Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16774 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16774 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SANTORO FILIPPO N. IL 10/07/1953
avverso l’ordinanza n. 17/2012 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
06/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliereo
~mite le con lusioni del PG Dott. —1-1

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Data Udienza: 04/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Messina con ordinanza del 6 febbraio 2012 ha
rigettato l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo per
equivalente emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in
data 22 novembre 2011, avente ad oggetto la somma di euro 94.174,54, nei
confronti di Santoro Filippo, indagato per il reato di cui all’art. 10 quater del d.lgs

n. 74 del 2000, per avere omesso, nella qualità di titolare dell’omonima ditta
individuale, di versare la menzionata somma, dovuta per il periodo di imposta

e non spettanti, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità. I giudici
davano atto che risultava che le compensazioni, inesistenti o comunque non
spettanti, avevano a riferimento agevolazioni previste a favore di imprese che
hanno incrementato il personale dipendente in aree svantaggiate, circostanza
non corrispondente al vero nel caso di specie.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Santoro, tramite il
proprio difensore, chiedendone l’annullamento, per violazione di legge e mancato
assolvimento dell’onere motivazione in riferimento al reato ascritto. Il ricorrente
aveva presentato una consulenza tecnica che aveva chiarito che nei modelli F24
era stato indicato per errore un codice tributo non pertinente al credito previsto
dalla legge n. 449 del 1997; comunque i crediti tributari utilizzati dalla ditta
erano compensabili, per cui, semmai, la somma indebitamente utilizzata
ammonterebbe ad euro 20.837,67, somma inferiore alla soglia prevista dalla
fattispecie di cui all’art. 10 quater. Inoltre l’ordinanza impugnata avrebbe
erroneamente affermato che la ditta non aveva diritto di utilizzare i crediti di
imposta in quanto non aveva presentato apposita istanza presso il Centro
operativo di Pescara, perchè tale adempimento non era richiesto con riferimento
ai periodi 1998-2000, ma per i periodi successivi secondo quanto previsto
dall’art. 63 della legge n. 289 del 2002, invece la ditta del ricorrente aveva
operato la compensazione a norma del d.lgs. n. 241 del 1997.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va innanzitutto premesso che il ricorso per cassazione contro le ordinanze
emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per
violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in
iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico
seguito dal giudice. (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv.
239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004,

9/PAgd

2008, utilizzando in compensazione (con modelli F24) crediti tributari inesistenti

P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre
rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di
una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità
manifesta). Il controllo operato dai giudici di legittimità, in sintesi, investe la
congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento
(in tal senso, Sez. 6, n. 3529 dell’1/2/1999, Sabatini, Rv. 212565; Sez. 4, n.
2050 del 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104).
2. Per quanto attiene alle argomentazioni svolte con il ricorso, le stesse si
impugnata è congruo ed immune da vizi logici: i giudici del riesame hanno
esercitato il loro ruolo nella fase cautelare facendo corretta applicazione dei
principi di diritto che la giurisprudenza ha enucleato in tema di sequestro per
equivalente nei reati tributari ed hanno fornito compiuta ragione della loro
valutazione relativa alla sussistenza del fumus commissi delicti.
In particolare, gli elementi indiziari circa il reato di indebita compensazione di
crediti non spettanti o inesistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74)
hanno riguardato l’indebito utilizzo dei crediti di imposta in compensazione
(secondo il sistema previsto dall’art. 17 del d.lgs n. 241 del 19’97), costituiti negli
Importi riferibili ai contributi previdenziali/assistenziali obbligatori INPS ed i
premi assicurativi INAIL, bonus fiscale previsto per quelle imprese che, nelle
aree svantaggiate, abbiano incrementato il proprio personale dipendente,
favorendo occupazione; tale indebita compensazione era stata accertata a
seguito di una verifica fiscale. Il beneficio è stato introdotto con l’art. 8 della
Legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (Legge Finanziaria 2001) e si tratta di una
agevolazione di natura fiscale concessa, appunto, sotto forma di credito di
imposta per l’occupazione e per gli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate
del territorio nazionale, utilizzabile dal 14 marzo 2001 al 31 dicembre 2006; tale
normativa è stata poi modificata con il D.L. n. 138 del 2002, che ha previsto
anche (dall’8 luglio 2002) l’obbligo di inoltrare l’istanza al Centro operativo di
Pescara

.

3. Come chiarito nell’ordinanza impugnata, a fronte delle irregolarità evidenziate,
le argomentazioni difensive che fanno richiamo ad una diversa normativa sulla
cui base il ricorrente avrebbe operato la compensazione, a seguito di un erronea
indicazione del codice della compensazione effettuata, non hanno potuto avere
alcuna rilevanza per escludere la configurabilità del fumus delicti, posto che,
anche tenuto conto della consulenza tecnica della difesa, i giudici del riesame
hanno rilevato che emerge comunque una significativa discrasia da quanto
dovuto e quanto dichiarato per effetto dell’indebita compensazione, importo che,
seppure non supera la soglia, rende poco plausibile e percorribile la tesi
difensiva.

2,

palesano infondate. L’itinerario argomentativo che sorregge la decisione

Il ricorso deve pertanto essere rigettato e, di conseguenza, il ricorrente deve
essere condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2012.

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