Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16752 del 19/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16752 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BUONOCORE GIANFRANCO nato a NAPOLI il 22/07/1961

avverso la sentenza del 12/01/2017 della CORTE di APPELLO di CAMPOBASSO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Elisabetta Maria Morosini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di
Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Massimo Rizzo, che ha concluso riportandosi ai motivi del
ricorso e insistendo per l’accoglimento.

Data Udienza: 19/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Campobasso ha
confermato la condanna di Buonocore Gianfranco per il reato di bancarotta
fraudolenta patrimoniale (capo A), allo stesso ascritto, in qualità di amministratore
unico della “Villa Italia Industrie s.r.l.”, società dichiarata fallita il 9 novembre
2007, mentre ha riformato la sentenza di primo grado in ordine al reato di
bancarotta semplice (capo B), perché estinto per intervenuta prescrizione.

complessiva di 650.000,00 euro, in parte (euro 450.000,00) mediante
sottoscrizione di aumento di capitale della Villa Italia s.r.I., società amministrata
anch’essa dall’imputato, in parte (euro 163.300,00) emettendo assegni circolari in
favore della Granitalia s.p.a. di cui Buonocore era legale rappresentante. Sin dal
primo grado era stata esclusa la sussistenza dell’ulteriore condotta riportata nel
capo di imputazione (distrazione di euro 38.268,79 derivanti da depositi
cauzionali).

2. Avverso la sentenza ricorre Buonocore Gianfranco, per il tramite del
difensore, articolando due motivi con i quali deduce vizio di motivazione e
violazione di legge.
2.1 Con il primo contesta la configurabilità di una distrazione nell’operazione
di aumento del capitale di altra società, in quanto non si sarebbe verificato alcun
reale esborso, considerato che l’apporto di capitale è stato effettuato
compensando il credito, di pari importo, vantato dalla fallita nei confronti dell’altra
società. Nessun danno si sarebbe prodotto in pregiudizio ai creditori. Nella
condotta sarebbero ravvisabili semmai gli estremi di una bancarotta semplice o,
tutt’al più, preferenziale.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce che risultava provata la
destinazione della somma di 163.300,00 versata, in assegni circolari, alla
Granitalia s.p.a., trattandosi di debito annotato in contabilità.
La Corte di appello avrebbe errato nel imporre a carico dell’amministratore la
prova della effettiva sussistenza del credito. Secondo il ricorrente tale pretesa si
risolverebbe in una probatio diabolica, giacché l’imprenditore, per andare esente
da responsabilità, dovrebbe dimostrare l’effettività di tutte le transazioni
commerciali dell’impresa sin dal suo sorgere.

2

La condotta addebitata all’imputato consiste nell’aver distratto la somma

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Il primo motivo non merita accoglimento.
Secondo l’insegnamento della Corte di legittimità il depauperamento,
apprezzabile ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 216 I. fall., va inteso
come riferito ad una nozione giuridica di patrimonio in senso lato, comprensivo

anche le ragioni di credito che avrebbero dovuto concorrere alla formazione
dell’attivo del compendio patrimoniale (Sez. 5, n. 32469 del 16/04/2013, Nassetti,
Rv. 256252).
Nella specie l’operazione di aumento di capitale ha determinato l’estinzione
per compensazione del credito vantato dalla fallita nei confronti di altra società,
amministrata dall’imputato, senza alcun vantaggio per la fallita, considerato che
anche la società ricapitalizzata si trovava, in quel momento, in stato di crisi, poi
sfociato in fallimento.
La condotta integra, pacificamente, il delitto di bancarotta fraudolenta
patrimoniale in contestazione, poiché un credito, anche se di difficile esazione, è
comunque una posta attiva, che, nella specie, è stata immotivatamente dismessa
per l’acquisizione di una compartecipazione societaria ingiustificata, inutile e del
tutto infruttuosa.
Come correttamente ritenuto dai giudici di merito, va esclusa sia la bancarotta
preferenziale, posto che la creditrice era la fallita, sia la bancarotta semplice, in
difetto di elementi concreti dimostrativi di un ipotetico maggior rendimento della
operazione di ricapitalizzazione rispetto a quella di un semplice recupero del
credito.

2. Analoga sorte segue il secondo motivo.
È evidente che la prova della destinazione di una somma di denaro all’acquisto
di beni in tanto è liberatoria in quanto corrisponda a una operazione reale.
La semplice annotazione del credito in contabilità non vale a superare l’onere
probatorio incombente sull’amministratore, in presenza di indici sintomatici della
fittizietà della appostazione.
Nella specie si tratta di esborso di importo rilevante, effettuato da società già
in crisi di liquidità, a favore di altra società amministrata dal medesimo soggetto,
per forniture di beni, non fatturate, di cui non risulta traccia nel patrimonio della
fallita.
3

cioè non solo dei beni materiali ma anche di entità immateriali, fra cui rientrano

È quindi corretta la decisione della Corte di appello che ha escluso
l’assolvimento da parte dell’imputato dell’onere della prova su di lui incombente,
in relazione alla destinazione degli assegni circolari pari ad euro 163.300,00 per
forniture di beni che non risultano realmente effettuate.
In sostanza l’amministratore è sempre l’imputato, che ha trasferito liquidità
da una società all’altra.

3. Discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/02/2018

Il Consigliere estensore
Elisabetta M

Morosini

Depositato in Cancelleria
Roma, lì …… 41,1,j12,L,2018_

Il Presidente
Carlo

delle spese processuali.

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