Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16762 del 01/03/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16762 Anno 2018
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ALERCI LUIGI ANTONIO nato il 23/05/1985 a CATANIA

avverso la sentenza del 23/02/2017 del TRIBUNALE di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale, dott. Ferdinando Lignola
che ha concluso per l’inammissibilità

Data Udienza: 01/03/2018

Ritenuto in fatto
1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 23/02/2017, il Tribunale di Catania
ha confermato l’affermazione di responsabilità di Luigi Antonio Alerci in relazione
ai reati di lesioni e percosse, in danno di Carmela Maria Baudo, contestati nei
capi di imputazione B) e D).
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali, per avere i giudici di

persona offesa e di una sua amica, senza considerare il reale svolgimento dei
fatti e l’assenza di elementi di conferma delle dichiarazioni della Baudo.
Questa, infatti, dopo la fine della relazione con l’Alerci, aveva iniziato a
perseguitare l’uomo, il quale, infine, aveva accettato di vederla per un
chiarimento: la Baudo si era fatta male chiudendo repentinamente la portiera
dell’autovettura sulla quale si trovavano.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge, rilevando che,
calcolando i rinvii per impedimento del difensore per una durata non eccedente i
sessanta giorni, il termine di prescrizione sarebbe spirato prima della sentenza di
secondo grado.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione al diniego
della sospensione condizionale della pena e delle circostanze attenuanti
generiche.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per assenza di specificità.
La doglianza, infatti, critica, in termini generici, la mancata valutazione di
attendibilità della persona offesa, che, al contrario, il Tribunale ha operato,
esaminando sia le dichiarazioni della donna, che quelle dei testimoni ascoltati e
considerando anche le risultanze dei documenti acquisiti, che smentiscono in
termini assolutamente razionali la ricostruzione difensiva dei fatti, reiterata in
termini assertivi anche in sede di ricorso, e giustificano le conclusioni raggiunte
con riguardo a tutti i reati attribuiti all’Alerci, ivi inclusi gli episodi di percosse.
Al riguardo, va ribadito che le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc.
pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono
‘essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo
racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigorosa rispetto
a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n.
41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
1

merito fondato l’affermazione di responsabilità sulle sole dichiarazioni della

In ogni caso, la verifica attraverso indici esterni delle dichiarazioni della persona
offesa non si deve tradurre nell’individuazione di prove dotate di autonoma
efficacia dimostrativa, dal momento che ciò comporterebbe la vanificazione della

rilevanza probatoria delle prime.
2. Il terzo motivo di ricorso, da esaminare preliminarmente per ragioni di ordine
logico, è inammissibile, da un lato, per manifesta infondatezza, in quanto la

disciplina codicistica in materia di sospensione condizionale non si applica alle
pene irrogate dal giudice di pace (art. 60, comma 1, d. Igs. n. 274 del 2000) e,

circostanze attenuanti generiche è giustificata dal Tribunale, con motivazione
esente da manifesta illogicità, insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n.
42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da
questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare
il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti,
ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque
rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2,
n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010,
Giovane, Rv. 248244).
3. Il secondo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza.
Poiché il più risalente dei reati è contestato come commesso in data 23/02/2008,
il termine ordinario di prescrizione di sette anni e mezzo, risultante
dall’applicazione degli artt. 157, comma primo, e 161, comma secondo, cod.
pen., sarebbe decorso il 23/08/2015.
Deve, tuttavia, tenersi conto dei seguenti periodi di sospensione della
prescrizione, con la puntualizzazione che i rinvii, per impedimento professionale,
eccedenti il sessantesimo giorno dopo la cessazione della causa dell’impedimento
— considerata di un giorno – vengono automaticamente ricondotti a 61 giorni, alla
stregua delle indicazioni di Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014 – dep. 02/02/2015,
Torchio, Rv. 262913: 1) in secondo grado: dal 29/09/2016 al 10/11/2016 per
impedimento professionale del difensore dell’imputato (42 giorni); dal
10/11/2016 al 19/01/2017, per la stessa ragione (61 giorni); 2) in primo grado:
dal 11/02/2011 al 24/06/2011 per impedimento del difensore (61 giorni); dal
24/06/2011 al 13/01/2012 per la stessa ragione (61 giorni); dal 13/01/2012 al
25/05/2012 per la stessa ragione (61 giorni); dal 25/05/2012 al 13/07/2012 per
la stessa ragione (49 giorni); dal 13/07/2012 al 09/11/2012 per la stessa
ragione (61 giorni); dal 28/12/2012 al 26/04/2013, per la stessa ragione (61
giorni); dal 26/04/2013 al 14/06/2013 per la stessa ragione (61 giorni); dal
28/06/2013 al 26/07/2013, per la stessa ragione (28 giorni); dal 26/07/2013 al
2

dall’altro, per genericità, dal momento che la mancata concessione delle

25/10/2013, per la stessa ragione (61 giorni); dal 13/12/2013 al 10/01/2014,
per la stessa ragione (28 giorni); dal 10/01/2014 al 24/01/2014, per la stessa
ragione (14 giorni); dal 14/03/2014 al 13/06/2014, per la stessa ragione (61
giorni); dal 13/06/2014 al 11/07/2014, per la stessa ragione (28 giorni), dal
13/03/2015 al 27/03/2015, per la stessa ragione (14 giorni), per un totale di
649 giorni.
Se si somma al termine ordinario sopra indicato (23/08/2015) il totale di giorni
di sospensione (752 giorni), si giunge al 13/09/2017, ossia a data successiva a

Deve, pertanto, escludersi che i reati dei quali si discute si siano estinti per
prescrizione prima della decisione del Tribunale.
D’altra parte, l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale
prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. Un., n. 32
del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
Così deciso il 01/03/2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Giuseppe De Marzo

Maurizio Fumo

epositato in Cancelleria
Roma, lì

il AP 016

quella della sentenza di secondo grado (23/02/2017).

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