Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16796 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16796 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: CALASELICE BARBARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

MARASCO PASQUALE nato a Corigliano Calabro il 22/11!984

avverso l’ordinanza del 14/09/2017 della Corte di appello di Salerno

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto
Procuratore generale Pasquale Fimiani, che ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 20/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Salerno ha dichiarato, con il provvedimento
impugnato, l’inammissibilità dell’istanza proposta nell’interesse di Pasquale
Marasco, di revisione della condanna emessa dalla Corte di assise di Cosenza,
confermata in grado di appello il 9 febbraio 2012, irrevocabile in data 18 marzo
2014. Si tratta di pronuncia di condanna, alla pena di anni 18 di reclusione, per

nei confronti della vittima che, ubriaca, si trovava a dormire per strada.

2.

Avverso l’indicata pronuncia ha proposto tempestivo ricorso per

cassazione il difensore di fiducia dell’imputato deducendo che la Corte territoriale
ha errato nel non valutare la richiesta di nuovi elementi di prova, consistenti
negli esiti dell’esame della registrazione dei messaggi video tra Antonio
Sanfilippo e tale Patrizia, delle dichiarazione del coimputato Sanfilippo e della
conseguente richiesta di confronto con gli altri coimputati, nonché dell’istanza di
sottoporli alla macchina della verità. Ancora deduce il ricorrente che prova nuova
doveva essere considerata l’esame scientifico di compatibilità tra la scheggia di
legno, rinvenuta in casa del Marasco, ed il bastone utilizzato come arma del
delitto.
2.1. Il ricorrente, poi, assume che la motivazione dell’ordinanza è carente o,
comunque, illogica posto che i pretesi fatti nuovi potrebbero incidere, quale
prova decisiva, rispetto al proscioglimento per insufficienza o contraddittorietà
delle prove del condannato e che è insito nell’istituto della revisione, ai fini
dell’esame preliminare di ammissibilità della richiesta, la prospettazione non di
prove nuove ma di nuovi elementi di prova, come si evince dal tenore dell’art.
631, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. Infine si deduce che l’inammissibilità è
limitata, dall’art. 634 cod. proc. pen, soltanto a casi di manifesta infondatezza
rilevabile ictu ocu/i.

3. Il Sostituto Procuratore generale nella requisitoria scritta trasmessa a
questa Corte, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato
inammissibile.

2

concorso nell’omicidio aggravato del cittadino ucraino Vasil Slanina, commesso

2. Le argomentazioni dell’ordinanza impugnata sono logiche in fatto ed in
diritto e fanno buon uso del dato normativo evidenziando, la Corte di appello di
Salerno come, nel caso di specie, si sia fuori delle ipotesi di revisione previste
dall’ art. 630 cod. proc. pen..
Si rileva, infatti, che dal combinato disposto degli artt. 630, lett. c) e 631
cod. proc. pen., emerge che la prova a fondamento della revisione deve essere

chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità della domanda, tali
da dimostrare, se accertati, che il condannato debba essere prosciolto a norma
degli artt. 529, 530 o 531 cod. proc. pen.
Entrambi i profili sono stati affrontati dal provvedimento impugnato, in
termini esaustivi, ai quali si oppongono i motivi del ricorso sopra riportati, che si
limitano ad una generica contestazione delle argomentazioni o, comunque, a
ripercorrere i rilievi ritenuti, in modo del tutto conforme al dato normativo,
manifestamente infondati.

3.

Quanto al primo motivo si osserva che la Corte territoriale ha

correttamente applicato al preliminare giudizio di ammissibilità dell’istanza di
revisione, il principio di questa Corte di legittimità secondo il quale la prova
nuova, per generare il ragionevole dubbio sulla tenuta dimostrativa delle prove
originariamente poste a base della condanna, deve riguardare un fatto, la cui
dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in
grado di supportare l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre
ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 24070 del 27/04/2016, Livadia, Rv. 267067
Sez. 5, n. 24682 del 15/05/2014, Ghiro, Rv. 260005).
Nella specie la Corte d’appello ha argomentato come la comparazione della
scheggia di legno reperita a casa del Marasco, con il bastone utilizzato come
arma del delitto, sia prova del tutto inidonea a sovvertire il compendio probatorio
rappresentato dalle dichiarazioni del teste Mihail Negara e dall’esame svolto sulla
scheggia reperita a casa del Marasco. La Corte, infatti, ha sottolineato come
decisivo da parte dei giudici di merito fosse stata ritenuta la rilevata presenza di
tracce ematiche della vittima sulla scheggia reperita nell’abitazione del
condannato, circostanza di fatto rispetto alla quale l’accertamento proposto non
appare in alcuna parte dirimente.
3.1. Con riferimento alle dichiarazioni di Antonio Sanfilippo, coimputato
condannato con sentenza irrevocabile, che in un colloquio registrato con tale

3

nuova, sopraggiunta alla condanna definitiva e che gli elementi in base ai quali si

Patrizia avrebbe ammesso di aver fatto da palo, accusando dell’aggressione
l’altro coimputato Francesco (Aquino), nonché sostenendo che erano stati i
Carabinieri operanti a tagliare un pezzo di legno del bastone e a metterlo in casa
del Marasco, si osserva che si tratta di prova del tutto inidonea a scalfire
l’originario compendio probatorio su cui fonda la condanna, tenuto conto
dell’accertamento sopra descritto, che ha acclarato l’esistenza, non spiegata
diversamente dall’imputato, di tracce ematiche proprio del clochard vittima

3.2. Per tutte le altre richieste si deve osservare che queste appaiono non
specifiche, rispetto alla rilevata inidoneità a sovvertire le prove poste a base
della condanna irrevocabile, in quanto dirette a sollecitare un confronto tra il
Marasco e tutti i coimputati, senza che sia specificato l’oggetto del confronto e la
rilevanza, nonché a sottoporre i predetti coimputati ad accertamenti non previsti
dal nostro ordinamento quali prove o mezzi di ricerca della prova (test della
macchina della verità).

4. Il ricorso, manifestamente infondato deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del
procedimento, nonché al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di euro duemila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso il 20/02/2018

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Barbara Calaselice

Depositato in Cancelleria
Roma , ” ……….. 1.10-&-eit

dell’aggressione sulla scheggia reperita in casa del ricorrente.

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