Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16768 del 02/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16768 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: TUDINO ALESSANDRINA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
IDDA AGOSTINO nato il 07/08/1929 a CUGLIERI
BRACCINI MARIA GIUSEPPA nato il 19/07/1943 a CUGLIERI

avverso la sentenza del 15/05/2017 del TRIBUNALE di ORISTANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRINA TUDINO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore

Data Udienza: 02/03/2018

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore,
RITENUTO IN FATTO

decisione del giudice di pace in sede che ha condannato gli imputati alla pena
di giustizia ed al risarcimento del danno per il reato di lesioni in danno di
Angelo Saurra.
Il tribunale ha ritenuto, pur all’esito delle deduzioni svolte nell’atto di
gravame, che gli imputati, in concorso tra loro, il 3 maggio 2010 avessero
colpito la persona offesa, cagionandogli lesioni personali.
2. Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso, con unico atto,
entrambi gli imputati, per mezzo del medesimo difensore, deducendo diversi
ordini di censure, di seguito enunciate nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1.
2.1 Lamentano, con il primo motivo, violazione della legge processuale
e correlati vizi motivazionali per avere il giudice di merito erroneamente
ritenuto instaurato il contraddittorio nel giudizio di primo grado, sebbene
l’avviso di fissazione dell’udienza in prosieguo davanti al giudice di pace di
Oristano fosse stato comunicato al solo difensore e non anche agli imputati,
assenti nel giudizio originariamente instaurato davanti al giudice di pace di
Bosa. Dovendosi applicare, ratione temporis, l’art. 420 quinqies cod. proc.
pen. nella originaria formulazione, il differimento andava comunicato ai
medesimi imputati, non essendo stato il provvedimento pronunciato in
udienza, con conseguente nullità della sentenza di primo grado ex art. 178,
lett. c) cod. proc. pen., tempestivamente dedotta con i motivi di appello.
2.2 Con il secondo motivo, contestano gli imputati violazione della
legge processuale e difetto di motivazione in riferimento alla valutazione della
prova, per avere il giudice di merito fondato il giudizio di responsabilità sulle
sole dichiarazioni della parte civile e di un teste in situazione di conflitto con
gli imputati, omettendo di operare il rigoroso vaglio di attendibilità, in
presenza di una ricostruzione contraddittoria dell’evento e dei mezzi offensivi.

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1.Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Oristano ha confermato la

2.3 Con altro motivo, entrambi i ricorrenti lamentano la mancata
assunzione di una prova decisiva per non avere il giudice d’appello ammesso
la testimonianza, richiesta dall’appellante, di Leonardo Idda, assolto con
sentenza irrevocabile da fatti connessi e la cui deposizione si appalesava
essenziale, in presenza dei rilevati contrasti delle prove assunte in primo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
2. Non ha fondamento il primo motivo di ricorso, che involge vizio
afferente la partecipazione degli imputati al processo di primo grado.
2.1 Nell’affrontare la censura deve, in premessa, ribadirsi che, qualora
sia sottoposta al vaglio di legittimità la correttezza di una decisione in rito, la
Corte di cassazione è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale
esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per
giustificarla (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013 – dep. 19/04/2013, P.G. in
proc. Iamonte, Rv. 255515); infatti, se è censurata l’applicazione di una
norma processuale, non ha alcuna rilevanza, in sede di legittimità, il fatto che
tale scelta sia stata, o non, correttamente motivata dal giudice di merito,
atteso che, quando viene sottoposta al giudizio della Corte suprema la
correttezza di una decisione in rito, la Corte stessa è investita della verifica
della relativa questione, essendo in proposito irrilevante la motivazione della
decisione impugnata (Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002 – dep. 22/04/2002,
Ranieri, Rv. 221322). Va, altresì, in proposito rilevato come, in tema

di

impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error
in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la
Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa
questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali (Sez. 1,
n.8521 del 09/01/2013 Cc., dep. 21/02/2013, rv. 255304).
2.2 Dalla verifica del fascicolo processuale, risulta che la posizione
giuridica degli imputati nel giudizio di primo grado debba ricondursi
all’assenza, risultando esperito, alla prima udienza dibattimentale, il tentativo
di conciliazione delle parti presenti.

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grado, omettendo di provvedere sull’istanza.

Ne consegue che ai medesimi imputati — non comparsi nelle successive
udienze – non dovesse essere personalmente comunicato l’avviso di rinvio del
dibattimento davanti al giudice di pace di Oristano, in seguito alla
soppressione dell’omologo ufficio di Bosa dove il dibattimento era iniziato,
essendo gli stessi rappresentati dal difensore che ha ricevuto la relativa

31/08/2016) Rv. 268010, Sez. 3, Sentenza n.24240 del 24/03/2010Ud. (dep.
24/06/2010) Rv. 247689, N. 5502 del 1996 Rv. 204988, N. 7924 del 1999
Rv. 214245), non potendosi qualificare il predetto atto quale citazione a
giudizio, bensì mero rinvio dell’udienza davanti al giudice di pace designato
all’esito della soppressione dell’originario ufficio procedente.
Ed invero, in tema di avvisi, la legge prevede(va) espressamente, da
un lato, che l’imputato non comparso o contumace è rappresentato dal
difensore, e, dall’altro, specifiche ipotesi in cui il primo ha diritto a ricevere
personalmente l’avviso di fatti processuali di particolare rilevanza: si tratta, in
particolare, delle nuove contestazioni formulate nell’udienza dibattimentale a
norma dell’art. 520 cod. proc. pen. (ma non anche a quelle prospettate
nell’udienza preliminare, atteso il disposto dell’art. 423, comma 1, cod. proc.
pen.), nonché del decreto che dispone il giudizio all’esito dell’udienza
preliminare e della sentenza emessa al termine del giudizio. Di guisa che
l’avviso personale all’imputato non comparso o contumace di un fatto
processuale, quando non vi sono espresse previsioni dalla legge, né ragioni
particolari riferite ad atti di contenuto sostanzialmente identico a quello per
cui la notificazione è richiesta (si pensi, oggi, alla sentenza emessa all’esito
del dibattimento nei confronti dell’imputato dichiarato assente), non è
comunicazione “dovuta” e, quindi, la sua omissione non determina alcuna
nullità.
2.3 Non sussiste, pertanto, la prospettata violazione di legge
processuale.
3.

Infondato anche il secondo motivo di ricorso, con il quale il

ricorrente deduce errori del giudizio probatorio e della motivazione.
3.1 Devesi, innanzitutto, rilevare come la responsabilità degli imputati
sia stata affermata all’esito di un duplice conforme accertamento operato dal
tribunale e dalla corte d’appello, con conseguente integrazione dei percorsi

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comunicazione (Sez. F, Sentenza n.36066 del 25/08/2016Ud. (dep.

giustificativi delle sentenza di merito ai quali occorre fare riferimento per
valutare la congruità della motivazione. In siffatte ipotesi, inoltre, il vizio di
travisamento della prova per utilizzazione di un’informazione inesistente nel
materiale processuale o per omessa valutazione di una prova invece decisiva
può essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma

con specifica deduzione – che il dato probatorio asseritamente travisato è
stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella
motivazione del provvedimento di secondo grado (cfr., Sez. 5, 13.2.2017 n.
18.975, Cadore; Sez. 2, 18.11.2016 n. 7.986, La Gumina; Sez. 2, 24.1.2007
n. 5.223, Medina), mentre sussiste comunque la preclusione alla deducibilità
del vizio di cui all’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. in relazione
a quelle parti della sentenza che abbiano esaminato e valutato in modo
conforme elementi istruttori, suscettibili di autonoma considerazione, comuni
al primo ed al secondo grado di giudizio (Sez. 5, Sentenza n. 18975 del
13/02/2017 Ud. (dep. 20/04/2017) Rv. 269906N. 5223 del 2007 Rv.
236130) fermo restando – anche a seguito della modifica apportata all’art.
606, lett. e), cod. proc. pen. dalla I. n. 46 del 2006 — la non deducibilità del
travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, Sentenza n. 25255 del
14/02/2012 Ud. (dep. 26/06/2012) Rv. 253099).
3.2 Va ulteriormente rilevato come – fermi restando il limite del
“devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della
valutazione nel merito del risultato probatorio – il vizio di travisamento della
prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del
processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed
efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero
ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale
forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, Sentenza n. 5146
del 16/01/2014 Ud. (dep. 03/02/2014) Rv. 258774, N. 24667 del 2007 Rv.
237207) ed investa elementi decisivi che, se convenientemente valutati anche
in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una
soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la

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primo, lett. e) cod. proc. pen., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti –

verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una
nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella
effettuata dal giudice di merito (Sez. 4, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007
Ud. (dep. 28/09/2007) Rv. 237652).
3.3. Nel caso in esame, le discrasie ricostruttive evidenziate del ricorso

non incidono sulla ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito,
sinteticamente riepilogativa della concitata sequenza fattuale che trova
elemento di riscontro estrinseco nel referto, ma non risulta abbiano inficiato la
tenuta logica della motivazione che, nella valutazione complessiva delle
condotte, ha ascritto le lesioni ai colpi subiti, razionalmente giustificando
anche le divergenze sui materiali dello strumento utilizzato. Di guisa che il
ricorrente si limita ad importare nel giudizio di legittimità parte dell’istruttoria
di merito su cui si richiede impropriamente alla corte di esprimersi, ed a
ribadire la tesi difensiva già respinta nei due gradi di merito tornando, ancora ,
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in questa sede, a sottolineare discrasie descrittive che non inficiano la
ricostruzione della condotta.
3.4 La motivazione della sentenza impugnata si confronta, invece,
esplicitamente con le censure articolate nell’atto di gravame, operando la
ragionevole valutazione di attendibilità della persona offesa, la coerente
lettura degli ulteriori elementi di prova e la corretta qualificazione giuridica dei
fatti. Di guisa che le censure sollevate esorbitano dal novero di quelle
sottoponibili al sindacato di questa Corte di legittimità, attingendo questioni di
merito affrontate nel giudizio di appello con argomentazioni complete e
plausibili.

(

4. E’ parimenti infondata la censura di cui al terzo motivo di ricorso, e
relativa alla mancata rinnovazione dell’istruttoria in appello, richiesta dalla
difesa, mediante esame del coimputato Leonardo Idda, assolto con sentenza
irrevocabile dagli stessi reati.
4.1 La formulazione del motivo di ricorso è generica, in quanto non
deduce – con la necessaria precisione – se il giudice di appello abbia omesso
l’assunzione di prove richieste ai sensi dell’art. 630 comma 1 cod. proc. pen.,
ovvero della testimonianza del coimputato assolto con sentenza irrevocabile,
in tal senso ritenuta prova sopravvenuta.

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– ed intese ad accreditare la complessiva inattendibilità dei testi – non solo

L’articolazione dell’una o dell’altra censura non è di poco momento, in
quanto il contenuto dell’obbligo motivazionale si declina diversamente
nell’ipotesi prevista dall’art. 603, comma primo e terzo, cod. proc. pen. e nel
diverso caso previsto dall’art. 603, comma secondo, cod. proc. pen..
Invero «in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, mentre

e di assunzione di nuove prove) e 3 (rinnovazione “ex officio”) dell’art. 603
cod. proc. pen. è necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessità
(assoluta nel caso del comma terzo) del mezzo di prova da assumere, onde
superare la presunzione di completezza del compendio probatorio, nell’ipotesi
di cui al comma secondo del citato art. 603, al contrario, è richiesta la prova,
negativa, della manifesta superfluità e della irrilevanza del mezzo, al fine di
superare la presunzione, opposta, di necessità della rinnovazione, discendente
dalla impossibilità di una precedente articolazione della prova, in quanto
sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado» (Sez. 3, Sentenza
n.13888 del 27/01/2017Ud. (dep. 22/03/2017) Rv. 269334 N. 1075 del 2000
Rv. 215772, N. 43464 del 2002 Rv. 223541, N. 8382 del 2008 Rv. 239341, N.
47963 del 2016 Rv. 268657). E mentre nella prima ipotesi la riassunzione di
prove già acquisite o l’assunzione di quelle nuove è subordinata alla
condizione che i dati probatori raccolti in precedenza siano incerti e che
l’incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività, nel caso
previsto dal secondo comma il giudice è tenuto a disporre l’ammissione delle
prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado negli stessi
termini di cui all’art. 495, cod. proc. pen., con il solo limite costituito dalle
richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o
irrilevanti, con la conseguenza per cui nella prima ipotesi, le ragioni di rigetto
possono essere anche implicite nell’apparato motivazionale della decisione
adottata, mentre, nel secondo caso, la giustificazione del rigetto deve risultare
in modo espresso e compiuto (Sez. 3, Sentenza n.47963 del 13/09/2016Ud.
(dep. 14/11/2016) Rv. 268657).
4.2 Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata come il giudice
abbia ritenuto il “quadro probatorio completo e sufficiente” e le “discrasie
evidenziate dalla difesa prive di valenza invalidante della sostanziale
credibilità dei contenuti dichiarativi”, dando implicitamente atto, con tali

7

nelle ipotesi di cui ai commi 1 (richiesta di riassunzione di prove già acquisite

rilievi, della mancanza dei presupposti di cui all’art. 603, comma primo, cod.
proc. pen..
E tale motivazione – in assenza di censure articolate in riferimento alla
diversa ipotesi di cui al comma secondo dell’art. 603 cod. proc. pen. – appare
idonea a soddisfare l’onere di giustificazione, alla luce dell’ampia rassegna

Sez. 2, Sentenza n.19929 del 23/02/2017Ud. (dep. 26/04/2017) Rv.
270313).
Il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla
correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice
d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, non può mai essere
svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma
deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento
adottato (Sez. 3, Sentenza n.7680 del 13/01/2017Ud. (dep. 17/02/2017) Rv.
269373, N. 37624 del 2007 Rv. 237689) ed è ammissibile solo qualora
sussistano, nell’apparato motivazionale posto a base della conclusiva
decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o contraddizioni, ricavabili
dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva
rilevanza (Sez. 2, Sentenza n.40855 de119/04/2017Ud. (dep. 07/09/2017)
Rv. 271163, N. 48630 del 2015 Rv. 265323, N. 17607 del 2016 Rv. 266623,
n. 1400 del 2014, Rv 261799).
Profili di contraddittorietà su punti di decisiva rilevanza che non
emergono dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata.
4.3 Va, peraltro, rilevato come l’audizione di Leonardo Iddra non
costituisse nuova prova, avendo il medesimo reso dichiarazioni quale
imputato nello stesso reato, intendendo la difesa solo assumerne la
deposizione ex art. 197 bis cod. proc. pen. in una nuova veste processuale,
con conseguente corretta applicazione dei parametri della necessità e
decisività, in quanto «in tema di rinnovazione del dibattimento nel giudizio di
appello, deve escludersi che i presupposti di cui al secondo comma dell’art.
603 cod. proc. pen. per l’esercizio, da parte del giudice, del potere-dovere di
disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per l’assunzione di
nuove prove sopravvenute o successivamente scoperte, risultino integrati solo
sulla base della sopraggiunta possibilità di assumere in qualità di testimone un

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delle prove e delle argomentazioni articolate nella sentenza impugnata (V.

coimputato che sia stato assolto in primo grado; e ciò in quanto, in tale sede,
sarebbe sempre stato possibile provocare, nel corso dell’esame, le sue
dichiarazioni favorevoli con conseguente ingresso nel processo di un dato che,
sebbene soggetto alle particolari regole valutative di cui all’art. 192, comma
terzo, cod. proc. pen., non può certo ragionevolmente ritenersi sopravvenuto

appello è consentita, ai sensi del primo comma dell’art. 603 cod. proc. pen.,
solo ove il giudice ritenga di non essere in grado di decidere allo stato degli
atti» (Sez. 3, Sentenza n.4850 del 13/01/2006 Ud. (dep. 07/02/2006) Rv.
234052) e si tratti di prova decisiva, nel senso che la stessa possa eliminare
le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idonea ad inficiare
ogni altra risultanza (Sez. 3, Sentenza n.35372 del 23/05/2007Ud. (dep.
24/09/2007) Rv. 237410). Condizioni che il giudice di merito ragionevolmente
ha ritenuto non ricorrere nel caso di specie.
5. Né rileva che il giudice d’appello abbia omesso di pronunciare
autonoma ordinanza sulle richieste ex art. 603 cod. proc. pen, in quanto
“L’omessa pronuncia dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di rinnovazione del
dibattimento non comporta alcuna menomazione dei diritti della difesa e,
comunque, non integra alcuna nullità di ordine generale (artt. 178 e 180
c.p.p.) sotto il profilo della mancata assistenza o rappresentanza dell’imputato
preordinata ad assicurare il giusto processo di cui all’art. 111 Cost., posto che
le ragioni della difesa sono salvaguardate dalla previsione di cui all’art. 603
c.p.p., comma 1, e, quindi, dalla facoltà, esercitabile ex ante, di articolare e
illustrare le richieste di prova, mentre ex post il provvedimento decisorio non
è autonomamente impugnabile; inoltre, le ragioni della difesa sono,
comunque, tutelate, in quanto possono essere fatte valere in sede di
impugnazione avverso la sentenza” (Sez. 2, Sentenza n.47695 del
16/10/2014Ud. (dep. 19/11/2014) Rv. 260790, Sez. 5, Sentenza n. 12443 del
20/01/2005 Rv. 231682).
6. I ricorsi sono, dunque, infondati.
7. A tanto consegue la condanna dei ricorrenti, ex art. 616 cod. proc.
pen., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

9

o scoperto successivamente, con la conseguenza che la sua acquisizione in

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 2018
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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