Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16725 del 30/01/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16725 Anno 2018
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MORELLI FRANCESCA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DOMINGO LEONARDO nato il 12/08/1968 a ALCAMO
CHIOVARO STEFANIA nato il 07/04/1975 a PRATO
RIZZO ANGELO nato il 13/02/1964 a ALCAMO
RASPANTI GIACINTO nato il 11/04/1956 a ALCAMO
D’ANGELO VITO nato il 18/09/1969 a ALCAMO
LO MONACO FRANCESCO nato il 20/10/1989 a ALCAMO
MAENZA NUNZIA nato il 24/09/1954 a CAMPOREALE
D’ANGELO DOMENICO nato il 16/07/1974 a ALCAMO

avverso la sentenza del 18/03/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore
L’AVV.TO VIRGONE SI RIPORTA ALLA MEMORIA CONCLUSIONALE CHE
DEPOSITA CON NOTA SPESE

Data Udienza: 30/01/2018

L’AVV.TO GALATI SI RIPORTA AL RICORSO
L’AVV.TO LAURIA CHIEDE L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO
L’AVV.TO FIORENZA CHIEDE L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO
L’AVV.TO SBACCHI SI RIPORTA AL RICORSO
L’AVV.TO GIUSEPPE FABIO CHIEDE L’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO IN

SUBORDINE L’ANNULLAMENTO SENZA RINVIO PER PRESCRIZIONE

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RITENUTO IN FATTO

1. La vicenda definita con la sentenza della Corte d’Appello di Palermo pronunciata il
18.3.2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trapani del 10.12.13,
riguarda, in tesi d’accusa, una associazione a delinquere volta alla perpetrazione di
più reati di truffa aggravata in danno di Compagnie di assicurazione, attraverso la
presentazione di richieste di risarcimento danni a seguito di sinistri stradali

testimonianze, ovvero di lievissima entità, di cui venivano artatamente aggravati gli
esiti mediante l’allegazione di falsi certificati medici rilasciati da medici specialisti, e
false fatture attestanti l’esistenza di gravi lesioni e di prolungate e costose terapie,
ciò al fine di assicurarsi un illecito ed ingente profitto costituito dalle somme
liquidate dalle compagnie assicurative ( capo A).
Sono, inoltre, contestati agli imputati i reati fine che verranno esaminati per ciascun
ricorrente, costituiti essenzialmente da truffe e falsi.
Si è ritenuto, da parte dei giudici di merito, che l’associazione a delinquere facesse
capo allo studio legale dell’avv. Fazio, deceduto, nell’ambito del quale operava
Domingo Leonardo, il quale tesseva gli accordi con gli altri partecipi e con coloro
che, coinvolti in sinistri stradali, aderivano allo schema truffaldino.
Le fonti di prova sono state individuate prevalentemente in intercettazioni
telefoniche ed ambientali e in acquisizioni documentali.
Gli esiti processuali verranno di seguito esaminati soltanto con riguardo alle
posizioni dei ricorrenti.

2.

Quanto a Domingo Leonardo, la condanna inflitta in esito al giudizio di primo

grado è stata confermata in ordine al delitto di associazione a delinquere contestato
al capo A), con la qualifica di organizzatore e promotore, nonché in ordine agli
ulteriori reati di cui ai capi L) — tentata truffa aggravata in danno della Compagnia
Toro assicurazioni ed in relazione ad un risarcimento danno in favore di Chiovaro
Stefania- ; N) – tentata truffa aggravata in danno della Compagnia Direct Line
assicurazioni ed in relazione ad un risarcimento danno in favore di Lo Giudice Delia; Q) — truffa aggravata in danno della Compagnia Vittoria assicurazioni ed in
relazione ad un risarcimento danno in favore di Lo Monaco Francesco -; V) tentata
truffa aggravata in danno della Compagnia Vittoria assicurazioni ed in relazione ad
un risarcimento danno in favore di D’Angelo Vito- ; Aa) – tentata truffa aggravata in
danno della Compagnia Assitalia assicurazioni ed in relazione ad un risarcimento
danno in favore di Maenza Nunzia.
1

inesistenti, attestati attraverso la predisposizione di false denunce e false

Vi è stata anche conferma della condanna al risarcimento dei danni nei confronti
delle Compagnie di assicurazione costituite parte civile.
Il ricorso proposto dal difensore di Domingo si articola su quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 103, 191, 266 e 271
c.p.p. e degli artt. 14 e 24 Cost. in relazione ai provvedimenti di autorizzazione e di
proroga delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Si sostiene che:

indizi nei confronti del Domingo, limitandosi ad esaminare altre posizioni, e non
specificava che l’utenza fissa intestata a Domingo risultasse a servizio dello studio
Fa zio
– la richiesta di autorizzazione poi recepita dal decreto n.185/08 disponeva le
intercettazioni ambientali all’interno dell’ufficio in uso a Domingo senza specificare
che la captazione avrebbe dovuto essere eseguita presso lo studio in cui l’avv.Fazio
esercitava la propria attività professionale
– il decreto n.149/08 viola l’art.266 c.p. essendo stato emesso in relazione al reato
di cui all’art.416 c.p. , che non consente tale mezzo di investigazione
– le intercettazioni ambientali disposte con il decreto n.185/08 sono inutilizzabili in
quanto effettuate in un luogo che rientra nella nozione dell’art.614 c.p., vale a dire
lo studio professionale dell’avv.Fazio
– il GIP ha emesso un unico provvedimento di proroga, in data 7.1.09 alle ore 12, in
ordine ad entrambi i decreti autorizzativi in scadenza ( n.149/08 e n.185/08) e
prima che la proroga venisse richiesta dal PM, con atto depositato quello stesso
giorno ma alle ore 12,50
– l’illegittimità di quel decreto di proroga, emesso in assenza di una preventiva
richiesta da parte del PM, determina l’illegittimità di tutte le successive proroghe

il ricorrente operava come ausiliario dell’avv.Fazio, sicché avrebbero dovuto

essergli estese le garanzie che l’ordinamento processuale riconosce ai professionisti
allo scopo di evitare interferenze nella funzione difensiva, in tal senso, i decreti
autorizzativi contrastano con le norme costituzionali indicate in premessa.
2.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in
ordine alla affermazione di penale responsabilità quanto al reato di associazione a
delinquere.
Si sostiene che la prova del reato associativo è stata desunta dalla commissione dei
reati fine e che, a seguito del giudizio di appello, ben pochi di tali reati sono stati
ritenuti sussistenti e rappresentano, comunque, fatti banali, essendo relativi ad una
sola truffa ed a quattro tentativi di truffa.

2

– la richiesta di autorizzazione poi recepita dal decreto n.149/08 non indicava i gravi

Le prove raccolte dimostrerebbero semplicemente il ricorso ad espedienti con finalità
di lucro e nulla di più, senza che alcun accordo stabile di carattere economico fosse
intervenuto fra quelli che sono stati ritenuti gli aderenti all’associazione.
Si contesta, altresì, la qualifica di promotore ed organizzatore del sodalizio
criminoso, ritenuta sussistente in capo a Domingo, in quanto non provata, non
risultando che il ricorrente abbia svolto una funzione di coordinamento dell’attività
degli associati per assicurare la vita e l’efficienza dell’associazione.

riguardo alla affermazione di penale responsabilità quanto ai reati fine.
Si analizzano, per ciascuno di essi, le risultanze processuali per trarne conclusioni
diverse da quelle raggiunte dai giudici di merito
2.4. Con il quarto motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali con
riguardo al trattamento sanzionatorio, anche in relazione al mancato riconoscimento
delle attenuanti generiche.

3. Quanto a Rizzo Angelo, medico ortopedico, la condanna inflitta in esito al giudizio
di primo grado è stata confermata per il reato associativo nonché per la tentata
truffa relativa alle prestazioni in favore di Chiovaro Stefania ( capo L), per la
formazione di falsi certificati medici rilasciati alla Chiovaro ( capo M I art.481 c.p.),
per le ulteriori tentate truffe contestate ai capi V) e Aa).
Il ricorso proposto dal suo difensore si articola su tre motivi.
3.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali quanto
alla condanna per il reato associativo, in quanto si sostiene che il provvedimento
impugnato omette di accertare in concreto la sussistenza dell’elemento soggettivo
del reato e di chiarire da quali elementi di prova emerge- quella continuità,
frequenza, intensità dei rapporti con gli altri soggetti presunti aderenti
all’associazione, nonché la predisposizione di mezzi finanziari.
Secondo il ricorrente, dalle conversazioni citate nella sentenza impugnata
emergerebbe l’estraneità del Rizzo agli accordi fra gli interlocutori ed i giudici di
merito avrebbero omesso di considerare che non vi fu mai alcun contatto fra costui
ed il Domingo, né risulta dimostrata una sua partecipazione agli utili della presunta
associazione e, infine, che costui è stato assolto dalla gran parte dei reati fine
inizialmente addebitatigli.
3.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali
riguardo alla condanna per i reati di cui ai capi L) ed M).
In particolare, si sostiene che, per essere configurabile il delitto di falso ex art 481
c.p. nei giudizi di valutazione medica, è necessario che le diagnosi siano smentite da

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2.3. Con il terzo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali con

dati anamnestici, clinici e dagli accertamenti diagnostici; al contrario, nell’ambito del
procedimento non sarebbe emerso alcun dato certo che contrasti con quanto
attestato dal dr.Rizzo, e l’accusa si fonderebbe semplicemente sul contenuto di
conversazioni a cui è estraneo il ricorrente.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso si censura l’omessa motivazione in ordine
all’appello che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, riguardava

4. Quanto a D’Angelo Vito, amministratore di un centro privato di fisioterapia, la
condanna inflitta in esito al giudizio di primo grado è stata confermata per il reato
associativo e per la tentata truffa relativa alle prestazioni in favore di Chiovaro
( capo L).
Il ricorso, proposto dal difensore, deduce violazione di legge e vizi motivazionali in
relazione alla condanna per entrambi i reati.
4.1. Si sottolinea che la partecipazione del D’Angelo al sodalizio criminoso era stata
ritenuta provata in ragione della sua partecipazione ai reati fine, inizialmente
contestati come sette episodi di truffa, dai quali tuttavia egli era stato assolto,
residuando la sola tentata truffa relativa alla vicenda Chiovaro, del tutto inidonea a
dimostrare un coinvolgimento del ricorrente nell’asserito programma criminoso.
Per altro verso, non sarebbe possibile desumere elementi di colpevolezza da una
conversazione avvenuta fra Domingo e tale Provenzano, a cui il ricorrente era del
tutto estraneo.
D’Angelo avrebbe agito sempre perseguendo un proprio interesse economico
personale, convergente con quello di Domingo ma certamente autonomo e non
riconducibile al supposto sodalizio.
In ordine al tentativo di truffa di cui al capo L), si osserva che le conversazioni citate
dai giudici di merito non evidenziano un accordo fraudolento fra D’Angelo e Rizzo,
quanto piuttosto che D’Angelo, del tutto legittimamente, favoriva i clienti dello
studio Fazio consentendo loro di pagare la fisioterapia soltanto dopo avere ottenuto
il risarcimento del danno.
Peraltro, le prove acquisite avrebbero dimostrato l’assoluta correttezza della
diagnosi posta alla Chiovaro.

5. Quanto a Chiovaro Stefania, la condanna inflitta in esito al giudizio di primo grado
è stata confermata in ordine ai reati di cui ai capi L) ed M).
Il ricorso, proposto dal difensore, si articola su tre motivi.
5.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in
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anche l’affermazione di responsabilità per i capi V) e Aa).

quanto, dalle trascrizioni delle conversazioni intercettate, non emergerebbe alcuna
prova circa l’inesistenza delle lesioni patite dalla ricorrente in conseguenza del
sinistro denunciato alla compagnia assicuratrice né dell’inesistenza della terapia
medica prescritta e, soprattutto, non si potrebbe desumerne la disponibilità, da
parte sua, ad amplificare artatamente le conseguenze del sinistro in modo da
ottenere un risarcimento più cospicuo.
Nè vi sarebbe prova alcuna che ella abbia simulato sintomi inesistenti, considerato,

mai coinvolti nell’indagine.
5.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali
quanto alla subordinazione della sospensione condizionale della pena allo
svolgimento di attività socialmente utile.
5.3. Con il terzo motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali in ordine
alla mancata concessione del beneficio della non menzione.

6. Anche per D’Angelo Domenico la condanna è stata confermata in ordine al reato
di cui al capo L) in quanto, quale fisioterapista, avrebbe rilasciato alla Chiovaro una
falsa fattura attestante spese per due cicli di fisioterapia, in realtà mai sostenute.
Il ricorso, proposto dal difensore dell’imputato, denunzia violazione di legge e vizi
motivazionali in quanto l’unica conversazione in cui si fa cenno alla vicenda non
dimostra che la Chiovaro non si sottopose alle sedute di fisioterapia e, d’altro canto,
le lesioni lamentate dalla paziente erano attestate da certificati medici e il D’Angelo
non era in condizione di rendersi conto dell’eventuale simulazione dei sintomi.

7.

Quanto a Raspanti Giacinto, dirigente medico presso il reparto di neurologia

dell’Ospedale S.Antonio Abate di Trapani, inizialmente imputato anche del reato
associativo ed assolto in esito al giudizio di appello, la condanna è stata confermata
in ordine ai reati di cui ai capi V) – tentata truffa aggravata in danno della
Compagnia Vittoria assicurazioni ed in relazione ad un risarcimento danno in favore
di D’Angelo Vito- ; Y) – falso nella certificazione medica rilasciata a D’Angelo Vito,
riqualificata l’originaria imputazione di cui all’art.479 c.p. nel diverso reato di cui
all’art. 481 c.p. -; Aa) – tentata truffa aggravata in danno della Compagnia Assitalia
assicurazioni ed in relazione ad un risarcimento danno in favore di Maenza Nunzia;
Ad) – falso nella certificazione medica rilasciata a Maenza, riqualificata l’originaria
imputazione di cui all’artt.479 c.p. nel diverso reato di cui all’art. 481 c.p. -.
Il ricorso, proposto dal difensore, si articola su quattro motivi.
7.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. in

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altresì, che le lesioni vennero confermate da certificati rilasciati da medici specialisti

quanto il concorso, da parte del ricorrente, nei reati di truffa o tentata truffa era
stato ipotizzato, nei capi di imputazione, con riferimento al rilascio di certificati
medici attestanti falsamente patologie inesistenti o amplificate a carico di soggetti
coinvolti in sinistri radicalmente o parzialmente fittizi.
La condanna era stata, però,

inflitta

per un fatto diverso, vale a dire la

retrodatazione dei certificati medici, che viene intesa come artificio idoneo ad
integrare la fattispecie di truffa.

retrodatazione dei certificati, e la conseguente nullità della sentenza impugnata.
7.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.581 co.1 c.p.p. in quanto
erroneamente i giudici di appello avrebbero ritenuto inammissibili i motivi aggiunti
sul capo Aa), che invece doveva ritenersi ricompreso nell’atto di appello principale,
relativo a tutte le ipotesi di truffa per cui era intervenuta condanna.
7.3. Con il terzo motivo si deduce l’assenza di motivazione in ordine alla richiesta di
declaratoria di improcedibilità in relazione alle ipotesi di truffa contestate, essendo
state escluse dalla Corte d’Appello le aggravanti di cui agli artt. 61 n.9 e 112 n.1
c.p., sicché l’azione penale non poteva essere proseguita in ordine ai reati di cui ai
capi V) e Aa) per mancanza di querela.
7.4. Con il quarto motivo si deducono l’erronea applicazione della legge penale e la
manifesta illogicità della motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio.

8. Quanto a Lo Monaco Francesco, la condanna inflitta in esito al giudizio di primo
grado è stata confermata in ordine al reato di cui al capo Q) – truffa aggravata in
danno della Compagnia Vittoria assicurazioni .
Il ricorso, proposto dal difensore, si articola su cinque motivi.
8.1. Con il primo motivo si deduce l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ritenute
essere l’unica prova a carico del ricorrente, in quanto la richiesta di autorizzazione
formulata dal PM era relativa ai soli reati di truffa, che non consente tale mezzo
investigativo, e falsa testimonianza, frutto di un vistoso errore di qualificazione
giuridica dei fatti.
Del tutto irrilevante sarebbe la circostanza che, nel decreto di autorizzazione emesso
dal GIP, si menzioni anche il reato di cui all’art.416 c.p., non indicato nella richiesta
del PM.
8.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento alla
assenza di indizi gravi, precisi e concordanti dai quali desumere l’esistenza dei fatti
contestati al capo Q).
8.3. Con il terzo motivo si eccepisce l’improcedibilità del reato, in quanto la

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Evidente sarebbe la lesione al diritto di difesa, mai intervenuta sul punto della

Compagnia Vittoria assicurazioni non ha mai proposto querela.
8.4. Con il quarto motivo si censura la mancata concessione del beneficio della non
menzione della condanna.
8.5. Con il quinto motivo si deduce l’intervenuta prescrizione del reato.

9. Quanto a Maenza Nunzia, la condanna infitta in esito al giudizio di primo grado è
stata confermata in ordine ai reati di cui ai capi Aa) e Ad), riqualificato ex art.481

Il ricorso, proposto dal difensore, si articola su quattro motivi.
9.1. Il primo motivo riguarda l’inutilizzabilità delle intercettazioni ed ha contenuto
analogo al primo motivo del ricorso Lo Monaco.
9.2. Con il secondo motivo si deducono vizi motivazionali in relazione alla
affermazione di responsabilità in ordine al reato di tentata truffa.
9.3. Con il terzo motivo si deducono vizi motivazionali in relazione alla affermazione
di responsabilità in ordine al reato di falso.
9.4 Con il quarto motivo si censura il mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti
sulle aggravanti.
9.5. Con il quinto motivo si deduce la contraddittorietà della motivazione con
riguardo alla mancata concessione del beneficio della non menzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Le eccezioni di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche formulate con il
primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di Domingo non erano state
dedotte nell’appello.
La difesa Domingo si era, infatti, limitata a contestare, in maniera assolutamente
generica e senza fare alcuno specifico riferimento ai decreti autorizzativi, il
contenuto delle conversazioni intercettate e l’identificazione degli interlocutori,
assumendo che l’attività di captazione sarebbe avvenuta in violazione delle
disposizioni di legge.
Il sindacato del giudice di legittimità nell’esame delle questioni processuali
comprende certamente il potere di esaminare gli atti per verificare la integrazione
della violazione denunziata ma non anche quello di interpretare in modo diverso,
rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti storici posti a base della
questione, se non nei limiti del rilievo della mancanza o manifesta illogicità della
motivazione (Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Rv. 230568; Sez. U, n. 42792 del
31/10/2001, Rv. 220092 ; Sez. 3, n. 32699 del 27/02/2015 Rv. 264518).

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c.p., in concorso con Raspanti.

Le questioni poste con il ricorso debbono essere esaminate alla luce di tale principio
e tenuto conto del fatto che la sanzione di inutilizzabilità opera soltanto quando sia
espressamente comminata.
1.1. Il ricorso alle intercettazioni è consentito, quando si proceda per il reato di cui
all’art.416 c.p. non aggravato, non ostandovi i limiti di pena.
Pur volendo considerare lo studio legale dell’avv.Fazio quale luogo di privata dimora,
il ricorso alle intercettazioni ambientali era giustificato dai presupposti di cui

quel luogo si stesse svolgendo l’attività criminosa; ed effettivamente pare che
proprio nello studio in cui l’avv.Fazio e Domingo collaboravano si studiassero ed
attuassero gli schemi truffaldini.
La circostanza che quel luogo si trovasse nella disponibilità o meno di Domingo è
questione in fatto che, per i motivi esposti, non può essere affrontata in questa
sede.
L’art. 103 co.5 c.p.p., nel vietare le intercettazioni delle conversazioni o
comunicazioni dei difensori, riguarda l’attività captativa in danno del difensore in
quanto tale, ha ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni inerenti
all’esercizio delle funzioni del suo ufficio e non si estende ad ogni altra
conversazione che si svolga nel suo ufficio o domicilio (Sez. 4, n. 55253 del
05/10/2016 Rv. 268618).
Infine, la questione relativa alla emissione, da parte del GIP, del decreto di
autorizzazione alla proroga delle operazioni di intercettazione in orario antecedente
rispetto a quello in cui risulta depositata presso il suo ufficio la correlata richiesta di
autorizzazione, attiene ad una mera irregolarità formale, dovendosi, al più, ritenere
non autorizzate le captazioni intervenute nei quaranta minuti trascorsi fra il deposito
del provvedimento del GIP e la ricezione della richiesta del PM.
In ogni caso, la questione è priva di rilievo, in quanto sia il decreto del GIP che la
richiesta del PM, che ne ha costituito il valido presupposto pur se depositata
quaranta minuti dopo, sono intervenute prima della scadenza dei termini del
precedente decreto autorizzativo, sicché non si è creata alcuna soluzione di
continuità.
Le questioni proposte dalla difesa Domingo in merito all’utilizzabilità delle
intercettazioni ambientali e telefoniche sono, quindi, tutte manifestamente
infondate.
1.2. Sono state proposte eccezioni relative alla utilizzabilità delle intercettazioni
telefoniche anche nel primo motivo dei ricorsi proposti nell’interesse di Lo Monaco e
Maenza.

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all’art.266 co.2 c.p.p., vale a dire l’esistenza di fondati motivi per ritenere che in

In questo caso, le eccezioni sono meramente reiterative di quelle formulate nel
gravame e non si confrontano con l’ampia motivazione data, sul punto dalla Corte
d’Appello alle pagine 22 e 24 della sentenza impugnata, in cui si osserva che:
– il PM aveva avanzato separate richieste, l’una per i reati di cui agli artt. 416, 640 e
61 n. 7, 481 e 372 nei confronti degli imputati Domingo Leonardo, Fazio Carmelo,
Rizzo Angelo, Raspanti Giacinto e D’Angelo Vito, diretta a disporre le operazioni di
intercettazioni delle conversazioni tra presenti all’interno dell’ufficio del Domingo al

assicurative, ed un altra per procedere alle operazioni di intercettazione telefonica,
relativamente all’utenza telefonica in uso al D’Angelo, al fine di acquisire ulteriori
elementi di prova in ordine al ruolo da questi svolto all’interno dell’associazione
criminosa e ai suoi rapporti con gli altri indagati
– IL GIP aveva emesso i decreti autorizzativi facendo riferimento, in entrambi i casi,
ai reati di cui agli artt. 372 e 416 c.p. che, in relazione ai limiti edittali, consentono
tale mezzo investigativo.
Da tali premesse in fatto sono state tratte conclusioni corrette sotto un profilo
processuale:
– In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, poiché l’indicazione del
titolo di reato effettuata dal PM nella sua richiesta di autorizzazione ha un carattere
generico e non vincolante, il GIP, sulla base degli atti trasmessigli a corredo della
richiesta, ben può indicare il reato che da tali atti è ipotizzabile e che consente di
avvalersi di tale mezzo di ricerca della prova, poiché ciò che conta è che il
provvedimento autorizzativo riguardi la fattispecie criminosa emergente dalle
indagini fino a quel momento compiute e che questa rientri nella categoria di quelle
tassativamente indicate dalla legge. ( Sez. 2, n. 2873 del 21/04/1997 Rv. 208755 )
– Sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni disposte in riferimento ad un titolo di
reato per il quale le medesime sono consentite, anche quando al fatto venga
successivamente attribuita una diversa qualificazione giuridica con la conseguente
mutazione del titolo in quello di un reato per cui non sarebbe stato invece possibile
autorizzare le operazioni di intercettazione (Sez. 6, n. 50072 del 20/10/2009 Rv.
245699; Sez. 1, n.24163 del 19/05/2010 Ud. Rv. 247943; Sez. 1, n. 50001 del
27/11/2009 Rv. 245977).
Le eccezioni proposte nei ricorsi Lo Monaco e Maenza sono, alla luce dei principi
enunciati, manifestamente infondate.

2. E’ reiterativa del corrispondente motivo di gravame anche l’ eccezione formulata
con il primo motivo del ricorso Raspanti.

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fine di perseguire i reati di falsa testimonianza e di truffa ai danni delle compagnie

Secondo la prospettazione difensiva, sussisterebbe un difetto di correlazione tra
accusa e sentenza laddove la falsità dei certificati medici indicati ai capi V) e Y) è
stata riscontrata nella loro retrodatazione, trattandosi di condotta non oggetto di
specifica contestazione, con conseguente violazione del diritto di difesa dell’
imputato.
L’argomento è stato ampiamente affrontato a pagina 17 della sentenza impugnata,
dove, in particolare, si è sottolineato che la retrodatazione dei certificati medici era

specificamente esaminati sul punto.
Si deve, quindi, escludere che gli

imputati non siano stati posti in grado di

difendersi, anche perché il dato obiettivo della retrodatazione dei certificati, oltre a
risultare dalle imputazioni, era stato oggetto di accertamento nel corso del
dibattimento.
Secondo l’ipotesi accusatoria, sottoposta ad attento vaglio in entrambi i giudizi di
merito, la retrodatazione dei certificati aveva la funzione di consentire ai clienti dello
studio Fazio di provare, in data prossima al sinistro, l’esistenza di lesioni in realtà
inesistenti oppure più gravi di quelle reali.
L’eccezione è, quindi, manifestamente infondata.

3. Manifestamente infondate le doglianze, contenute nel terzo motivo del ricorso
Rizzo e nel secondo motivo del ricorso Raspanti, relative alla carenza motivazionale
con riguardo all’appello sui capi V) e Aa).
I giudici di appello hanno sostenuto che la condanna per i reati indicati ai capi V) e
Aa) non era indicata fra i capi oggetto dell’appello e che, a tale mancanza, non
potevano supplire i motivi aggiunti.
Si tratta di una conclusione conforme alla costante giurisprudenza di legittimità,
secondo cui “I motivi nuovi di impugnazione devono essere inerenti ai temi
specificati nei capi e punti della decisione investiti dall’impugnazione principale già
presentata, essendo necessaria la sussistenza di una connessione funzionale tra
imotivinuovi

e

quelli

originari”

(da

ultimoSez. 6, n.45075

del 02/10/2014 ,Rv. 260666; Sez. 6, n. 6075 del 13/01/2015 Rv. 262343).
Orbene, se pure si volesse aderire alla tesi difensiva, secondo cui nell’enunciato dei
motivi di appello erano ricompresi, o comunque non esclusi, i reati di cui ai capi V) e
Aa), la circostanza, sottolineata dalla Corte d’Appello, che non fosse contenuta
nell’atto di impugnazione alcuna doglianza specifica relativa alla condanna per tali
reati, rendeva l’impugnazione inammissibile e non integrabile con i motivi nuovi che presuppongono l’amnnissibilità dell’impugnazione.

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chiaramente indicata nel capo d’imputazione ed i soggetti interessati erano stati

Non costituisce causa di nullità della sentenza il mancato esame di un motivo di
appello inammissibile per difetto di specificità dei motivi, cioè in cui non risultano
esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di
diritto poste a fondamento della decisione impugnata (Sez. U, n. 8825 del
27/10/2016, dep. 22/02/2017 Rv. 268822 ), ed in questo senso è orientata la
costante giurisprudenza di legittimità, fra cui, di recente Sez. 2, n. 29707 del
08/03/2017 Rv. 270316; Sez. 6, n. 47722 del 06/10/2015 Rv. 265878 .

irrilevante la questione proposta nel ricorso Raspanti in merito alla improcedibilità
dei reati per difetto di querela, in assenza dell’aggravante di cui all’art. 112 co.1 c.p.
La non configurabilità dell’aggravante non era stata dedotta da Raspanti ed egli non
può giovarsi dell’esclusione decisa dalla Corte d’Appello in favore di altri appellanti,
in quanto motivata dalla non provata consapevolezza, da parte di costoro, del
numero di concorrenti nel reato. Evidentemente tali considerazioni di carattere
soggettivo non possono essere estese a Raspanti, nei confronti del quale, quindi,
permane l’aggravante di cui all’art.112 co.1 c.p. con conseguente procedibilità
d’ufficio delle ipotesi di truffa a lui addebitate.

4. Il secondo e terzo motivo del ricorso Domingo; il primo motivo dei ricorsi Rizzo e
Chiovaro ; i ricorsi proposti nell’interesse di D’Angelo Vito e D’Angelo Domenico; il
secondo motivo del ricorso Lo Monaco ed il secondo e terzo motivo del ricorso
Maenza sono inammissibili, in quanto, pur denunciando formalmente violazione di
legge o vizi motivazionali, costituiscono, con tutta evidenza, reiterazione delle difese
di merito ampiamente e compiutamente disattese dai Giudici di appello, oltre che
censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla
valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a
giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del
giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se
sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi
logico-giuridici. (sez.2 n°42595 del 27.10.09, Errico).
Va, altresì, considerata la limitata possibilità di dedurre vizi motivazionali e
travisamento della prova in un caso di “doppia conforme” (da ultimo Sez. 5, n.
18975 del 13/02/2017 Rv. 269906), come pure debbono essere ricordati due
principi posti in dubbio nei ricorsi ma che sono stati, invece, correttamente applicati
dai giudici di merito:
– in materia di reati associativi, la commissione dei “reati-fine” dell’associazione, di
qualunque tipo essa sia, non è necessaria, né ai fini della configurabilità e nemmeno
11

L’inammissibilità dell’appello di Rizzo e Raspanti quanto ai capi V) ed Aa) rende

ai fini della prova della sussistenza della condotta di partecipazione (Sez. 3, n. 9459
del 06/11/2015 dep. 08/03/2016 Rv. 266710)
– gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle
quali non abbia partecipato l’imputato, costituiscono fonte di prova diretta soggetta
al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato,
previsto dall’art. 192 co.1 c.p.p., senza che sia necessario reperire dati di riscontro

5. Il secondo motivo del ricorso Rizzo è manifestamente infondato.
La difesa prospetta la questione in termini di impossibilità di configurare il reato di
falso laddove si contesti la correttezza delle valutazioni operate dal medico e si
evidenzia, oltretutto, che la diagnosi che il dr.Rizzo aveva posto nei confronti della
Chiovaro era stata confermata da altri specialisti.
Il ricorrente omette di considerare che i giudici di merito hanno ritenuto la falsità del
certificato in quanto era emerso dalle conversazioni intercettate che la Chiovaro era
stata effettivamente coinvolta in un sinistro stradale e si era accordata con Domingo
allo scopo di ottenere un risarcimento più cospicuo dalla compagnia assicuratrice,
facendo risultare lesioni più gravi di quelle patite.
I giudici di merito sostengono che dalle conversazioni intercettate emerge che la
Chiovaro venne mandata dal dr.Rizzo proprio per farsi refertare queste più gravi
lesioni ed era stata rassicurata da Donningo che il medico era d’accordo.
La falsità del certificato, quindi, è ritenuta non sulla base di una accertata difformità
fra la diagnosi posta e quella imposta dalla buona scienza medica o da altri esami
medici, quanto piuttosto sulla base di quelli che sono risultati essere i rapporti di
natura truffaldina fra le parti.
Peraltro, alle pagine 56 e 57 della sentenza, la Corte esamina in maniera
particolareggiata i certificati medici della cui falsità si tratta ed indica, per ciascuna
delle attestazioni in essi contenuta, quali siano gli elementi oggettivi di senso
contrario risultanti dagli atti.
Tali valutazioni sono contrastate dal ricorrente in termini del tutto generici e quindi
inammissibili.

6. Le censure svolte dai ricorrenti con riguardo al trattamento sanzionatorio ( quarto
motivo dei ricorsi Domingo, Raspanti e Maenza) sono inammissibili in quanto non
considerano principi ripetutamente enunciati dalla Corte di Cassazione, secondo cui:
– nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o

12

esterno (Sez. 5, n. 42981 del 28/06/2016 Rv. 268042)

sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o
superati tutti gli altri da tale valutazione ( fra le tante Sez. 6, n. 34364 del
16/06/2010 Rv. 248244)
– la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni
previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del
giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai

censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della
congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv.
259142).
Non sono rilevabili, con riguardo al trattamento sanzionatorio, carenze motivazionali
del provvedimento impugnato, né gli argomenti addotti dai ricorrenti privano di
valore gli elementi che i giudici di merito hanno ritenuto di privilegiare nella
determinazione della pena, in tutti i suoi passaggi.
6.1. Nel secondo motivo del ricorso Chiovaro ci si duole del fatto che la sospensione
condizionale della pena sia stata subordinata allo svolgimento di attività lavorativa
non retribuita, ignorando che si tratta di condizione imposta ex art.165 co.2 c.p. e
che in tal senso si era già espressa la Corte d’Appello.
6.2. Il terzo motivo del ricorso Chiovaro ed il quinto motivo del ricorso Maenza
censurano il difetto di motivazione circa il mancato riconoscimento del beneficio
della non menzione reiterando il corrispondente motivo di gravame e senza
considerare che la Corte d’Appello ne aveva escluso la meritevolezza, con
riferimento all’esistenza di precedenti penali, alla gravità dei fatti ed all’assenza di
segni di ravvedimento, con giudizio di merito espresso in termini non illogici ed
incensurabile in questa sede.

7. Il ricorso di Lo Monaco merita accoglimento in adesione al terzo motivo di ricorso.
Poichè egli è stato condannato soltanto in ordine al reato di cui al capo Q) e sono
state eliminate le aggravanti di cui agli artt. 61 n.9 e 112 n.1 c.p., il fatto è
procedibile a querela di parte e questa Corte non è in grado di stabilire, visti gli atti
trasmessi, se sia stata effettivamente proposta.
L’accertamento spetterà, quindi, al giudice di rinvio, che ne trarrà le dovute
conseguenze anche in ordine alle statuizioni civili.

8. L’inammissibilità dei ricorsi proposti nell’interesse di Domingo, Rizzo, Raspanti,
13

principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la

D’Angelo Vito, D’Angelo Domenico, Maenza e Chiovaro, preclude il rilievo della
eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez.
Un., n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266)
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna di
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa
di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Sez. 2, n.
35443 del 06/07/2007 Rv. 237957), al versamento, a favore della cassa delle

Domingo, Rizzo, D’Angelo Vito debbono altresì essere condannati alla rifusione delle
spese di difesa della parte civile oggi comparsa, Direct Line Insurance s.p.a., che,
tenuto conto della natura della causa e dell’impegno prestato, si ritiene equo
determinare euro 2.000 oltre accessori di legge.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata nei confronti di Lo Monaco Francesco e rinvia ad altra
Sezione della Corte d’Appello di Palermo per nuovo esame.
Dichiara inammissibili i ricorsi degli altri imputati che condanna, singolarmente, al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000 in favore
della Cassa delle Ammende.
Condanna Domingo Leonardo, Rizzo Angelo g D’Angelo Vito, in solido, alla rifusione
delle spese. della parte civile Direct Line Insurance s.p.a. che liquida in euro 2.000
oltre accessori di legge.
Così deciso il 30 gennaio 2018
Il Presidente
Grazia Lapalorcia
Il Consigliere est e
Francesca More

ore

Depositato in Cancelleria
Roma, lì

4

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CL) -)d.Q,/

ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2.000.

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