Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16787 del 24/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16787 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RACANATI LEONARDO N. IL 04/10/1966
avverso la sentenza n. 2201/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
29/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 24/03/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado,
RACANATI LEONARDO era condannato alla pena di giustizia per furto di 80 kg di
olive;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
personalmente l’imputato, deducendo il difetto di querela, l’errata qualificazione

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza, poiché rispetto alla querela la decisione impugnata ha fatto
corretta applicazione dei principi espressi dalla decisione delle Sezioni Unite di
questa Corte del 18 luglio 2013 (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv.
255975), nella quale si è evidenziato che con l’incriminazione del reato di furto si
tutela il possesso di cose mobili, e che il possesso, a tali fini, non va inteso negli
stretti termini di cui all’art. 1140 cod. civ., ma in senso più ampio, comprensivo
della detenzione a qualsiasi titolo, quale mera relazione di fatto qualunque sia la
sua origine e, conseguentemente, ritenuto provato il legittimo possesso del
fondo da parte del querelante, ha riconosciuto la validità della querela da questi
proposta;
– che anche in ordine alla qualificazione giuridica del fatto la ricorrenza
dell’ipotesi prevista dall’art. 626 cod. pen.è stata esclusa in punto di fatto, poiché
non è emersa alcuna prova che sul fondo in questione fossero state effettuate le
operazioni di raccolta delle olive;
– che a fronte di tali affermazioni il ricorrente si limita a riproporre le
doglianze già formulate nell’atto d’appello, ignorando del tutto la motivazione
della sentenza impugnata;
– che il ricorso che non si confronti con le motivazioni della sentenza di
appello, va dichiarato inammissibile, venendo meno in radice la tipica funzione di
una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377
del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo,
Rv. 253849); infatti in tal modo il provvedimento formalmente impugnato, lungi
dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto
ignorato (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, in motivazione);
– che in conclusione la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le

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del fatto, che andava ricondotto all’articolo 626 cod. pen.;

conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di
elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione
della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro
mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.
Così deciso in Roma, il 24 marzo 2016
Il consigliere estensore

Il presidente

spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle

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