Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16720 del 10/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16720 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Proietti Maurizio, nato a Terni il 16/12/1960
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano 1’11/02/2015

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito, per la parte civile Curatela Fallimento “Il Punto” s.p.a., l’Avv. Concetta
Miucci, la quale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità, ovvero il
rigetto, del ricorso presentato dall’imputato;
udito per il ricorrente l’Avv. Enrico Cipriani, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Maurizio Proietti ricorre avverso la sentenza emessa
1’11/02/2015 dalla Corte di appello di Milano, recante la conferma della condanna
pronunciata dal Gip del Tribunale della stessa città, all’esito di giudizio

Data Udienza: 10/03/2016

abbreviato, nei riguardi del suo assistito.

Il processo de quo deriva da uno

stralcio della posizione del Proietti, a causa dell’opzione da lui esercitata per il
rito alternativo, nell’ambito di una complessa vicenda, che aveva portato
all’esercizio dell’azione penale nei confronti di più soggetti in relazione al
fallimento di varie società riconducibili al c.d. “gruppo Moroni”, facente capo
all’imprenditore Marco Moroni. Il ruolo dell’odierno ricorrente, in particolare, si
assumeva quello del concorrente extraneus nei reati propri degli amministratori
di diritto e/o di fatto delle società de quibus (“Il Punto” s.p.a., “Il Punto” s.n.c.,

notaio operante in San Marino, anche nel settore delle consulenze di natura
finanziaria, un articolato meccanismo di sconto di assegni post-datati; i titoli in
questione, provenienti dalle società italiane, venivano girati dal Proietti nella
veste di amministratore formale di società di diritto sanmarinese, generalmente
la “Col.Mo.” (costituita ad hoc) e talora la “Royal Castle Real Estate” (di cui erano
state rilevate le quote), entrambe riconducibili al Moroni ed al coimputato Paolo
Colafigli. All’esito, i relativi importi venivano anticipati dalla “Fincapital” s.a.,
dedotti gli interessi e le provvigioni spettanti alla predetta finanziaria
sanmarinese: secondo l’ipotesi accusatoria, inoltre, le somme così erogate non
confluivano (almeno in parte) nelle casse delle società del gruppo Moroni, ma
venivano consegnate in contanti al Colafigli ad opera dello stesso Proietti.
Con l’odierno ricorso, la difesa deduce:
violazione di legge e carenze motivazionali della sentenza impugnata
Ripercorsi i presupposti in fatto della vicenda processuale, a partire dalle
circostanze in cui il Proietti aveva avuto modo di conoscere il notaio
Bacciocchi e del successivo ripristino di rapporti di frequentazione con il
Colafigli, amico dell’imputato sin dai tempi dell’infanzia, il ricorrente
ribadisce la versione difensiva secondo cui egli non aveva avuto alcuna
percezione delle difficoltà in cui si trovavano le società gestite dallo stesso
Colafigli e dal Moroni, che anzi si palesavano come imprenditori affermati
e titolari di numerosi punti vendita nel settore della telefonica mobile, su
tutto il territorio nazionale. Le operazioni poi realizzate, in definitiva,
furono la conseguenza di quel che il Colafigli aveva rappresentato al
Proietti, circa la necessità «di reperire “liquidità” per la propria azienda, al
fine di poter acquistare in contanti apparecchi telefonici ad un minor
prezzo, ottenendo consegne anticipate delle forniture e conseguente
rapida collocazione dei telefoni cellulari sul mercato della telefonia mobile,
rispetto alle aziende concorrenti, traendone corrispondente guadagno».
Il meccanismo dello sconto dei titoli, in ogni caso, riguardava operazioni
del tutto lecite, consentite dalla legislazione di San Marino anche con

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“Il Punto Nord” s.r.I.), per avere ideato e posto in atto, come collaboratore di un

riferimento ad assegni post-datati: ed era pur sempre il Bacciocchi,
piuttosto che il Proietti, a ricavarne un lucro attraverso le competenze da
riconoscere alla “Fincapital”. In tutto, l’imputato aveva provveduto allo
smobilizzo / sconto di titoli per il complessivo valore di 250.000,00 euro,
mentre vi erano state consegne di contanti dal Proietti al Colafigli, a
seguito dei prelievi delle somme scontate dalla finanziaria, per poco più di
80.000,00 euro: era stato lo stesso imputato, peraltro, ad offrire agli
inquirenti un completo riscontro documentale alle movimentazioni in

A fronte della chiara e immediata collaborazione del ricorrente, il Moroni
era invece stato radicalmente smentito laddove aveva indicato proprio nel
Proietti colui che aveva suggerito, dopo essergli stato descritto lo stato di
tensione finanziaria in cui versavano le società del gruppo, di scontare
assegni a San Marino; era infatti emerso, dall’attività di indagine, che
operazioni siffatte erano state realizzate ancor prima che il Moroni ed il
Proietti si conoscessero. Analogamente, era apparso evidente il
mendacio del Colafigli nel momento in cui aveva a sua volta
rappresentato di avere reso edotto il ricorrente della situazione di crisi
delle società del gruppo.
A quest’ultimo proposito, la Corte milanese non avrebbe tenuto conto
della circostanza, senz’altro decisiva, che le operazioni di sconto
effettuate con l’intermediazione del Proietti si collocarono fra il 30
novembre 2006 ed il marzo 2007, ma il 15 novembre 2006 la “Il Punto”
s.p.a. si era vista rinnovare un affidamento per 250.000,00 euro: perciò,
«nemmeno la banca di fiducia della società poi fallita aveva avuto sentori
in tal senso, figuriamoci il Dott. Proietti, che aveva fatto pieno
affidamento sulle parole rassicuratrici del Colafigli, e di certo non nelle
condizioni di avere gli strumenti di controllo che un istituto di credito può
avere per verificare il grado di solvibilità di una società per azioni»
violazione di legge e vizi della motivazione in ordine alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche
Il difensore del Proietti segnala che la collaborazione prestata dal suo
assistito agli inquirenti fu piena e spontanea, diversamente da quanto
ritenuto dai giudici di merito; né può assumere rilievo la presunta “non
occasionalità della condotta”, posta in risalto dalla Corte di appello, atteso
che – così argomentando – «le attenuanti generiche sarebbero precluse
ogniqualvolta all’imputato siano contestati più fatti in continuazione».
Inoltre, il fatto che il Proietti non abbia provveduto al risarcimento del
danno, parimenti valorizzato in chiave negativa nella sentenza

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parola, quando non erano state ancora ricostruite nel dettaglio.

impugnata, non può intendersi significativo, essendo separatamente
prevista la specifica circostanza attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen.
Anche la misura della pena, infine, risulta imnnotivamente afflittiva, non
avendo i giudici di merito spiegato le ragioni del sensibile superamento
dei minimi edittali: a riguardo, la difesa analizza partitamente gli elementi
della gravità del reato e della capacità a delinquere dell’imputato,
giungendo alla conclusione che – sotto tutti i profili – sarebbe stato

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
E’ infatti necessario rilevare la genericità dei motivi di doglianza, che
riproducono ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame:
per costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di specificità del motivo rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c), cod. proc. pen. – va apprezzato non solo
in termini di indeterminatezza, ma anche «per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che
conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.,
all’inammissibilità dell’impugnazione» (Cass., Sez. H, n. 29108 del 15/07/2011,
Cannavacciuolo). Già in precedenza, e nello stesso senso, si era rilevato che «è
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi
dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica
argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso» (Cass., Sez. VI, n. 20377
dell’11/03/2009, Arnone, Rv 243838).
Deve osservarsi, a riguardo, che la difesa ribadisce la tesi del difetto
dell’elemento psicologico in capo al Proietti, perché egli non sarebbe stato a
conoscenza della situazione di dissesto in cui versava la società poi fallita,
mentre si è più volte affermato che «è configurabile il concorso nel reato di
bancarotta fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento qualora la
condotta realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione
dell’evento e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la
volontà di aiutare l’imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti
predisposti dalla legge a tutela dei creditori dell’impresa» (Cass., Sez. V, n.
27367 del 26/04/2011, Rosace, Rv 250409). Tuttavia, il ricorrente non si

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doveroso irrogare una pena di minor rigore.

confronta con gli argomenti evidenziati, sul punto, nella motivazione assunta
dalla Corte territoriale, dove si sottolinea che «poco importa stabilire se
effettivamente Moroni e Colafigli avessero fatto presente a Proietti la difficile
situazione finanziaria delle società loro facenti capo; il dato non poteva che
emergere evidente dal fatto che gli amministratori facessero ricorso ad uno
sconto assegni così oneroso da essere, alla lunga, rovinoso per qualsiasi attività
imprenditoriale». Ciò in quanto il meccanismo dello sconto de quo, non a caso
praticato con le modalità sopra descritte perché secondo la legislazione italiana

cui nessun soggetto in bonis sarebbe stato disposto a farsi carico: il che tradiva,
all’evidenza, l’impossibilità che quel soggetto ricorresse a strumenti ordinari per
ottenere liquidità. Impossibilità resa ancor più manifesta ove si consideri
proprio l’elemento che la difesa torna ad evidenziare e che, secondo la
ricostruzione prospettata, non sarebbe stato adeguatamente valutato dai giudici
di merito, vale a dire la circostanza che la “Il Punto” s.p.a. aveva ottenuto, il
15/11/2006, un affidamento bancario per 250.000,00 euro; a parte il rilievo che
tale specifico aspetto non era stato evidenziato in sede di motivi di appello
(costituendo, invece, l’oggetto di una produzione documentale effettuata in
udienza, attestante l’apparente accoglimento di una richiesta di “rinnovo della
elasticità di cassa”), deve ritenersi che la documentata evenienza di confidare su
linee di credito fisiologiche rendesse obiettivamente ed a fortiori inspiegabile
l’antieconomica scelta della società di rivolgersi a finanziarie sanmarinesi. La
realtà, dunque, era quella ben illustrata nella sentenza di primo grado, dove – a
pag. 24, richiamando le dichiarazioni del Moroni – il Gip sottolinea che in quel
periodo le banche facevano utilizzare alle società del gruppo fino al doppio dello
scoperto, lucrando gli assai elevati interessi previsti per gli sconfinamenti oltre il
fido.
Parimenti ineccepibili, del resto, risultano le osservazioni della Corte
territoriale che reputano non meritevole di fede la versione difensiva secondo cui
il Proietti avrebbe creduto alle spiegazioni del Colafigli ed alla prospettata
necessità di disporre di liquidi per meglio operare sul mercato e spuntare offerte
convenienti di apparati di telefonia: «ciò in quanto non avrebbe potuto sfuggirgli
che lo stesso risultato poteva essere ottenuto bonificando gli importi alla società
italiana, che avrebbe poi provveduto ai prelievi di contante od alla richiesta di
emissione di assegni circolari al proprio istituto bancario».
Quanto alla negazione delle circostanze attenuanti generiche, va qui ribadito
che «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod.
pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non

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non sarebbe stato neppure consentito, implicava commissioni di oltre il 20%, di

sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente
motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno
dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato» (Cass., Sez. VI,
n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419); si è anche affermato che «ai fini
della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice
può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole

in tal senso» (Cass., Sez. H, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
Nel caso in esame, la Corte territoriale pone l’accento non già sulla non
occasionalità tout court del comportamento assunto dal Proietti, bensì su un
contesto connotato da chiara preordinazione e pianificazione delle condotte, con
l’imputato resosi sistematicamente disponibile (per ragioni di lucro, venendo
remunerato sia dal finanziatore che dal finanziato) ad «assumere cariche
societarie formali quale paravento dei titolari sostanziali delle stesse»; né va
trascurato il dato che vede il ricorrente, a dispetto della qui ribadita pretesa
difensiva di limitare le presunte responsabilità a determinate operazioni di sconto
titoli, condannato in ordine alle condotte distrattive di cui «a tutti i flussi
finanziari […] provenienti dalle società “Il Punto” s.p.a., “Il Punto” s.n.c. e “Il
Punto Nord” s.r.I., diretti a San Marino».
La pena base irrogata, infine, risulta pari al minimo edittale di anni 3 di
reclusione, con successivi aumenti correlati – e specificamente motivati dal
giudice di primo grado – alle aggravanti in rubrica; e deve analogamente
ricordarsi che «la graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle
diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella
discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la
pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.,
sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una
nuova valutazione della congruità della pena» (Cass., Sez. III, n. 1182 del
17/10/2007, Cilia, Rv 238851)

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del Proietti al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) –

al

pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

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o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente

L’imputato deve altresì essere condannato a rifondere alla parte civile le
spese sostenute nel presente giudizio di legittimità, che – avuto riguardo alla
notula depositata, in relazione alla complessità del processo ed all’impegno
professionale richiesto – il collegio reputa congruo liquidare nella misura di cui al
dispositivo.

P. Q. M.

spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché alla rifusione delle spese di parte civile, che liquida in euro
2.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 10/03/2016.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle

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