Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16754 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16754 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ROSI ELISABETTA

Data Udienza: 04/12/2012

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PASSASEO SALVATORE N. IL 11/03/1952
2) TANISI VITTORIO N. IL 28/05/1946
avverso la sentenza n. 562/2010 TRIB.SEZ.DIST. di CASARANO, del
02/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore G ale in pers• . del Dott.
che ha concluso per fr 0,\

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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Udit i difensor Avv.
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Lecce, sez. distaccata di Casarano, con sentenza del 2
novembre 2011 ha condannato, alla pena di euro 15 mila euro ciascuno di
ammenda, Passaseo Salvatore e Tanisi Vittorio, imputati per il reato di cui agli
artt. 110, 113 comma 14, del D.Igs n. 152 del 2006, perché, il Passaseo, quale
Presidente dell’Oleificio cooperativo San Marco, ed il Tanisi, quale dipendente ed
autista del mezzo di trasporto, scaricavano acque reflue di vegetazione di
provenienza olearia nei terreni sui quali erano stati autorizzati, ma senza il

ruscellamento e lagunaggio in data 3 dicembre e 16 dicembre 2009, fatti
accertati in Ruffano, c.da Ferrante, qualificando il fatto come reato di cui all’art.
256 c. 1 e 2 medesimo D.Igs.
2. Gli imputati, tramite i loro difensori hanno proposto ricorso per cassazione
chiedendo l’annullamento della sentenza lamentando violazione di legge e
mancanza e manifesta illogicità della motivazione, per l’erronea applicazione
dell’art. 256 dIgs n. 152 del 2006 e la mancata applicazione dell’art. 15 c.p., in
relazione all’art. 8 legge n. 574 del 1996: infatti l’Oleificio San Marco, tramite il
proprio rappresentante legale Passaseo, aveva presentato al Comune di Ruffano
la comunicazione preventiva dell’avvio dell’attività di spandimento delle acque di
vegetazione provenienti dal frantoio ai sensi dell’art. 3 della legge n. 574 del
1996 su terreni agricoli che il Passeo aveva preso in affitto, con atto notarile
registrato il 23 novembre 2008; pertanto l’Oleificio era autorizzato ad utilizzare a
fini agricoli le acque di vegetazione e non può essere configurato il reato di cui
all’art.256 d.lgs n. 152 del 2006, ma l’illecito amministrativo previsto dall’art. 8
comma 2 della legge 1996, normativa applicabile quando si proceda allo
spandimento di acque di vegetazione senza osservare le prescrizione imposte
dall’art. 4, comma 2 della legge n. 574 del 1996.
Inoltre in relazione alla posizione del Passeo, è stata censurata l’errata
applicazione di legge ed il vizio motivazionale, quanto i giudici non avrebbero
motivato la sua responsabilità penale, desunta in via indiziaria, posto che le
acque di vegetazione della campagna olearia 2009/2010, nella quantità di Kg
6.540, erano regolarmente accompagnate da un documento di trasporto, e
trasportate su un mezzo autorizzato, ragion per cui nessuna culpa in vigilando
può essere addebitata allo stesso quanto alle modalità non tecnicamente corrette
con le quali il versamento sul terreno fu eseguito ad opera del Tanisi, per una
sua autonoma e non prevedibile azione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso non sono fondati.

rispetto delle procedure previste, atteso che erano stati accertati fenomeni di

La giurisprudenza ha affermato il principio che il reato di scarico di acque reflue
industriali in difetto di autorizzazione viene integrato quando l’utilizzazione delle
acque di vegetazione dei frantoi avviene al di fuori dei casi e delle procedure
previste dalla legge (in tal senso Sez.3, n. 44293 del 7/11/2007, Condina, Rv.
238076).
Per quanto attiene invece alla materia della fertirrigazione, ossia di utilizzazione
agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari di cui alla
legge 11 novembre 1996 n. 574, la giurisprudenza di legittimità ha affermato il
connessione con l’azienda agricola e che trattano in massima parte quanto
prodotto dalla stessa, atteso che solo in questo caso i quantitativi di acque
ottenute dalla lavorazione risultano contenuti in limiti di tollerabilità dei terreni
ove vengono distribuite” (cfr. Sez.3, n.20452 del 2773/2007, Di Lucia e altro,
Rv. 236742).
2. Nel caso di specie, il giudice di merito, con motivazione congrua ed immune
da vizi logici, ha spiegato che non era in atto alcuna fertirrigazione attivata
secondo le procedure di legge, per cui non era applicabile la disciplina prevista in
via specifica: infatti gli imputati, pur essendo il frantoio munito di
un’autorizzazione finalizzata al riutilizzo delle acque di vegetazione ottenute con
la molitura delle olive, avevano posto in essere un’attività di mero scarico di tale
prodotto nel terreno condotto in affitto, con modalità non conformi a legge;
pertanto il prodotto sversato andava considerato rifiuto liquido illecitamente
scaricato ed abbandonato. Nella motivazione è stato dato conto, sulla base delle
risultanze processuali, del fatto che la suddetta attività era eseguita versando sul
terreno le acque provenienti dalla molitura, attraverso due tubi collegati alla
cisterna dell’autocarro,

senza alcuna predisposizione di un sistema di

fertirrigazione per il loro spandimento nel terreno destinatario di tale versamento

“occasionale” e nessun altro risultato se non uno stagnamento acquitrinoso e
ruscellamento sulla superficie erbosa, in quanto le acque non venivano assorbite
dal suolo. Mancava insomma quel necessario sistema di stabile collettamento tra
il luogo di produzione delle acque ed il luogo in cui le stesse si riversavano sul
fondo, necessario ad inquadrare l’ipotesi nell’ambito della normativa in tema
fertirrigazione. Pertanto, la responsabilità dell’imputato è stata affermata in
conformità a quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità (in tal senso
Sez. 3, n. 11593 del 22/02/2012, Alesi, Rv. 252347), secondo la quale, integra il

reato previsto dall’art. 256, comma secondo, del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, lo
smaltimento, lo spandimento o l’abbandono incontrollati delle acque provenienti
da un frantoio oleoso, potendosi applicare la disciplina prevista dalla legge 11
novembre 1996, n. 574 soltanto laddove i reflui oleosi vengono impiegati a fini
agricoli.

principio che tale normativa è applicabile solo ai frantoi “che operano in stretta

3. La censura avanzata in riferimento alla sola posizione del Passaseo è
parimenti infondata. La sentenza impugnata ha fornito congrua motivazione della
responsabilità ascrivibile al legale rappresentante, il quale aveva del resto
stipulato contratto di affitto del terreno ove “scaricare”, richiamando
l’orientamento giurisprudenziale che fa carico a tutti i soggetti coinvolti nella
produzione di beni dai quali possano derivare rifiuti – titolari ma anche meri

degli stessi (cfr. Sez. 3, n. 11490 del 15/12/2010, dep. 22/3/2011, Fabbriconi,
Rv. 249770) e di vigilare, qualora ricoprano incarichi di responsabilità,
sull’operato dei sottoposti (in tal senso, Sez. 3, n. 14285 del 10/3/2005, dep.
18/4/2005, Brizzi, Rv. 231081).
La sentenza impugnata è pertanto immune da censure, avendo applicato
correttamente la disciplina normativa ; il ricorso deve pertanto essere rigettato e
i ricorrenti devono deve essere condannati, ai sensi del disposto di cui all’art.
616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

PQM

rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2012.

dipendenti – dell’obbligo di porre in essere le modalità di corretto smaltimento

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