Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16727 del 30/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16727 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI MICHELE FILIPPA N. IL 03/10/1957
avverso la sentenza n. 4521/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
19/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
enerale in persona del Dott.
Udito il Procurato
che ha conci,
per

Udito, per la pa civile, l ‘Avv
Udit i

dife or Avv.

Data Udienza: 30/03/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott.ssa M. Di Nardo, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso. Udito altresì per la ricorrente l’avv. S. Guglielmi, che si è riportato ai
motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 10/10/2012, il Tribunale di Roma dichiarava Di

danno di Cotura Mario, condannandola alla pena di giustizia e al risarcimento dei
danni in favore della parte civile. Investita dell’appello dell’imputata, con
sentenza deliberata il 19/02/2015, la Corte di appello di Roma ha riqualificato il
fatto di estorsione a norma dell’art. 393 cod. pen., rideterminando la pena
irrogata nella misura di anni 2 e mesi 3 di reclusione (pena base, con le
circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate circostanze
aggravanti, per il reato di lesioni: anni due di reclusione; aumentata di mesi 3
per la continuazione con il reato di cui all’art. 393 cod. pen.) e confermando nel
resto la sentenza di primo grado.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione Di Michele Filippa, attraverso il difensore avv. S.
Guglielmi, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Il primo motivo denuncia violazione degli
artt. 81, 582 e 133 cod. pen. e vizi di motivazione. La Corte di appello doveva
partire dalla pena base del reato di cui all’art. 582 cod. pen. e non ha motivato la
decisione di partire dalla pena di 2 anni di reclusione, tanto più che il minimo
della pena per il delitto residuale è di mesi 3. Il secondo motivo denuncia vizi di
motivazione in ordine alla mancata prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche: la motivazione della Corte di appello, che richiama implicitamente
quanto enunciato in precedenza, non soddisfa la disciplina di cui all’art. 132 cod.
pen., tanto più che la sentenza ha valutato le discrasie della parte civile come
garanzia di genuinità del narrato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato, posto che la Corte distrettuale
ha motivato la determinazione della pena base per il più grave reato di lesioni
richiamando, nel quadro dei criteri commisurativi di cui all’art. 133 cod. pen., la
gravità del fatto e le conseguenze causate alla persona offesa, le une e l’altra

2

Michele Filippa responsabile dei reati di estorsione e di lesioni personali gravi in

diffusamente messe in luce dalla sentenza impugnata, che ricostruisce i fatti in
termini non contestati dalla ricorrente. Del tutto inconferenti sono le
considerazioni del ricorso in ordine alla giurisprudenza di questa Corte in merito
all’individuazione del reato più grave a norma dell’art. 81 cod. pen.
Del pari inammissibile è il secondo motivo, che richiama valutazioni dei
giudici di merito in termini del tutto privi di correlazione con le argomentazioni
svolte dalla Corte distrettuale sul punto in questione, laddove le ulteriori censure
sono manifestamente inidonee ad inficiare la motivazione della sentenza

richiamato vari elementi, tra i quali la complessiva gravità della vicenda e
l’assenza di qualsiasi manifestazione di resipiscenza in capo alla ricorrente.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 a favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso il 30/03/2016.

impugnata, che, a conferma del giudizio di equivalenza ex art. 69 cod. pen., ha

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