Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16790 del 19/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16790 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
CAPORRIMO GIULIO nato il 21/05/1969 a PALERMO
CAPORRIMO CATERINA nato il 20/11/1981 a PALERMO

avverso il decreto del 25/01/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO;
lettefscritite le conclusioni del PG
Udito il difensore

Data Udienza: 19/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 25.1.2017 la Corte d’Appello di Palermo confermava il decreto emesso dal
Tribunale di Palermo in data 4.6.2015 con il quale era stato disposto l’aggravamento fino a
quattro anni e sei mesi della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, nei confronti di Caporrimo Giulio,
mentre dichiarava inammissibile il ricorso di Caporrimo Caterina, sorella di Giulio, con esclusivo
riguardo al conto corrente bancario n. 10698154 intestato alla stessa ed acceso presso Unicredit

2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso:
2.1. Caporrinno Giulio, a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando, con un unico motivo
di ricorso, la violazione dell’art. 606, primo comma, lett. b) c.p.p., e segnatamente dell’art. 11
D.Lgvo n. 159/2011, atteso che la Corte territoriale ha ritenuto sussistente l’attualità della
pericolosità, stante il suo comportamento successivamente alla scarcerazione avvenuta in data
18.4.2010, laddove a far data dal 2011 il proposto ha subito una lunga ed ininterrotta
carcerazione che non dà conto invece della suddetta attualità, ed il decorso di un lasso temporale
considerevole tra i fatti addebitati e la formulazione del giudizio di pericolosità elidono il giudizio
di attualità.
2.2. Caporrinno Caterina, tramite il suo difensore di fiducia, lamentando:
– con il primo motivo, l’omessa valutazione della documentazione prodotta all’udienza del
25.1.2017, che attesta un’ulteriore entrata C 5000,00 in favore di Tirenna Marco, coniuge della
ricorrente e la mancata valutazione dei redditi percepiti nel tempo senza tener conto della
situazione patrimoniale complessiva della deducente;
– con il secondo motivo, la violazione di legge non emergendo dagli atti alcun elemento circa la
riconducibilità dei lotti di terreno a Caporrinno Giulio e le argomentazioni relative alla circostanza
che la ricorrente abita nello stesso stabile del fratello è assolutamente inidonea al fine di poter
argomentare la disponibilità dei beni in capo al fratello, dovendo, invece, esplicitare la Corte
territoriale le ragioni per cui è da ritenersi tale disponibilità.
3. Il Procuratore Generale in sede, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dr. Delia
Cardia, ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’inammissibilità del ricorso del ricorso
di Caporrimo Giulio.
4. In data 19.1.2018 la difesa di Caporrimo Caterina ha depositato memoria con la quale ha
ribadito ulteriormente le doglianze di cui al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno respinti.
1. Il ricorso di Caporrimo Giulio è infondato, non meritando alcuna censura la valutazione della
Corte territoriale che ha ritenuto di confermare il provvedimento del Tribunale di Palermo del

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Banca, Agenzia di Palermo viale Strasburgo, confermando la confisca di quattro lotti di terreno.

4.6.2015 di aggravamento della misura della sorveglianza speciale di p.s., con obbligo di
soggiorno nel comune di residenza, portandola a quattro anni e sei mesi.
La misura in questione era stata originariamente applicata, secondo quanto riportato nel
provvedimento impugnato, con decreto del 9.11.2004 in virtù delle risultanze desumibili dai
procedimenti penali, conclusisi nei suoi confronti nel 2002 e 2003, con condanne irrevocabili per
il reato di partecipazione all’associazione mafiosa Cosa Nostra e per i connessi reati di reiterata
estorsione tentata e consumata, incendio, ricettazione e danneggiamento, aggravati dalla
circostanza di cui all’art. 7 D.L. n. 152/91. Il proposto, dopo essere stato scarcerato in data

provvedimento di fermo ex art. 384 c.p.p. e sottoposto, con ordinanza emessa in data 2.12.2011
dal G.i.p. del Tribunale di Palermo, alla misura cautelare della custodia in carcere, in relazione
ai reati di tentata estorsione aggravata dalla circostanza di cui all’art. 7 D.L. n. 152/1991 e
partecipazione all’associazione mafiosa “cosa nostra”, con ruolo apicale a far data dall’aprile
2010 fino al novembre 2011. Le nuove emergenze avevano dimostrato la maggiore gravità
dell’attuale pericolosità sociale del proposto, avendo il medesimo, in tale periodo, assunto un
ruolo direttivo nell’ambito del mandamento mafioso di Tommaso Natale – San Lorenzo di
Palermo, continuando ad occuparsi di fatti illeciti, attinenti al suo inserimento nel sodalizio
mafioso; in particolare, le nuove emergenze – costituite da numerose conversazioni intercettate,
servizi di osservazione e dichiarazioni di collaboratori di giustizia – avevano disvelato con
estrema chiarezza come Caporrimo Giulio, mantenendo da detenuto contatti indiretti con noti
latitanti mafiosi dell’epoca, Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro, nonché inviando messaggi
ad altri associati anch’essi detenuti, non si era mai allontanato da Cosa Nostra, neanche durante
il periodo di carcerazione in espiazione di pena per la precedente condotta associativa (e per i
plurimi episodi estorsivi) e, una volta scarcerato, in data 18.4.2010, aveva cercato di
riorganizzare il gruppo mafioso di riferimento, assumendo il più alto ruolo di reggente, ruolo
questo, che – alla luce di quanto affermato Corte di Appello di Palermo nella motivazione della
sentenza emessa in data 20.3.2015, divenuta irrevocabile in data 8.7.2016 « … gli era
riconosciuto non solo per la sua lunga militanza, ma anche per il suo “grande carisma” (… )
… che lo distingueva tra tutti gli esponenti di cosa nostra”. La medesima Corte, poi, aveva
concluso nel senso che Caporrimo Giulio, in virtù del suo ruolo di comando, ha” … assunto una
posizione costante di prevaricazione su tutti coloro con cui era entrato in contatto e che … ( )
… hanno agito nell’interesse di “cosa nostra” …”, provvedendo anche a fornire “… l’assistenza
ai detenuti …”, esercitando il suo potere “… nell’organizzazione delle attività dei sodali e nella
indicazione dei loro ruoli ..”, tenendo “… contatti infiniti. ..” con gli esponenti della sua “famiglia”
mafiosa e con i” … componenti di altre articolazioni territoriali….”, agendo sempre da posizione
diversa da quella che avevano i soggetti a lui vicini soggetti che, tuttavia, accettando detto ruolo
dirigenziale avevano sempre aderito alle sue indicazioni così, contribuendo, insieme al loro capo,
al rafforzamento del potere di comando dell’associazione” .

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18.4.2010, era stato nuovamente tratto in arresto in data 29.11.2011, a seguito di

1.1. In tale contesto senza incorrere in vizi la Corte territoriale ha dato atto della all’assenza di
qualsiasi crasi da parte del Caporrimo tra le precedenti e le successive manifestazioni di
pericolosità, nonostante il non breve periodo intermedio di detenzione, ma anche in ordine al
maggior livello di pericolosità manifestato dallo stesso una volta scarcerato, stante la sua
immediata assunzione della carica di indiscusso reggente della “famiglia” mafiosa di riferimento
operante nel territorio di Tommaso Natale- San Lorenzo a Palermo, sicchè a fronte, di un così
elevato grado di mutamento peggiorativo della già accertata pericolosità, deve ritenersi
sussistente il requisito dell’attualità di tale maggiore pericolosità.

dal giudicato opera sempre

“rebus sic stantibus” e non impedisce la rivalutazione della

pericolosità ai fini dell’applicazione di una nuova o più grave misura, ove si acquisiscano ulteriori
elementi, precedenti o successivi al giudicato, ma non valutati, che comportino un giudizio di
maggiore gravità della pericolosità stessa e di inadeguatezza delle misure precedentemente
adottate (Sez. U, n. 600 del 29/10/2009).
Nel caso di specie, dunque, partendo dalla operata pericolosità con il provvedimento già irrogato
in data 4.6.2015 nei confronti di Caporrimo Giulio, occorre valutare se gli elementi sopraggiunti
-compiutamente indicati nel provvedimento impugnato- siano idonei a dar conto della
perdurante pericolosità e a legittimare la “modificazione” di tale provvedimento con
l’aggravamento della misura di prevenzione per gravi esigenze di sicurezza pubblica, ai sensi
dell’art. 11 d.l.gvo n. 159/2011, e se possa ritenersi attuale tale pericolosità.
Sul punto deve rilevarsi che quanto alle gravi esigenze di sicurezza pubblica esse sono state
congruamente argomentate, in relazione alla intervenuta assunzione del ruolo di indiscusso
reggente della famiglia mafiosa di riferimento, successivamente alla scarcerazione del proposto
nel 2010, come accertato anche dalla sentenza della Corte d’appello di Palermo del 20.3.2015,
divenuta definitiva in data 8.7.2016.
1.3. Il ricorso si incentra sull’insussistenza dell’attualità della pericolosità in relazione
all’aggravamento della misura di prevenzione, risalendo i nuovi elementi sopraggiunti al 20102011 ed essendo stato disposto l’aggravamento solo nel 2015.
Tale questione deve tener conto dei principi recentemente affermati dalle S.U. di questa Corte,
secondo cui, ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione, nei confronti di indiziati di
appartenere ad associazioni di tipo mafioso, è necessario accertare il requisito della “attualità”
della pericolosità del proposto (Sez.U, n. 111 del 30/11/2017).
Sul punto deve precisarsi che i suddetti principi risultano specificamente enunciati con
riferimento al momento applicativo della misura di prevenzione nei confronti di indiziati di
appartenere ad associazioni di tipo mafioso, sicchè nel caso di “modificazione/aggravamento”
occorre innanzitutto verificare se occorre effettuare ex novo il giudizio di pericolosità e della sua
attualità nei termini indicati dalle S.U., ossia nel senso che la presunzione semplice relativa alla
stabilità del vincolo associativo debba essere verificata alla luce degli specifici elementi di fatto

3

1.2. Sul punto deve convenirsi innanzitutto con la Corte territoriale che la preclusione derivante

desumibili dal caso concreto, senza essere posta quale unico fondamento dell’accertamento di
attualità della pericolosità.
In relazione all’aggravamento della misura, si ritiene che non debba procedersi ex novo ad un
giudizio di pericolosità, essendo stata quest’ultima già definitivamente accertata in sede
applicativa della misura di prevenzione, ma occorre procedere ad un “aggiornamento” di essa in
funzione dell’esigenza di modificare aggravando la misura di prevenzione originariamente
applicata. E’ evidente che in questo caso la valutazione è più agevole rispetto all’applicazione,
essendo relativa ai “fatti nuovi” indicati a sostegno dell’accresciuta pericolosità, che dovrebbero

nell’applicazione della misura di prevenzione personale.
Nel caso di specie le circostanze che il proposto successivamente alla scarcerazione nel 2010
abbia assunto il ruolo di reggente della famiglia mafiosa di riferimento, anche in virtù dei contatti
avuti con i vertici del sodalizio quando era ancora in carcere, e che si sia reso autore di nuovi
episodi criminali, danno esaurientemente conto dell’ accresciuta pericolosità del ricorrente e
dell’attualità di essa, pur riferendosi tali fatti al 2010-2011, non solo perché essi non sono
lontani dal momento in cui è stato chiesto l’aggravamento, ma in considerazione del ruolo apicale
dallo stesso assunto nel sodalizio. Tale ruolo, infatti, non solo dà conto del fatto che l’imputato
non ha inteso recidere i legami con il sodalizio di appartenenza, ma nel contempo della sua chiara
volontà di continuare a svolgere l’attività illecita con ben diverso ruolo e spessore criminale
connesso al ruolo apicale assunto, come dimostrato dagli ulteriori episodi di cui si è reso autore
immediatamente dopo la sua scarcerazione.
2. Il ricorso della terza interessata Caporrimo Caterina va del pari respinto.
2.1. Ed invero, con il primo motivo di ricorso, a dispetto del lamentato vizio di violazione di
legge per la motivazione apparente in merito agli elementi dedotti dalla difesa, l’imputata in
sostanza propone inammissibilmente censure in fatto, implicanti vizi di motivazione, in violazione
del disposto di cui al combinato disposto degli artt. 27 e 10 d.lgvo n. 159/2011. La Corte
territoriale, invero, ha specificamente argomentato in merito all’evidente sproporzione tra il
valore dei cespiti oggetto di confisca (quattro lotti di terreno) acquistati dalla ricorrente in data
6.7.2011 al prezzo di euro 25.000,00, con due assegni, e l’ammontare delle risorse finanziarie
in quel momento a disposizione della stessa e del marito Tirenna Marco. In particolare, la
deduzione circa la mancata valutazione dell’ulteriore entrata di C 5000,00 in favore del Tirenna
risulta del tutto generica e non pare riferita in alcun modo al momento dell’acquisto dei suddetti
cespiti in data 6.7.2011, così come non pare riferita al momento dell’acquisto la documentazione
bancaria prodotta, relativa ad operazioni del 2016.
2.2. Del pari infondato si presenta il secondo motivo di ricorso di Caporrimo Caterina, circa la
violazione da parte dei giudici di merito delle regole in base alle quali ritenere la riconducibilità
dei lotti di terreno in capo a Caporrimo Giulio. Sul punto, la Corte territoriale ha ampiamente
argomentato, con motivazione che non può senz’altro ritenersi apparente, le ragioni della

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comportare la semplificazione anche della “attualità”, trattandosi di fatti nuovi, non considerati

riconducibilità a Caporrimo Giulio dei lotti di terreno oggetto di confisca, formalmente acquistati
dalla sorella Caporrimo Caterina.
L’operata valutazione si presenta rispettosa dei principi più volte affermati da questa Corte
secondo cui in materia di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini della confisca l’accertamento
giudiziale della disponibilità, in capo al proposto, dei beni formalmente intestati a terzi, opera
diversamente per il coniuge, i figli ed i conviventi di quest’ultimo, rispetto a tutte le altre persone
fisiche o giuridiche, in quanto nei confronti dei primi siffatta disponibilità è legittimamente
presunta senza la necessità di specifici accertamenti, quando risulti l’assenza di risorse

acquisiti specifici elementi di prova circa il carattere fittizio dell’intestazione (Sez. 1, n. 5184 del
10/11/2015).
In proposito, la Corte territoriale ha ritenuto, senza incorrere nel vizio di violazione di legge, che
Caporrimo Caterina dovesse ritenersi familiare convivente, abitando nello stesso stabile del
fratello Giulio, applicando correttamente i principi affermati da questa Corte, secondo cui in
materia di misure di prevenzione patrimoniali, il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto
i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi – dovendosi ritenere che il prevenuto ne abbia
la disponibilità facendoli apparire formalmente come beni nella titolarità delle persone di maggior
fiducia, sui quali pertanto grava l’onere di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per
sottrarlo alla confisca – e che possono ritenersi conviventi del proposto i fratelli e le cognate
del medesimo, i quali, pur non occupando la stessa unità abitativa, coabitano nello stesso edificio
e condividevano con lui una serie di interessi economici ed attività imprenditoriali (Sez. 1, n.
39799 del 20/10/2010) come nella fattispecie per quanto concerne la ditta “Oscar”.
3. I ricorsi vanno dunque respinti e ciascun ricorrente va condannato al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19.2.2019
Il Consigliere estensore

Il Presidente

psa Pezzullo

677-7

Carlo Zaza

“”

Depositato in Cancelt ia
Roma, lì …….

economiche proprie del terzo intestatario, mentre, con riferimento alle seconde, devono essere

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