato della P.G., ma la
doglianza non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello
secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod.
proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella
sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare
specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto.
Qualora, poi, la doglianza dovesse essere intesa come rivolta ad un’eventuale
richiesta di rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, con l’esame del

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impugnata, rendono adeguatamente ragione del riconoscimento della sussistenza

predetto teste, appare sufficiente ricordare che, in considerazione della
presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, la
rinnovazione dell’istruttoria è istituto di carattere eccezionale al quale può farsi
ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non
poter decidere allo stato degli atti, circostanza che dal percorso argomentativo
della sentenza impugnata appare assolutamente non ricorrere (sez. U. n. 12602
del 17/12/2015, Rv. 266820). Manifestamente infondata è, infine, la doglianza
secondo cui l’asserito stato di alterazione psichica conseguente all’uso di alcolici

responsabilità del ricorrente, atteso che correttamente la Corte territoriale ha
rilevato che l’ubriachezza volontaria o colposa non esclude né diminuisce
l’imputabilità, così come dispone l’art. 92 cod. pen.
3. Sono inammissibili, infine, le doglianze con le quali entrambi i ricorrenti si
dolgono del trattamento sanzionatorio, in quanto la graduazione della pena,
anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze
aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati
dagli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che,
nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione di congruità della pena
la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico
(sez. 5 n. 5582 del 30/9/2013, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non
ricorre.
Così, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche al Tarek
è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è
insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419),
anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è
necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti (nel caso di specie con
un’attenta valutazione del comportamento processuale e con l’indicazione
dell’insufficienza della mera incensuratezza), rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv.
249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). Allo stesso
modo, priva di vizi logici è la valutazione con la quale la Corte di merito ha
negato l’attenuante della speciale tenuità del fatto, adeguandosi all’ormai
consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo cui ai fini della

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avrebbe dovuto determinare un’attenuazione della pena, se non l’esclusione della

configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al
delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di
modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi
connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o
la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto “de quo”, il quale lede non
solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona
aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove la
valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo

giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi
logico-giuridici (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Rv. 265685).
Infine, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena
irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura
media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro,
Rv. 245596)
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1500,00

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso nella camera di consiglio del 22 settembre 016

Il Consigliere estensore
Dott.iìJno Irrberiali

all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al

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