Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16784 del 09/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16784 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TIMPANO GIUSEPPE nato il 02/06/1984 a CATANZARO

avverso il decreto del 15/03/2017 della CORTE APPELLO di CATANZARO
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE;
lette/sentite le conclusioni del PG
Udito il difensore

Data Udienza: 09/02/2018

lette le conclusioni rassegnate dalla Procura Generale presso la Corte di Cassazione che, nella
persona del Sostituto procuratore Dott.ssa De Masellis, ha chiesto il rigetto del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto impugnato la Corte di Appello di Catanzaro – in parziale riforma del
provvedimento applicativo della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e
deposito di cauzione – ha rideterminato, diminuendola, l’entità della cauzione e ha confermato,

Avverso il predetto decreto ricorre il proposto, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a tre motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, violazione di legge penale in relazione agli artt.
1, 4, 6 e 8 del D.Igs. 159/11. Si evidenzia la violazione di legge nel provvedimento impugnato
nella parte in cui quest’ultimo non aveva inquadrato l’odierno ricorrente in una delle categorie
indicate negli artt. 1 e 4 del predetto testo normativo.
1.2 Con un secondo motivo si denunzia carenza assoluta di motivazione in ordine al predetto e
richiesto inquadramento normativo del ricorrente in una delle categorie previste dagli artt. 1 e
4 del D.Igs. 159/2011.
1.3 Con un terzo motivo si deduce questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 4,
comma 1 lett. c, 6 e 8 del D.Igs. 159/2011 per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost. in
relazione alla violazione del protocollo n. 4, addizionale della convezione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo, e ciò dopo l’intervento della grande Camera della Corte europea dei diritti
dell’uomo nel procedimento De Tommaso c. Italia.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 II primo e secondo motivo, declinato, il primo, come violazione di legge, ed il secondo,
come carenza assoluta di motivazione, possono essere esaminati congiuntamente, involgendo i
medesimi profili di doglianza.
2.1.1 Sul punto, deve essere premesso che il sindacato di legittimità sui provvedimenti in
materia di prevenzione è limitato alla violazione di legge e non si estende al controllo dell'”iter”
giustificativo della decisione, a meno che questo sia del tutto assente, nel qual caso ricorre
comunque la violazione di legge cfr. anche Cass.,
Sez. 6, Sentenza n. 35044 del 08/03/2007 Cc. (dep. 18/09/2007) Rv. 237277 ; v. Corte
cost., 5 novembre 2004 n. 321 così
Sez. U, Sentenza n. 33451 del 29/05/2014 Cc. (dep. 29/07/2014 )

Rv. 260246

Sez. 6, Sentenza n. 33705 del 15/06/2016 Cc. (dep. 01/08/2016 ) Rv. 270080 ).
2.1.2 Ciò posto, risulta evidente come non ricorra il lamentato vizio di violazione di legge né
sotto il profilo della violazione degli artt. 1, 4, 6 e 8 del D.Igs. 159/11 né tanto meno sotto

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tuttavia, nel resto la predetta misura preventiva.

k

l’ulteriore profilo della carenza assoluta di motivazione sui contestati presupposti normativi per
l’applicazione della misura di prevenzione personale sopra ricordata.
Sotto il primo profilo, risulta evidente che la categoria normativa richiamata nella motivazione
impugnata è quella di cui all’art 4, lett. c, in relazione all’art. 1, del sopra menzionato D.Igs.
159/2011, emergendo ciò con chiarezza dal contenuto del provvedimento qui impugnato.
Ne consegue la manifesta infondatezza della prospettata doglianza.
2.1.2 Anche la seconda doglianza, articolata come carenza assoluta di motivazione e vertente

manifestamente infondata.
Peraltro, va aggiunto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla parte ricorrente, esiste anzi
una diffusa ed articolata motivazione in ordine alla riconducibilità del proposto alla categoria
normativa di cui all’art. 1 del D.Igs. 159/2011, avendo quest’ultimo commesso diversi reati ed
avendo ripetutamente violato i precetti di cui alle precedenti misure di prevenzione imposti dal
questore. Ed invero, sul profilo della pericolosità sociale del proposto e sulla attualità del
pericolo stesso la motivazione impugnata riposa sulla puntuale descrizione dei numerosi ed
anche recenti procedimenti penali a carico del ricorrente, che coprono un arco temporale
compreso tra il 2003 ed il 2016, sino, cioè, alle ultime notizie di reato che hanno attinto la
persona del proposto.
Inoltre, la motivazione, di cui qui si censura da parte del ricorrente la omissione, si diffonde
anche nella descrizione dei due gravi episodi delittuosi di cui si è macchiato recentemente il
ricorrente negli anni 2014 e 2016, episodi da cui emerge, viepiù, il contestato profilo di
pericolosità sociale e di attualità del pericolo stesso.
Ne consegue che non è in alcun modo prospettabile il denunziato vizio di violazione di legge
per carenza assoluta di motivazione dei presupposti applicativi della misura di prevenzione,
motivazione che invece è presente ed adeguata anche in relazione ai menzionati requisiti.
3. Manifestamente infondata risulta essere anche la sollevata questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 4, comma 1 lett. c, 6 e 8 del D.Igs. 159/2011 in relazione
all’ipotizzato contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost. per la violazione del protocollo n. 4,
addizionale della convezione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Sul punto va solo precisato che la grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo nel
noto procedimento De Tommaso c. Italia si è limitata ad invitare il giudice interno a fornire una
interpretazione tassativizzante e tipizzante delle norme in tema di misure di prevenzione onde
evitale violazioni non prevedibili da parte dei cittadini.
Situazione non rintracciabile nel caso di specie ove la misura di prevenzione personale fonda la
sua ratio applicativa sulle accertate e sopra indicate violazione di precetti penali e di quelli
disposti con precedenti misure di prevenzione.
Nessun problema, pertanto, di tassatività delle norme violate ovvero di prevedibilità dei
comportamenti vietati è individuabile nella fattispecie presa in esame nel provvedimento qui
impugnato.
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sulla medesima questione, è, all’evidenza e per le medesime ragioni sopra esplicitate,

4. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 2000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9.2.2018

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