Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16751 del 19/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16751 Anno 2018
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RANDO LINDA nato il 06/10/1991 a ROVIGO

avverso la sentenza del 14/09/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARILIA DI
NARDO
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore
l’avvocato CAMPANELLI GIUSEPPE, chiede l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 19/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14.09.2016 la Corte d’appello di Milano annullava la sentenza del
G.u.p. di Varese del 22.2.2013 nei confronti di Rando Linda, limitatamente ai fatti
commessi sino al 5.10.2009 (essendo sino a tale data l’imputata minorenne),
confermando nel resto la penale responsabilità della suddetta per il reato di cui agli artt.
81 e 595 commi primo, secondo e terzo c.p., nonché 13 L. 1948/47, rideterminando la
pena in Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento del risarcimento del danno in favore

1.1. L’imputata era stata ritenuta colpevole del reato di diffamazione, aggravata
dall’utilizzazione del mezzo di pubblicità attraverso la rete Internet, per avere,
comunicando con più persone, diffuso notizie e scritti, utilizzando il proprio nome e
cognome, o anche utilizzando lo pseudonimo di Ayame, sul sito internet
www.Writersdream.org da lei amministrato, consistenti in una campagna denigratoria
nei confronti delle case editrici a pagamento (di cui all’acronimo EAP), campagna
denominata “NOEAP”, a mezzo della quale ledeva la reputazione di Lovati Stefania, nella
sua veste di rappresentante ed amministratrice della casa editrice “Zerounoundici”,
pubblicando, in particolare:
-asserzioni nel citato sito internet, con le quali gli editori a pagamento, tra i quali la parte
civile, erano definiti con gli epiteti quali “cloache editoriali”, “truffatori”, “signori truffa”,
“cosche mafiose”, “strozzini” e simili;
-immagini frutto di montaggio, riferibili alla Lovati, atte a ridicolizzare la stessa;
– asserzioni con le quali la casa editrice 011 come “stampatore editore che non offre
distribuzione e produzione e produttore di libri di pessima qualità;
– epiteti quali “arpia”, “repressa del cazzo”, “urticante peggio di una medusa”, “non ha
altro da dire che non siano le solite stronzate”.
1.2. La Corte d’appello ed il primo giudice, evidenziavano, tra l’altro, – oltre alla portata
offensiva di gran parte delle affermazioni riportate nel sito wwvv.writersdrearrLorg nei
confronti della Lovati- che tale sito, pur non avendo caratteristiche di informazioni
ascrivibili alla “stampa”, nondimeno costituiva la base per la costruzione di un gruppo
settoriale di interesse, composto da scrittori esordienti, o aspiranti tali, mediante la
discussione di temi comuni; da ciò derivava che era possibile ricomprendere in esso
quella comunicazione con più persone e quella utilizzazione del mezzo della stampa di cui
all’art. 595, commi primo, secondo e terzo c.p.; sussisteva, poi, la responsabilità diretta
dell’imputata, non mediata dai criteri di cui all’art. 57 c.p., per la disponibilità
dell’amministrazione del sito Internet, che la rendeva responsabile di tutti i contenuti di
esso accessibili dalla rete, sia quelli inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti da utenti;
l’imputata, inoltre, non si era limitata ad ospitare sul sito in questione gli interventi di
altre persone, ma era l’ideatrice, l’ispiratrice e l’animatrice della campagna “NOEAP”
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della costituita parte civile Lovati Stefania, ridotto ad Euro 2000,00.

contro le case editrici a pagamento, che si risolveva in una campagna contro la casa
Editrice “Zerounoundici”, sicchè, anche se non era stata materialmente ella ad usare
quegli epiteti offensivi rivolti alla Lovati, nondimeno approvava quei contenuti e li
condivideva, come dimostrato dal fatto che non risultavano delle scuse successive
all’interessata, né alcuna comunicazione sul sito.
2. Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo
del suo difensore di fiducia, lamentando:
-con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett. b) ed e)

non è l’autrice materiale della diffamazione, ma la titolare del sito, che ha permesso la
diffusione di contenuti diffamanti, è stato attribuito un ruolo di garanzia all’imputata,
assimilando di fatto la figura del titolare del sito a quella del direttore del giornale, che
ex art. 57 c.p. risponde per la mancata vigilanza in ordine ai contenuti degli articoli
pubblicati; più specificamente la Corte d’appello, prima avrebbe negato una
responsabilità indiretta dell’imputata, ma poi ha ritenuto di fatto la sua responsabilità
per aver omesso i necessari controlli sul sito, tanto da aver permesso/approvato
determinati contenuti e, quindi, anche per diffamazione a mezzo stampa e con
l’aggravante del fatto determinato; si tratta, invero, di una valutazione illogica e,
comunque, non è possibile equiparare in via interpretativa la responsabilità dell’imputata
a quella del direttore del giornale, determinando cioè una fattispecie di reato non prevista
dalla legge;
– con il secondo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett. b) ed
e) c.p.p., in relazione all’art. 110 c.p.; l’imputata risulta contraddittoriamente condannata
per un concorso morale con ignoti, mai formalmente contestato, in mancanza di prova
che gli autori materiali delle diffamazioni siano stati certamente ispirati dalla giovane,
piuttosto che essi abbiano agito per livore personale verso la persona offesa;
– con il terzo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606, primo comma, c.p.p. lett.
c), in relazione all’art. 604 c.p.p., comma 4, 179 e 178 c.p.p. lett. a), atteso che l’aver
un giudice ordinario giudicato l’imputata per fatti- reato asseritamente commessi quando
la stessa era ancora minorenne, costituisce una nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. in
relazione all’art. 178 c.p.p., lett. a), in quanto attinente alle condizioni di capacità del
giudice; ne consegue che la sentenza della Corte d’appello che, in luogo di annullare
completamente la sentenza impugnata, rinviando gli atti al primo giudice, annulla solo
parzialmente la sentenza di primo grado, viola l’art. 604 c.p.p. in relazione agli art. 179,
comma primo, e 178 c.p.p. lett.a) c.p.p.;
– con il quarto ed ultimo motivo, la ricorrenza dei vizi di cui all’art. 606, primo comma,
c.p.p. lett. b) ed e) c.p.p. in relazione all’art. 69 c.p. e 595, comma secondo, c.p., atteso
che la Corte territoriale, pur avendo evidenziato di parificare le circostanze attenuanti con
le aggravanti, pare aver considerato la pena base come aggravata e quindi averla
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c.p.p., in relazione all’art. 57 c.p.; invero, per poter processare e condannare colei che

diminuita per effetto delle generiche, invece di applicare la pena base, aumentarla per la
continuazione e diminuirla per effetto delle generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui si dirà.
1. Va in ordine logico esaminato innanzitutto il terzo motivo di ricorso, con il quale si
censura la scelta della Corte territoriale di annullare la sentenza del primo giudice
limitatamente ai fatti commessi dall’imputata quando era minore e non l’intera sentenza
pur ricorrendo un’ipotesi di nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. in relazione all’art. 178

è senz’altro priva di fondamento, atteso che la questione di nullità si poneva – ed è stata
correttamente risolta dalla sentenza impugnata con la relativa declaratoria esclusivamente per le condotte poste in essere dall’imputata quando era ancora minore,
mentre alcuna nullità si pone per le condotte poste in essere dall’imputata quando è
divenuta maggiorenne essendo competente a giudicarle il Tribunale ordinario. Sul punto
deve evidenziarsi come alla competenza del giudice ordinario al compimento della
maggiore età dell’imputato non possa derogarsi neppure in caso di reato continuato
commesso in parte quando l’imputato era minore ed in proposito questa Corte aveva
segnalato in passato che qualora i reati attribuiti all’imputato siano stati commessi prima
e dopo il compimento del diciottesimo anno d’età in esecuzione di un medesimo disegno
criminoso, il protrarsi della continuazione oltre il limite dell’età minore rende competente
il giudice ordinario (Sez. 1, n. 1626 del 22/05/1985, Rv. 169728).
1.1. Allo stato, anche a seguito anche dei principi affermati dalla Corte Costituzionale
con la sentenza n. 222 del 1983 -che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, per
contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 9 r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, convertito con
modificazioni nella legge 27 maggio 1935 n. 835, nella parte in cui sottrae alla
competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti penali a carico di minori
coimputati con maggiorenni per concorso nello stesso reato, evidenziando come a
seguito dell’orientamento desumibile dall’attuale normazione penale verso
un’attenuazione della rilevanza della connessione ai fini dell’attribuzione della
competenza e rivedendosi la precedente giurisprudenza costituzionale in materia, risulti
carente di adeguata giustificazione, non potendosi più dire prevalente l’esigenza del
simultaneus processus rispetto alla finalità perseguita con l’ istituzione di un giudice
specializzato per gli imputati minorenni la quale ultima, invece, va riconosciuta
preminente, la deroga residua (a seguito della sent. Cost. n. 198 del 1972) alla generale
competenza del Tribunale per i minorenni per i minori coimputati con maggiorenni per
concorso nello stesso reato- deve ritenersi senz’altro più corretta la soluzione del
frazionamento delle condotte distinguendo quelle poste in essere prima e dopo la
maggiore età.

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c.p.p., lett. a), in quanto attinente alle condizioni di capacità del giudice. Tale eccezione

1.2. Il Tribunale per i minorenni non potrebbe giudicare le condotte dell’imputato
maggiorenne e così al contrario il Tribunale ordinario non potrebbe giudicare le condotte
dell’imputata quando era minore, sicchè appare recessiva in tale contesto la prevalenza
dell’unico processo (innanzi al Tribunale ordinario o per i minorenni) in considerazione
della ricorrenza di un reato continuato, rispetto al frazionamento che attribuisca al giudice
specializzato la condotta rientrante nel segmento della minore età appunto.
2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso meritano accoglimento in base alle seguenti
precisazioni.

delle sentenze di merito circa la responsabilità dell’imputata in relazione al tenore
dell’imputazione.
2.1. La Rando, secondo quanto riportato nell’imputazione (che non risulta modificata o
specificamente interpretata dai giudici di merito), è pacificamente l’amministratrice del
sito internet www.Writersdream.org attraverso il quale sono state diffuse notizie e scritti
diffamatori nei confronti delle case editrici a pagamento ed in particolare di Lovati
Stefania, nella sua veste di rappresentante ed amministratrice della casa editrice
“Zerounoundici” ; la suddetta imputazione, poi, richiama l’aggravante di cui l’art. 13 L.
1948/47, in tema di legge sulla stampa che non risulta espressamente esclusa.
Sul punto, occorre innanzitutto precisare, alla luce dei principi affermati dalle S.U. di
questa Corte (Sez.

U, n. 31022 del 29/01/2015), che solo la testata giornalistica

telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra
nella nozione di “stampa” di cui all’art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Invero,
l’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata del termine “stampa” non può
riguardare tutti in blocco i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del
pensiero

(forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list,

pagine

Facebook),

a

prescindere dalle caratteristiche specifiche di ciascuno di essi, ma deve rimanere
circoscritto a quei soli casi che, per i profili strutturale e finalistico che li connotano, sono
riconducibili nel concetto di “stampa” inteso in senso più ampio. Deve tenersi, infatti, ben
distinta, l’area dell’informazione di tipo professionale, veicolata per il tramite di una
testata giornalistica on line, dal vasto ed eterogeneo ambito della diffusione di notizie ed
informazioni da parte di singoli soggetti in modo spontaneo, tra cui: il forum/ bacheca
telematica, che è un’area di discussione, in cui qualsiasi utente o i soli utenti registrati
(forum chiuso) sono liberi di esprimere il proprio pensiero, rendendolo visionabile agli
altri soggetti autorizzati ad accedervi, attivando così un confronto libero di idee in una
piazza virtuale; il

blog (contrazione di weblog, ovvero “diario in rete”), che è una sorta

di agenda personale aperta e presente in rete, contenente diversi argomenti ordinati
cronologicamente; i social-network che sono un servizio di rete sociale, lanciato nel 2004
e basato su una piattaforma software

scritta in vari linguaggi di programmazione; la

newsletter, che è un messaggio scritto o per immagini, diffuso periodicamente per posta
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Ed invero va innanzitutto registrata una confusione quanto al percorso argomentativo

elettronica e utilizzato frequentemente a scopi pubblicitari; i newsgroup, che sono spazi
virtuali in cui gruppi di utenti si trovano a discutere di argomenti di interesse comune; la
mailing list, che è un metodo di comunicazione, gestito per lo più da aziende o
associazioni, che inviano, tramite posta elettronica, a una lista di destinatari interessati
e iscritti informazioni utili, in ordine alle quali si esprime condivisione o si attivano
discussioni e commenti. Tutte le forme di comunicazione telematica testé citate sono
certamente espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21,
primo comma, Cost.), ma non possono godere delle garanzie costituzionali in tema di

alle tutele e agli obblighi previsti dalla normativa sulla stampa.
2.2. Tanto precisato, si osserva che non potendo per le ragioni dette assimilarsi
l’amministratore di un sito internet ad alcuna delle specifiche figure di soggetti
responsabili dei reati commessi col mezzo della stampa (art. 57 c.p.), quali il direttore o
vice-direttore responsabile, occorre individuare a quale titolo l’amministratore del sito
internet può rispondere del reato di diffamazione.
Sul punto, in mancanza di norme- come per i reati commessi con la stampa periodica- il
reato di diffamazione può essere ascritto all’amministratore del sito in base alla previsione
secondo le regole comuni o perché autore della stessa o quale concorrente dell’autore
materiale.
2.3. La sentenza di primo grado, dopo aver formalmente escluso alla pg. 3 l’attribuzione
all’imputata della responsabilità mediata dai criteri di cui all’art. 57 c.p., ha erroneamente
concluso nel senso che la disponibilità dell’amministrazione del sito internet rende
l’imputata responsabile di tutti i contenuti di essi accessibili dalla rete, sia quelli inseriti
da lei stessa, sia quelli inseriti dall’utente, non essendo idonea ad escludere la
responsabilità penale dell’ imputata la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilità
agli autori dei commenti, contenuta nel regolamento di natura esclusivamente privata
per l’utilizzazione del sito; la sentenza impugnata, invece, dopo aver condiviso con il
primo giudice la natura offensiva delle affermazioni ricorrenti sul sito amministrato
dall’imputata ed aver dato atto del “sentiero alquanto contorto indicato dal primo giudice,
ha poi ambiguamente evidenziato come l’imputata non possa sottrarsi alle sue
responsabilità in ordine alla diffamazione tramite Internet commessa in danno di Stefania
Lovati, in quanto era lei ad essere ideatrice di quella campagna “NO EAP”contro le case
editrici a pagamento e contro la Zeroundici, nonché era lei ad amministrare un forum che
ha coinvolto la Zeroundici in tale elenco e di tale forum risulta essere l’ispiratrice ed
animatrice; in particolare, anche se non è da indentificarsi in “Nayan”, pseudonimo dietro
cui si nasconde proprio colui o colei che materialmente ha usato quegli epiteti offensivi
rivolti alla Lovati, l’imputata ha tuttavia condiviso quei contenuti posto che non risultano
pubblicate scuse successive alle stesse comunicazioni offensive.

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sequestro della stampa. Rientrano, infatti, nei generici siti Internet che non sono soggetti

2.4. Dal suddetto argomentare non si comprende all’evidenza di quali affermazioni
ingiuriose nei confronti della Lovati l’imputata sia autrice, né da quali elementi possa
specificamente dedursi la sua responsabilità concorsuale con gli autori materiali della
diffamazione (allo stato ignoti), non potendo l’animazione di un forum in sé determinare
la corresponsabilità penale per le frasi o scritti ad altri materialmente riferibili, in assenza
di elementi specificamente enunciati che denotino la sua coscienza e volontà nell’attività
diffamatoria.
3. La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo esame ad altra

Resta assorbito nella presente valutazione l’esame del quarto motivo di ricorso relativo
al trattamento sanzionatorio.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte
d’appello di Milano.
Così deciso il 19.2.2019
Il Consigliere estensore
os2 Pezzullo

Il Presidente
Carlo Zaza

Sezione della Corte d’appello di Milano.

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