Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16793 del 19/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16793 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
GALLUZZO GIOVANNI nato a SAN GIOVANNI DI GERACE il 29/11/1957

avverso il decreto del 15/07/2016 della CORTE di APPELLO di REGGIO CALABRIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Elisabetta Maria Morosini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Elisabetta Ceniccola, che ha concluso chiedendo che la Corte di
cassazione voglia dichiarare inammissibile il ricorso, con ogni conseguente
statuizione.

Data Udienza: 19/02/2018

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria, quale
giudice del rinvio, ha stabilito in anni due la durata della misura della sorveglianza
speciale applicata a Galluzzo Giovanni, respingendo nel resto l’appello presentato
dal proposto.

difensore, articolando un unico motivo con il quale deduce violazione di legge e
vizio di motivazione, per inosservanza del vincolo derivante dalla sentenza
rescindente.
Assume il ricorrente che il nuovo decreto si tradurrebbe in una sorta di
reformatio in peius, poiché, a fronte di numerosi elementi di segno contrario —
annullamento della misura cautelare disposta per il reato di cui all’art. 74 d.p.r. n.
309 del 1990, esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991, fatti
risalenti al 2010 — sarebbe stata comunque riconosciuta l’attualità della
pericolosità sociale qualificata del proposto, senza motivazione alcuna.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. I provvedimenti in materia di misure di prevenzione sono ricorribili per
cassazione esclusivamente per violazione di legge.

5. La doglianza con la quale si denuncia vizio di motivazione è inammissibile,
mentre risulta manifestamente infondata la censura concernente la violazione del
vincolo del rinvio.

5.1 La sentenza rescindente aveva demandato alla Corte di appello il compito
di tenere conto, ai fini della pericolosità sociale, della circostanza, rilevante ma del
tutto pretermessa dai giudici di merito, che — nel procedimento denominato
“Recupero – bene comune”, che aveva portato alla condanna dell’imputato, in
primo grado, per i reati di cui agli artt. 80 e 73 d.p.r. n. 309 del 1990 con
l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 — detta ultima aggravante era
stata esclusa in sede di appello.
Il giudice del rinvio doveva quindi rinnovare la valutazione di attualità della
pericolosità sociale, specificando la natura generica o qualificata della stessa e
doveva inoltre emendare il difetto di coordinamento tra dispositivo e motivazione
2

2. Avverso il provvedimento ricorre Galluzzo Giovanni, per il tramite del

in ordine alla durata della misura di prevenzione, indicata in due anni nel primo e
in tre nella seconda.
La Corte di appello ha fornito congrua risposta ai punti devoluti al suo esame
con una motivazione esente dalle critiche mosse dal ricorrente, ben lontana
dall’essere meramente apparente.
Il giudice del rinvio rivaluta la pericolosità sociale del Galluzzo, dando atto che
la sussistenza dell’aggravante dell’art. 7 I. n. 203 del 1991 era stata negata in
sede di appello nel processo di cognizione.

provvedimenti versati in atti risulta che il proposto, dopo essersi dedicato a reati
comuni per un decennio, ha compiuto un allarmante “salto di livello”, tanto che si
è stabilmente inserito in circuiti criminali dediti al narcotraffico, come comprovato
dalla condanna definitiva per i reati di cui agli artt. 73 – 80 d.p.r. n. 309/90,
maturati all’interno della compagine gravitante intorno alla cosca Comisso di
Siderno, anzi sotto le direttive di uno dei capi della medesima.
5.2 La denuncia di reformatio in peius è, ictu oculi, destituita di fondamento.
La sentenza rescindente non aveva optato per l’inquadramento del proposto
tra i pericolosi cd. generici anziché tra quelli cd. qualificati, ma si era limitata a
sottoporre il tema all’attenzione del giudice del rinvio, investendolo del compito di
affrontarlo e risolverlo.
In tale prospettiva la Corte di appello ritiene che la pericolosità del Galluzzo
rimanga “qualificata”, in considerazione della circostanza che lo stesso è stato
raggiunto da ordinanza cautelare per il reato di cui all’art. 74 d.p.r. n. 309/1990,
fattispecie rientrante nel novero dei delitti di cui all’art. 51 comma 3 bis cod. proc.
pen.
Detta pericolosità, secondo il giudice di rinvio, risponde anche al requisito
della attualità, venendo in rilievo elementi di particolare valenza, peraltro
temporalmente prossimi rispetto alla proposta e allo stesso decreto di primo
grado, avuto riguardo al dimostrato rapporto fiduciario e durevole del Galluzzo con
gli esponenti apicali della cosca Comisso.

5.3 Infine il giudice del rinvio risolve il contrasto tra dispositivo e motivazione
in senso favorevole al proposto, fissando la durata della misura in anni due,
ritenendola congrua rispetto al grado di pericolosità manifestato.

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 2.000,00, a favore della Cassa delle ammende.
3

Ciononostante conferma il giudizio di pericolosità sociale attuale, poiché dai

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 19/02/2018

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Elisabetta Ma ia Morosini

Depositato in Cancelleria
Roma, lì

4.4.10.2.111L

C

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