Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16756 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16756 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) TADDEI LUCIANO N. IL 13/12/1956
avverso la sentenza n. 362/2009 TRIB.SEZ.DIST. di ATRI, del
09/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore Genfsrale in persona del Dott. ql U-40,0j,
che ha concluso per X(V

UcJto, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale Teramo, sez. distaccata di Atri, con sentenza del 9 dicembre
2011, ha condannato Taddei Luciano alla pena di 1.000 euro di ammenda, per il
reato di cui all’art. 256, comma 4 D.Igs n. 152 del 2006, perché nella qualità di
Responsabile tecnico del Consorzio per lo smaltimento dei rifiuti urbani area
Piaomba-Fino del comune di Atri, in concorso con il Presidente del Consiglio di
amministrazione di detto Consorzio, non osservava le prescrizioni tecniche
contenute nel provvedimento di autorizzazione all’esercizio della discarica

superficiali nell’area di discarica non erano state contenute, il percolato non
veniva adeguatamente captato e smaltito, con conseguente sversamento dello
stesso nel terreno adiacente e sul Fosso Portella, in Atri, fino al 15 aprile 2008,
assolvendolo, invece, per i reati di cui all’art. 257 del medesimo d.lgs n. 152 del
2006 e 635 c.p., in riferimento all’inquinamento delle acque del citato Fosso
Portella.
1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’imputato, chiedendone
l’annullamento per i seguenti motivi: 1) Inosservanza dell’art. 546, c.1 lett. a) e
c. 3 c.p.p., in quanto la sentenza non reca l’indicazione dell’Autorità giudiziaria
che l’ha emessa, in quanto dopo sull’intestazione accanto alla dicitura II Pretore
di…., è indicato “GOT dott. Avv, Carla Fazzini”; 2) Erronea applicazione dell’art.
256 c. 4 D.Igs n. 152 del 2006, in quanto il reato contestato doveva essere
quello di cui all’art. 16 D.Igs n. 59 del 2005, ratione temporis, che punisce
l’inosservanza delle prescrizioni dell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale),
con la pena dell’ammenda da 5.000 a 26.000, in quanto la discarica in oggetto
rientra nella disciplina dell’art. 208 del dlgs n. 152 in quanto riceve più di 10
tonnellate al giorno; 3) Inosservanza degli artt. 220 e 223 disp. att. c.p.p., in
quanto, anche se presente sul luogo dell’accertamento operato dal Corpo
Forestale, esso imputato non ricevette avviso del giorno, ora e luogo
dell’espletamento delle analisi dei campioni prelevati, campionamenti che non
rientrano nell’attività amministrativa di controllo; 4) Contraddittorietà della
motivazione, attesa l’assoluzione per le altre fattispecie originariamente ascritte;
5) Mancanza e contraddittorietà della motivazione ed inosservanza degli artt.
546 c. 1 lett e) e 125 c.p.p., in quanto si individua erroneamente il sopralluogo
del 15 aprile 2008, come primo sopralluogo, che invece ebbe luogo il 4 aprile
2008„ inoltre vengono richiamati genericamente “i documenti in atti” quali base
della dichiarazione di responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso non sono fondati. Destituita di fondamento è l’eccezione di
nullità della sentenza per mancata indicazione del giudice che l’ha pronunciata.

Consortile di Atri, al fine di evitare rischi di inquinamento, in particolare, le acque

Per giurisprudenza pacifica di questa Corte la omessa indicazione,
nell’intestazione della sentenza, dei giudici che hanno emesso il provvedimento,
prevista tra i requisiti della stessa ex comma 1 dell’art. 546 c.p.p., non è motivo
di nullità, in quanto l’ art. 546 c.p.p., c. 3, stabilisce che la sentenza è nulla,
oltre che nel caso previsto dall’art. 125 c.p.p., c. 3 (omessa motivazione), se
manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca
la sottoscrizione del giudice. D’altra parte il fatto che nell’intestazione fosse
indicato il nome del giudice monocratico che l’aveva emessa, unitamente al
sottoscrizione, è sufficiente ad integrare il requisito richiesto dalla legge, avendo
reso pienamente individuabile l’autorità giudiziaria emanante, al punto che è
stato possibile proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento.
2. Anche il rilievo svolto con il secondo motivo di ricorso in ordine alla disciplina
applicabile per la discarica in oggetto, avuto riguardo alla sua grandezza, risulta
non fondato, atteso che la fattispecie indicata dal ricorrente, vigente ratione
temporis, risulta residuale rispetto all’applicazione dell’art. 256 del d.lgs n. 152

del 2006, in virtù dell’apposizione della clausola di riserva (art. 16, comma 2 del
d.lgs n. 59 del 2005, oggi abrogato, recita « Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro
nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata
ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’autorità
competente.»). Comunque tale reclamata disciplina non ha in concreto effetti
favorevoli per l’imputato: infatti, a fronte della fattispecie incriminatrice richiesta
in applicazione dal ricorrente, la quale prevede una pena dell’ammenda da 5.000
a 26.000 euro, la disposizione applicata in concreto dal giudice di merito, in
relazione alla riconosciuta attenuante della lieve entità del fatto, disciplinata al
comma 4 dell’art. 256 dlgs n. 152 del 2006 (che consente una riduzione alla
metà rispetto alla fattispecie), ha permesso al giudice di determinare la pena
base in 3.000 euro di ammenda, ridotte per effetto della diminuente a 1.500 e
poi ulteriormente ridotta alla pena finale come comminata, per effetto delle
circostanze attenuanti generiche .
3. Quanto

alla terza censura, in tema di prelievi di campioni finalizzati

all’espletamento di analisi, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto
necessario distinguere i prelievi e le analisi inerenti alle attività amministrative,
ovvero alla normale attività di vigilanza e di ispezione, disciplinati dall’art. 223
disp. att. c.p.p., dalle analisi e prelievi inerenti invece ad un’attività di polizia
giudiziaria nell’ambito di una indagine preliminare per i quali devono operare le
norme di garanzia della difesa in applicazione ex art. 220 disp. att. c.p.p. (cfr.
Sez. 3, n. 15372 del 10/2/2010, dep. 22/4/2010, Fiorillo, Rv. 246597); peraltro

luogo dell’Ufficio giudiziario, indicato in calce unitamente alla data, prima della

se la violazione degli avvisi relativi alle successive analisi sui campioni, una volta
che siano emersi indizi di reità nel corso di attività ispettive o di vigilanza,
costituisce una nullità d’ordine generale di cui all’art. 178, c.1, lett. c) c.p.p.,
essa deve essere eccepita “prima della pronuncia del provvedimento che
conclude l’udienza preliminare, ovvero, se questa udienza manchi, entro il
termine previsto dall’art. 491, c.1, c.p.p.” (in tal senso, Sez. F, n. 38393 del
27/7/2010, dep. 29/10/2010, Persico, Rv. 248911).
Nel caso di specie, in sede di questioni preliminari ex art. 491 c.p.p., all’udienza
comunque i risultati di tale analisi in relazione alla riconosciuta contravvenzione
risultano irrilevanti, atteso che per le ipotesi penali relative all’inquinamento del
Fosso Portella, il Taddei è stato assolto.
4. Infine il quarto e quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente,
devono essere del pari respinti. Infatti il giudice di merito ha esaminato il
compendio probatorio nel suo complesso, all’interno del quale ogni elemento è
stato contestualizzato ed ha fornito una coerente ricostruzione del profilo
positivo di responsabilità penale del ricorrente nella motivazione, la quale risulta
completa ed esaustiva, nonché immune da smagliature logiche. Il giudice ha
tenuto conto, infatti, dei risultati del sopralluogo del 15 aprile 2008, risultando
non rilevante la precisazione se lo stesso fosse il primo od il successivo, posto
che tale data identifica comunque il tempus commissi delicti del fatto come
contestato nel capo di imputazione; inoltre è stato considerato che il Consorzio,
dopo gli accertamenti, aveva provveduto a circoscrivere la fuoriuscita del
percolato, provvedendo a convogliarlo ad un pozzo e ripristinando la funzionalità
del drenaggio.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ex art. 616 c.p.p.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2012.

del 10 febbraio 2010 innanzi al giudice dibattimentali, tale vizio non fu eccepito;

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