Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16743 del 13/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16743 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi proposti dal difensore di:
Plescia Vito, nato a Piana degli Albanesi, il 25/5/1975;
Plescia Felice, nato a Piana degli Albanesi, il 22/12/1943;

avverso la sentenza del 5/4/2016 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per la parte civile l’avv. Carlo Borello, che ha concluso per l’inammissibilità dei
ricorsi.

1

Data Udienza: 13/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano ha confermato, anche agli
effetti civili, la condanna di Plescia Vito e Plescia Felice per il reato di bancarotta
fraudolenta patrimoniale commesso nella rispettiva qualità di amministratore di fatto e
di amministratore di diritto de La Plaza Central Sri, fallita nel corso del 2009.
2. Avverso la sentenza ricorrono i due imputati con atti autonomi a firma del comune

vengono dedotti errata applicazione della legge penale e vizi della motivazione in
merito alla mancata revisione del giudizio di bilanciamento tra la contestata aggravante
della pluralità dei fatti di bancarotta e le attenuanti generiche. Il ricorso del Plescia
Felice articola invece due motivi II primo è sostanzialmente sovrapponibile a quello
proposto nell’interesse di Plescia Vito, mentre con il secondo vengono dedotti errata
applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla denegata
concessione della sospensione condizionale, nonostante la non ostatività al
riconoscimento del beneficio del precedente evocato dalla Corte territoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da Plescia Vito è inammissibile. Le statuizioni relative al giudizio
di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale
tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente
motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione
dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della
pena irrogata in concreto. (Sez. Un., n. 10713 del 25 febbraio 2010, Contaldo, Rv.
245931). In tal senso deve ritenersi che la Corte territoriale abbia adeguatamente
giustificato la conferma del giudizio di bilanciamento formulato in primo grado,
motivando logicamente sull’irrilevanza dell’adempimento da parte dell’imputato degli
obblighi impostigli dalla legge fallimentare. Motivazione che il ricorrente ha solo
assertivamente contestato.
2. Inammissibile è anche il primo motivo del ricorso di Plescia Felice, che in maniera
ancora più generica del coimputato ha contestato la motivazione della sentenza
impugnata in punto di bilanciamento delle circostanze. Colgono invece nel segno le
doglianze proposte dal ricorrente con il secondo motivo. Infatti la Corte territoriale, nel
rigettare la richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, si è
limitata a giustificare la propria decisione invocando il precedente da cui l’imputato è
I

difensore. Con il ricorso proposto nell’interesse di Plescia Vito, con unico motivo,

gravato, senza precisare se lo ha considerato formalmente ostativo all’applicazione del
beneficio – il che non è, trattandosi di condanna alla sola pena pecuniaria – ovvero se
lo ha ritenuto altrimenti espressivo della sua pericolosità – il che, attesa la natura e la
risalenza del reato cui si riferisce, doveva quantomeno essere adeguatamente
motivato.
3. In conclusione, con riguardo a Plescia Felice e limitatamente alla sospensione
condizionale della pena, la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione

deve essere dichiarato inammissibile, così come quello di Plescia Vito, il quale deve
altresì essere condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento della
somma ritenuta equa di 2.000 euro in favore della Cassa delle Ammende. La richiesta
di refusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile deve invece essere
rigettata, posto che la stessa non aveva alcun interesse a costituirsi nel giudizio di
legittimità, avendo gli imputati proposto esclusivamente censure attinenti al
trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Plescia Felice limitatamente alla
sospensione condizionale della pena e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di
Milano per nuovo esame. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di Plescia Vito che condanna ittrIZEEEM al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle
Ammende.
Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 13/2/2018
Il Consiglier

epositato in Cancelleria
‘stordii

Roma, lì

Il Presidente
Grazia9pntigiià

della Corte d’appello di Milano per nuovo esame. Nel resto il ricorso di Plescia Felice

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