Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16741 del 14/01/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16741 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FINOCCHIARO ALDO LUCIANO N. IL 20/11/1949
avverso l’ordinanza n. 64/2015 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
25/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALFREDO
GUARDIANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

ct.teLuu,

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/01/2016

FATTO E DIRITTO

1. Con la ordinanza di cui in epigrafe la corte di appello di
L’Aquila, dichiarava l’inammissibilità della richiesta di revisione

16.1.2014, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal
tribunale di Ascoli Piceno il 13.1.2010, aveva condannato
Finocchiaro Aldo Luciano alle pene, principale ed accessorie,
ritenute di giustizia, in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale, sentenza passata in giudicato il
4.12.2014.
La corte territoriale evidenzia come la richiesta di revisione esula
dal perimetro fissato dagli artt. 629 e ss., c.p.p., in quanto le
questioni con essa proposte (inconciliabilità della condanna con
l’assoluzione del coimputato; l’avvenuta consegna della
documentazione contabile della società dichiarata fallita; il dovere
per il giudice penale di accertare la sussistenza dei presupposti
per dichiarare il fallimento della società facente capo al
Finocchiaro), da un lato erano già state affrontate dai giudici di
merito, dall’altro avrebbero dovuto, in ogni caso, essere sollevate
attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione.
2. Avverso la suddetta, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
tempestivo ricorso per cassazione il Finocchiaro a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Antonio Di Blasio, del Foro di Pescara,
lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine ai
profili che hanno formato oggetto di valutazione da parte della
corte territoriale.
3. Con requisitoria depositata il 14.9.2015 il sostituto procuratore
generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, nella

della sentenza con cui la corte di appello di Ancona, in data

persona della dott.ssa Paola Filippi, chiede che il ricorso sia
dichiarato inammissibile.
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 581, co. 1, lett. c), e 591, co. 1, lett. c),

riproponendo acriticamente le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dai giudici del gravame, devono considerarsi
non specifici, ma, piuttosto, meramente apparenti, in quanto non
assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza
oggetto di ricorso.
La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza,
ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate della decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di
mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, co. 1,
lett. c), c.p.p., all’inammissibilità (cfr. Cass., sez. IV, 18.9.1997 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Cass., sez. V, 27.1.2005 25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Cass., sez. V, 12.12.1996, n.
3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).
Peraltro, come correttamente rilevato dal pubblico ministero,
manifestamente infondato è il rilievo sulla omessa valutazione da
parte della corte territoriale dei requisiti di fallibilità.
Come da tempo chiarito dalla Suprema Corte nella sua
espressione più autorevole, infatti, il giudice penale investito del
giudizio relativo a reati di bancarotta ex artt. 216 e seguenti R.D.
16 marzo 1942, n. 267 non può sindacare la sentenza dichiarativa
di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di

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c.p.p., trattandosi di impugnazione fondata su motivi che,

insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle
condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, sicché le
modifiche apportate all’art. 1 R.D. n. 267 del 1942 dal D.Lgs. 9
gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non

penali in corso (cfr. Cass., sez. un., 28/02/2008, n. 19601, rv.
239398).
5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese
del procedimento e della somma di euro 1000,00 a favore della
cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che
l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non
consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella
determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr.
Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14.1.2016.

esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 cod. pen. sui procedimenti

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