Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16753 del 19/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16753 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
POLIZZI LUIGI nato il 29/07/1951 a CIVIDALE DEL FRIULI

avverso la sentenza del 19/10/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARILIA DI
NARDO
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore
l’avvocato TERRANOVA LINO, si riporta ai motivi del ricorso.

Data Udienza: 19/02/2018

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 19 ottobre 2016 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del
10 marzo 2013 del Tribunale di Busto Arsizio con la quale Polizzi Luigi era stato condannato
alla pena- concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva -di un anno di
reclusione per il reato di cui all’art. 497 bis, co. 2, c.p., per la formazione ed il possesso di una

falsa carta d’identità italiana, recante i suoi dati anagrafici e la sua fotografia, priva della
dicitura “non valida per l’espatrio” accertato presso l’aeroporto di Milano Malpensa il 5.4.2011.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia,

2.1 con il primo motivo di ricorso, il vizio di motivazione per la mancata declaratoria della
prescrizione del reato; difatti, il ricorrente aveva avuto la disponibilità del documento falso fino
al momento del suo arresto in Svizzera il primo marzo 2009 e da allora, sino alla data della
sua espulsione dal territorio svizzero avvenuta il 5.4.2011, il documento di identità in
questione non era più stato in suo possesso, essendo rimasto nelle mani delle autorità
elvetiche; in particolare, il 5 aprile, dopo il periodo di detenzione, veniva accompagnato
coattivamente alla frontiera ed è notorio, i n proposito, c he i documenti dei quali sia in
possesso la persona oggetto di espulsione vengono consegnati direttamente alla Polizia di
frontiera per consentire la sua identificazione; in caso di trasporto aereo i documenti vengono
consegnati al personale del vettore che provvede alla consegna al personale della polizia di
frontiera del luogo di destinazione, preventivamente allertato; da ciò consegue, dunque, che
l’imputato dall’1.3.2009 -data del suo arresto in Svizzera – contrariamente a quanto affermato
dalla Corte territoriale – non ha Mai avuto più la disponibilità del documento e, pertanto,
dovendo la data del commesso reato, farsi risalire al primo marzo 2009 e non al 5 aprile
2011, il reato si è prescritto 1’1.9.2016, prima della pronuncia della sentenza di secondo
grado;
2.2. con il secondo motivo, la violazione di legge in ordine alla sussistenza della fattispecie
contestata, in luogo di quella meno grave prevista dal primo comma della medesima norma,,
atteso che appare meglio aderente alla norma punire con la sanzione più grave coloro che
fabbricano, ovvero formano un falso documento di identità, oppure detengono un documento
falso fuori dei casi di uso personale, rispetto a coloro che vengono trovati in possesso di un
documento per uso personale anche se hanno partecipato alla fabbricazione fornendo la foto.

Considerato in diritto
Il ricorso merita accoglimento nei limiti di cui si dirà.
1. Deve ritenersi innanzitutto destituito di fondamento il secondo motivo di ricorso circa la
configurabilità nella fattispecie in esame della più lieve ipotesi di reato di cui all’art. 497 bis
c.p., primo comma, atteso che la Corte territoriale ha correttamente posto in risalto come
ricorrano nella fattispecie elementi sintomatici nel concorso nella contraffazione (punita

lamentando:

appunto dal secondo comma), avendo l’imputato fornito la propria fotografia, oltre ai propri
dati anagrafici.
1.1. La valutazione compiuta dai giudici d’appello circa la configurabilità, nel caso in esame
dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, si presenta in linea con i principi espressi da
questa

Corte

(Sez.

5,

n.

7704

del

16/10/2014),

secondo

cui:

– l’art. 497 bis cod. pen., comma 2 che punisce la previa contraffazione del documento ad
opera dello stesso detentore costituisce ipotesi di reato autonoma rispetto a quella del mero
possesso prevista dal comma 1, essendo la descrizione della condotta, che differenzia le due

circostanzia le

(Sez.

5,

n.

18535

del

2013);

– il reato di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, (possesso e fabbricazione di documenti di
identificazione falsi) è integrato dal possesso di un documento di identità contraffatto dallo
stesso possessore, considerato che la “rado” di cui all’art. 497 bis cpv. cod. pen. è quella di
punire in modo più significativo chi fabbrica o comunque forma il documento, oppure lo detiene
fuori dei casi di uso personale, con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra
nella previsione di cui all’art. 497 bis c.p., comma 1, solo se non accompagnato dalla
contraffazione

ad

opera

possessore

del

(Rv.

250188);

– i due commi di cui all’art. 497 bis c.p. puniscono diversamente, in ragione del diverso grado
di gravità, la condotta del mero possesso di un documento valido per l’espatrio, da un lato, e la
condotta, ben più allarmante sul piano delle falsità personali per la connotazione organizzativa
che la caratterizza, costituita dalla previa contraffazione del documento stesso ad opera dello
stesso detentore o del concorso da parte di costui alla falsa formazione del documento o,
infine,

dalla

detenzione

fuori

dai

casi

di

uso

personale;

– l’accertamento in ordine alla ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2 è
rimesso alla valutazione del giudice del merito sulla base delle prove raccolte a proposito
dell’eventuale concorso dell’agente anche nella condotta di falsificazione, non potendosi
escludere, che pur nella situazione del possesso di un documento di identità contraffatto in
quanto recante la fotografia dello stesso possessore/utilizzatore, sia operativo il comma 1 della
norma, quando possa sostenersi che la formazione di falsi documenti concernenti il soggetto di
interesse, di cui si conoscano generalità e si posseggano, a vario titolo, documenti di diverso
tipo o foto, magari forniti in buona fede dallo stesso interessato, sia stata decisa
autonomamente da un terzo quale un’organizzazione criminale.
1.2. Alla stregua degli enunciati principi, dunque, correttamente è stata ritenuta la sussistenza
nella fattispecie in esame dell’ipotesi di cui all’art. 497 bis c.p., comma 2, essendo avvenuta la
contraffazione della carta di identità ad opera dello stesso detentore, o quantomeno dando
incarico l’imputato al contraffattore materiale di apporre la propria foto e le proprie generalità
sul documento da falsificare.

fattispecie, essa stessa elemento costitutivo del reato, non relegabile al ruolo di elemento

2. Merita invece accoglimento la questione dedotta con il primo motivo di ricorso circa l’epoca
del commesso reato e la conseguente intervenuta prescrizione di esso, prima della sentenza di
appello.
Ed invero la Corte territoriale – nel ritenere sbrigativamente che “è ragionevole ritenere” che al
momento della scarcerazione in Svizzera il documento di identità fosse stato riconsegnato
all’imputato e che quest’ultimo ne abbia fatto uso al suo rientro in Italia, sicchè il possesso è
“ricominciato” nell’aprile 2011- non si confronta con la circostanza messa in risalto nel verbale
di sequestro del documento contraffatto (nel passo di interesse riportato in ricorso), secondo

contesto, i giudici di merito avrebbero dovuto approfondire il dato illustrato dall’imputato con
le note depositate in udienza, secondo il quale le Autorità svizzere ed in particolare l’Ufficio
Migrazione -che nelle more dalla scarcerazione, alla materiale espulsione aveva trattenuto
l’imputato- non avvedutesi della falsità dello stesso documento avrebbero direttamente
consegnato al vettore e, quindi, all’autorità di frontiera del luogo di destinazione dell’espulso il
medesimo documento di identità utilizzato per l’ingresso in Svizzera, del quale l’imputato
medio tempore non avrebbe avuto più il possesso.
Tale accertamento era vieppiù necessario, in relazione ai principi più volte affermati da questa
Corte secondo cui il delitto di uso di atto falso come la contraffazione è istantaneo e non
permanente, in quanto la sua consumazione si esaurisce con l’uso, mentre la protrazione nel
tempo degli effetti da questo prodotti rappresenta il risultato dell’azione criminosa (Sez. 5,
n.38438 del 29/05/2015).
3. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione
della Corte d’Appello di Milano.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte
d’Appello di Milano.
Così deciso il 19.2.2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente
Carlo Zaza

“Pe7.2Depositato in C4rpgp

Roma, lì

leeit

cui l’imputato è giunto a Milano Malpensa quale espulso dalle autorità elvetiche. In tale

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