Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1672 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1672 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da: Dò Patrick nato il giorno 6 dicembre 1983,
Musitano Francesco (classe. 1 53) nato il giorno 16 gennaio 1953, Musitano
Francesco (classe ’70) nato il giorno 7 gennaio 1970, Pellegrino Francesco
nato il giorno 17 agosto 1964, Pellegrino Sabino nato il giorno 12 febbraio
1943, Santobuono Giuseppe nato il giorno 8 novembre 1955, avverso la
sentenza 18 marzo 2013 della Corte di appello di Milano.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Paolo Canevelli, che ha concluso: per l’annullamento con rinvio, nei confronti di
Pellegrino Francesco, limitatamente all’aggravante dell’art. 80 d.p.r. 309/90,
rigettata nel resto la sua impugnazione; rigetto infine degli altri ricorsi; sentiti i
difensori dei ricorrenti: avv. Zampogna, per Musitano Francesco, classe 1970),

Data Udienza: 20/12/2013

a

avv. Mocchi per i Pellegrino, avv. Pingitore, per Do, avv.ssa Canossi per Musitano
(classe 53) che hanno tutti chiesto l’accoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano, con sentenza 18 marzo 2013, in parziale

dagli imputati Dò Patrick, Musitano Francesco (classe. ’53), Musitano Francesco
(classe ’70), Pellegrino Francesco, Pellegrino Sabino e Santobuono Giuseppe,
esclusa per tutti gli imputati la circostanza aggravante di cui all’art.73 comma 6
dpr 309/90, ha assolto Dò Patrick dal reato di cui al capo F) ai sensi dell’art. 530
comma 2 c.p.p., per non aver commesso il fatto, e per l’effetto, in ordine alle
residue imputazioni, ha per lui rideterminato la pena inflitta in anni 6 mesi 4 di
reclusione e euro 30.000,00 di multa; ha ridotto la pena inflitta a: Santobuono, ad
anni 5 e mesi 6 di reclusione ed euro 22.000,00 di multa; a Pellegrino Francesco
ad anni 9 di reclusione e euro 60.000,00 di multa; a Pellegrino Sabino ad anni 6 di
reclusione e euro 24.000,00 di multa; a Musitano Francesco classe 1953 ad anni 4
di reclusione e euro 12.000,00 di multa; a Musitano Francesco classe 1970 ad anni
2 mesi 4 di reclusione e euro 10.000,00 di multa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I predetti imputati hanno proposto rituale ricorso per cassazione,
prospettando varie violazioni di legge e, tutti, vizio di motivazione in punto di
decisione di responsabilità .
1.Dò Patrick (CAPI I L).

Il G.U.P. ha dichiarato Dò Patrick responsabile per i fatti a lui ascritti ai capi
“F” (associazione ex art. 74 d.p.r. 309/90, finalizzata all’illecito traffico di
sostanze stupefacenti ed in particolare all’importazione, preferibilmente dalla
Spagna, di cocaina ed hashish), “I” (art. 73 comma 1, 1 bis e 6 d.p.r. 309/90,
quale finanziatore acquirente ed importatore dalla Spagna di stupefacente, per un
valore, comunque superiore ai 35mila C.), “L” (art. 629 comma 2 cod. pen., in
relazione all’art. 628 comma 3 n.1 cod. pen., in danno di Saccinto Antonio, anche
per il tramite del fratello, costretto a corrispondere somme in denaro, in contante,
sia a titolo di pagamento di una pregressa fornitura di Hashish, pari a kg.299,5, sia
a titolo di restituzione di una somma di C. 113mila, ricevuta a titolo di anticipo di

riforma della sentenza 21 marzo 2012 del Gup del Tribunale di Milano, appellata

3

finanziamento, per la predisposizione della logistica necessaria per organizzare
un’importazione di kg.600 di cocaina da Panama, operazione non andata a buon
fine e prevista per l’aprile del 2008) , più grave il fatto del capo “F”.
La corte distrettuale ha invece assolto il Dó dal reato sub “F”, per non aver
commesso il fatto, riducendo la pena, ed ha preso correttamente atto che, quanto

di appello.
1.1. L’impugnazione proposta è composta di quattro motivi.
Con un primo motivo viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione
della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo dell’affermazione di
colpevolezza per il capo “L” (artt. 110, 629 comma 2 cod. pen. in danno dei
fratelli Saccinto), posto che l’imputato non avrebbe in alcun modo contribuito alla
perpetrazione del delitto, realizzata dal Puddu, e la vicenda del 22 maggio 2008
(un alterco con schiaffo dato dal Puddu al Saccinto Antonio) altro non era, né
poteva considerarsi, che una banale discussione degenerata.
1.2. Il motivo è inammissibile.
La corte distrettuale, a seguito di un’attenta e rigorosa disamina delle
emergenze processuali ha ritenuto di assolvere il ricorrente ex art. 530 capoverso
cod. proc. pen., fornendo, per le residue accuse, una motivazione ineccepibile,
conforme alla deliberazione del primo giudice, priva di incoerenze od illogicità
apprezzabili in questa sede.
In particolare, la colpevolezza dell’accusato è stata ragionevolmente
ottenuta mediante la disamina di plurimi e convergenti elementi, desunti dalle
conformi dichiarazioni di Antonio e Leonardo Saccinto e dalle ulteriori validazioni
di Polizia giudiziaria e dalle altrettanto convergenti intercettazioni telefoniche e
produzioni documentali.
A tale plurimo e strutturato quadro probatorio, oggetto di conforme doppia
valutazione di colpevolezza, il difensore tenta di opporre, senza ragionevole
efficacia, una cornice di estraneità per il ricorrente la quale, peraltro, si scontra
irrimediabilmente con la ricostruzione dei fatti, logica e plausibile, operata dai
giudici di merito i quali hanno esattamente individuato ed argomentato la
sussistenza dell’azione esecutiva e dei profili soggettivi del contestato delitto, che

all’imputazione del capo “L”, questa non è stata investita direttamente dai motivi

I,

si connota per la «sicura efficienza intimidatoria delle azioni poste in essere» e
per l’innegabile contributo psicologico e causale realizzato, nella dinamica
dell’estorsione, dalla condotta del ricorrente Dò.
1.3. Con un secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di
legge per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Nella specie, le circostanze attenuanti generiche sono state negate: sia in
ragione della gravità delle condotte, che presuppongono una non modesta
capacità organizzativa nella gestione del crimine, sia in relazione al «pur
ridimensionato inserimento in ambiente dalla spiccatissima connotazione
criminale».
Trattasi di giustificazione ampia, adeguata, persuasiva, avuto riguardo
all’orientamento di questa Corte che ha più volte ribadito che il riconoscimento
delle attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio,
positivo o negativo che sia, deve essere sì motivato, ma nei soli limiti atti a far
emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento
della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
1.5. Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento alla confisca ex art. 12 sexies 1.356/92 dei beni
(cassetta di sicurezza e suo contenuto, vettura) intestati a terzi (Ceresoli Tiziana
Paola, madre del ricorrente) non ricorrendo alcuna discrasia tra intestazione
formale e disponibilità effettiva del bene che rende il terzo un apparente titolare
che favorisce la permanenza della acquisizione del bene in capo al condannato.
1.6. Il motivo non è fondato.
I giudici di merito con doppia conforme decisione hanno ritenuto il
provvedimento di natura patrimoniale necessitato dalla evidente sproporzione tra
entità e natura dei valori, rinvenuti nella disponibilità diretta ed indiretta
dell’accusato, il quale, nel censurare il provvedimento, si è limitato ad allegazioni
e produzioni di documenti non idonei né sufficienti, singolarmente e
complessivamente apprezzati, per offrire la prova di una capienza di reddito e/o
di patrimonio idonea a giustificare siffatto compendio valoriale, secondo

1.4. Anche questo motivo non supera il vaglio dell’ammissibilità.

s
ragionevoli letture della realtà, secondo massime di comune esperienza, ed in
relazione al “l’id quod plerumque accidit”.
In ogni caso il ricorso riprende -sostanzialmente- nella sua prospettazione
la sua più favorevole lettura delle risultanze processuali, ottenibile peraltro solo

ed in modo corretto dai giudici di merito.
1.7. Con un quarto motivo si evidenzia errore di diritto nella decisione di
sospensione della patente di guida ex art. 85 d.p.r. 309/90, quale sanzione
accessoria non motivata
1.8. Il motivo, che risulta comune anche a Musitano Francesco (Classe 70)
e Pellegrino Francesco, è privo di fondamento.
E’ noto che l’applicazione di una pena accessoria, rimessa alla valutazione
discrezionale del giudice, deve essere specificamente motivata anche quando la
relativa decisione sia stata adottata in sede di riconoscimento di una sentenza
penale straniera (cass. pen. sez. 6, 2385172013 Rv. 255743). Peraltro, nella
specie, la corte distrettuale (penultima pagina della sentenza) ha ben spiegato la
funzionalità della doppia sanzione accessoria del divieto di espatrio e del ritiro
della patente di guida (in particolare citando Musitano, classe 70 e Pellegrino),
rilevando opportunamente che la decisione risponde ad una evidente funzione di
deterrenza, al fine di eliminare -in prospettiva- l’attività illecita dei condannati
(Do,Musitano, Pellegrino), avuto espresso riferimento alle modalità esecutive
degli illeciti, ed all’effetto di prevenire “una mobilità sul territorio nazionale ed
estero, spiccatamente funzionale allo svolgimento di traffici illeciti della
distribuzione e diffusione di sostanze stupefacenti”.
Il motivo va quindi rigettato.
2. Musitano Francesco classe ’53 (CAPO V).
Il G.U.P. ha dichiarato MUSITANO Francesco responsabilità del delitto di cui
al capo “V” (artt.110, 56 cod. pen. 73 comma 1 e comma 1 bis e 6 d.p.r. 309/90:
acquisto ed importazione vai mare da Panama in Italia di kg 600 di cocaina:
svolgendo l’accusato il ruolo, con altri, di finanziatore pro quota dell’intera
operazione per la quale erano stati preventivamente concordati i corrispondenti
quantitativi da ritirare).

attraverso una non consentita rivalutazione dei dati, quali soppesati criticamente

c
La Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità riducendo la
pena.
2.1. Il ricorso è sviluppato in due motivi, nel primo dei quali si deduce vizio
di motivazione nella decisione di responsabilità, mancando nella specie «il

In particolare si lamenta: l’omessa considerazione delle critiche formulate
nell’atto di appello e concernenti il vaglio di attendibilità intrinseca (del dichiarante
e della dichiarazione) ed il corrispondente riscontro estrinseco; il frazionamento
delle asserzioni del dichiarante collaboratore; l’assenza di riscontri
individualizzanti.
2.2. Con un secondo motivo si evidenzia violazione di legge in ordine al
delitto di tentata importazione di sostanza stupefacente, atteso che nella specie
non vi era più accordo sulla quantità ed il prezzo, anche ammesso che il
ricorrente avesse inteso finanziare l’operazione Panama. In ogni caso l’apporto
del Musitano andrebbe limitato alla sola importazione di 300 kg..
2.3. Ritiene il Collegio che entrambe le censure, salvo la richiesta di
contenimento della responsabilità alla sola importazione di 300 kg di cocaina,
siano inammissibili.
Il difensore, sulla vicenda, ripropone infatti tematiche sostanzialmente
identiche a quelle formulate in sede di appello ed alle quali la corte distrettuale ha
offerto, adeguata, ampia e corretta risposta, evidenziando nell’ordine:
a) che si è trattato di una concreta operazione di esportazione, ancorchè
rimasta allo stadio di tentativo;
b) che va ragionevolmente escluso, in relazione alle accertate relazioni
interpersonali tra i protagonisti, la doppia alternativa ipotesi che si sia trattato di
una “truffa”, concernente una inesistente partita di stupefacente; oppure di una
“mobilitazione” di più persone, anche se con precise esperienze criminali,
suggestionate dalla prospettiva di un lucroso anche se illecito affare;
c)

che l’attendibilità intrinseca ed estrinseca del Saccinto Antonio è stata

pienamente riscontrata dalle verifiche e dagli accertamenti di Polizia giudiziaria
attraverso estesi servizi di “o.c.p.” e conforme convergente attività intercettiva;

segmento di elemento probatorio militante a sostegno della c.d. corroboration».

7d)

che la “poderosa organizzazione” rilevata, i viaggi organizzati ed

accertati, gli appuntamenti concordati “secondo una logica lineare” e conforme
alla realizzazione di un affare importante e decisivo, i contatti, lo scambio di email, la manifestazione di opinioni od impressioni sull’andamento della vicenda,
hanno ricevuto dai

protagonisti delle corrispondenti condotte

(necessariamente illecite) una sia pur minima valida giustificazione che fosse in
qualche modo alternativa alla ragionevole illecita negoziazione;
e) che in tale quadro probatorio, deponente per una incontrovertibile
complessa condotta illecita in tema di stupefacenti, concordata tra più persone,
non ha rilievo invalidante il mancato esito della rogatoria disposta dal P.M..
2.4. E’ evidente che in tale convergente complesso di dati, riferibili a più
persone, tutte interessate all’esito dell’operazione ed attive in singole
parcellizzate fasi, le critiche difensive, a fronte di una giustificazione del giudizio
di responsabilità priva di invalidità, non possano che finire con il proporre una
diversa e più favorevole disamina critica del compendio processuale, con
sostanziale richiesta, non consentita ed inammissibile in questa sede, di
rivalutazione dei giudizi e dei convincimenti ragionevolmente espressi dalla corte
distrettuale e dal primo giudice.
Tali critiche vanno quindi dichiarate inammissibili.
2.5. Va invece rigettata perché priva di fondamento la diversa ipotesi che
tende a limitare l’apporto causale psichico del Musitano (classe ’53) al solo
tentativo di importazione di kg 300 di cocaina.
Trattasi di tentativo difensivo che non ha basi fattuali solo che si consideri
che al ricorrente (classe ’53) sono attribuiti ben due versamenti, in tempi diversi,
per il complessivo importo di €. 90 mila (50 mila + 40 mila) e nulla consente di
frazionare il suo apporto materiale e psichico alla sola prima fase (kg. 300, poi
aumentati a kg. 600), dovendosi anzi interpretare le due dazioni proprio come
progressivo adeguamento del finanziamento all’aumentato valore dell’affare.
Il motivo quindi, limitatamente a tale censura, va rigettato.
3. Musitano Francesco classe ’70 (CAPO V).

Il G.U.P. ha dichiarato MUSITANO Francesco nato a Platì (RC) il 7-11 1970,
responsabile del fatto a lui ascritto al capo “V” (artt.110, 56 cod. pen. 73 comma

non

o

1 e comma 1 bis e 6 d.p.r. 309/90: acquisto ed importazione vai mare da Panama
in Italia di kg 600 di cocaina: il Musitano Francesco, classe 70, finanziatore pro
quota dell’intera operazione per la quale erano stati preventivamente concordati i
corrispondenti quantitativi da ritirare); la Corte di appello ha confermato il giudizio

3.1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della
insufficienza della chiamata in correità del Saccinto a fondare il giudizio di
responsabilità, che è stato affermato dai giudici di merito in violazione del canone
del « al di là di ogni ragionevole dubbio ».
Nella vicenda non si sarebbe tenuto conto delle contraddizioni del Saccinto,
valutate in modo frazionato e senza il necessario vaglio di attendibilità intrinseca
ed estrinseca, anche in relazione ad informazioni ricevute de relato ed alla
assenza di riscontri critici sulla quantità dello stupefacente e dell’avvenuto suo
sequestro in Panama, essendo rimasta priva di risposta la rogatoria a tal fine
espletata. Infine difetterebbero i riscontri individualizzanti concernenti la persona
del Musitano Francesco classe ’70 e sulla consegna di denaro e del pari mancante
sarebbe la prova dell’elemento soggettivo.
3.2. L’impugnazione, che si sviluppa sulla linea critica del Musitano classe
53, ne segue le sorti di inammissibilità.
Il ricorrente viene infatti prima indicato e poi riconosciuto in sede di
ricognizione fotografica come il giovane che aveva «coadiuvato» il Musitano
classe ’53 nella consegna delle somme di denaro, sostituendo nella vicenda lo zio,
quando costui si trovava in carcere ed era impossibilitato a seguire efficacemente
gli sviluppi e le esigenze organizzative dell’affare.
In proposito i giudici di merito, con doppio e conforme apprezzamento,
hanno valorizzato quali riscontri alle dichiarazioni ripetute e coerenti del Saccinto:
a) le o.c.p. in data 22 novembre 2007 e 16 gennaio 2008;
b) la disponibilità del veicolo utilizzato per gli incontri con i correi;
c) le intercettazioni telefoniche che hanno evidenziato la disponibilità di
denaro acquisita dopo i detti incontri.

di responsabilità riducendo la pena.

3.3. A giudizio della Corte, la giustificazione del provvedimento impugnato
risulta invero sui punti lamentati priva di incoerenze o salti logici, apprezzabili ed
idonei ad invalidare il costrutto delle argomentazioni sulla colpevolezza, tali non
potendosi considerare le diverse conclusioni e considerazioni sostenute dalla difesa

dati processuali, peraltro non praticabile in sede di legittimità e tanto meno con
esiti di annullamento della pronuncia gravata.
Il tutto considerando che, in ordine alle eventuali omesse valutazioni e
carenti apprezzamenti, la decisione di merito non è tenuta a compiere un’analisi
approfondita di tutte le deduzioni delle parti, pubblica o privata, e a prendere in
esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che,
come avvenuto nella specie, anche attraverso una valutazione globale di quelle
deduzioni e risultanze, sia individuabile una spiegazione, logica ed adeguata, delle
ragioni del convincimento, con ciò dimostrando che ogni fatto decisivo è stato
tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni
difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente
incompatibili con la decisione adottata (cass. pen. sez. 4, 26660/2011 Rv.
250900).
3.4. Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge in punto di
correlazione tra sentenza ed accusa contestata e difetto di contestazione (pag.7).
Il motivo è inammissibile.
Risulta infatti che identiche doglianze, già formulate nell’atto d’appello,
sono state espressamente rinunciate nell’udienza di secondo grado.
3.5.

Con un terzo motivo si prospetta apparenza ed illogicità della

motivazione in punto di applicazione delle pene accessorie del divieto di espatrio e
del ritiro della patente di guida per la durata di anni due.
Il motivo, come si è detto, comune al Dà e a Pellegrino Francesco, va
rigettato, qui richiamate le argomentazioni dianzi espresse al 5.1.8 per il
ricorrente Dd.
4. Pellegrino Francesco (capi T-V-Y-BB).
Il G.U.P. ha dichiarato PELLEGRINO Francesco responsabile dei fatti a lui
ascritti: al capo “T” (artt.110 cod. pen., 73 commi 1, 1 bis, 6 ed 80 d.p.r.

le quali finiscono con delineare una diversa e più favorevole interpretazione dei

o
309/90: trasporto-cessione-detenzione a fini di spaccio-spaccio di kg.299,5 di
hashish), capo “V” (artt.110, 56 cod. pen. 73 comma 1 e comma 1 bis e 6 d.p.r.
309/90: acquisto ed importazione vai mare da Panama in Italia di kg 600 di
cocaina: il Pellegrino Francesco, finanziatore pro quota dell’intera operazione per la

ritirare); capo “Y” (artt.110 cod. pen., 73 commi 1, 1 bis, 6 d.p.r. 309/90:
detenzione e cessione di circa 1 kg di cocaina); “BB” (110 cod. pen. 73 commi 1,
1 bis, 6 d.p.r. 309/90: detenzione e cessione di grammi 250 di cocaina), più grave
il fatto del capo T); la Corte di appello ha confermato il giudizio di responsabilità
riducendo la pena.:
L’impugnazione, composta di sette motivi, in realtà sei per assenza del
secondo motivo, è stata personalmente redatta dall’imputato ed è, salvo la
doglianza del I motivo e quella sulle misure ex art. 85 d.p.r. 309/90, la
sostanziale mera iterazione delle censure proposte con l’atto d’appello.
4.1. Con il primo motivo il ricorrente evidenzia contraddittorietà della
motivazione in punto di ritenuta aggravante ex art. 80 d.p.r. 309/90 ,
apparentemente esclusa a pag. 34 della gravata sentenza, ed invece affermata ed
utilizzata a pag. 46 per la determinazione della sanzione ed indi ripresa nel
dispositivo della pronuncia.
Il motivo è fondato e la sentenza impugnata va annullata nei confronti di
Pellegrino Francesco limitatamente all’applicazione nei suoi confronti
dell’aggravante di cui all’art. 80 d.p.r. 309/90, con rinvio per nuovo giudizio sul
punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano che porrà rimedio alla
rilevata manifesta illogicità della motivazione.
4.2. Con il terzo motivo si lamenta, quanto al capo V (kg.600 di cocaina,
reato contestato in concorso con i due Musitano) “carenza di motivazione” in
ordine alla operazione Panama nei punti nodali: I-della effettiva disponibilità dello
stupefacente da parte del venditore, della serietà delle sue intenzioni e
dell’idoneità degli atti; II- dell’apporto materiale e psichico del Pellegrino nel
progetto di importazione.
4.3. La doglianza che riprende, senza novità, le critiche formulate dai correi
Musitano (classe ’53 e ’70), va dichiarata inammissibile, qui pedissequamente

quale erano stati preventivamente concordati i corrispondenti quantitativi da

richiamate le argomentazioni dianzi esposte ai §. 2.3 e 2.4 (per Musitano 53) e ai
§.3.2 e 3.3 (per Musitano classe 70).
4.4. Con il quarto motivo e con riferimento al capo T) si evidenzia che nel
relativo giudizio di responsabilità si sia fatta falsa applicazione del disposto

giustizia sarebbero smentite dal loro stesso tenore letterale.,—:..
4.5. Con il quinto motivo si sostiene carenza di motivazione quanto al capo
Y (detenzione e cessione di circa 1 kg di cocaina : contestate in concorso con
Pellegrino Sabino e Santobuono).
4.6. Reputa il Collegio che il IV ed V motivo siano entrambi inammissibili.
Tutte le articolazioni di tali gravami sono infatti viziate da un doppio e
convergente profilo di inammissibilità, in quanto: si risolvono nella ripetizione di
censure già dedotte in appello, motivatamente esaminate e disattese dalla corte
di merito, con la conseguenza che gli stessi vanno considerati non specifici ma
soltanto apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso (Cass. pen. sez. 6, 22445/2009; Cass.
Penale sez. V, 11933/2005 Rv. 231708 Giagnorio; prec. conforme: Cass. Pen.
sez.VI, n.12/1996 Rv. 206507 Del Vecchio); sono finalizzate ad ottenere una non
consentita rivalutazione degli esiti probatori, nei termini quali pesati ed
analiticamente argomentati dai giudici di merito, e si concludono nella sostanziale
ed inaccettabile richiesta di rivisitazione degli elementi di fatto, posti a base
della ragionevole decisione della Corte distrettuale, la quale, proprio perché
logicamente sostenuta e adeguatamente correlata ai dati probatori, non può
essere censurata sotto il profilo della possibile prospettazione di una diversa e,
per il ricorrente, più favorevole valutazione delle emergenze processuali
(cfr. in termini: Cass. Penale sez. II, 15077/2007, Toffolo; Sent. 07569/1999,
Jovino, Conf. Asn 199610751

Riv. 206335-Conf. Asn 199801354

Riv.

210658,Conf. Asn 199707113

Riv. 208241-Conf. Asn 199800803

Riv.

210016 Conf. S.U. Asn 199600930

Riv. 203428-Vedi S.U. Asn 199706402

Riv. 207944).
4.7. Quanto poi al preteso difetto di motivazione, va rammentato -ancora
una volta- che il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di

dell’art. 192 comma 3 cod. proc. per – ./ dato che le dichiarazioni del collaboratore di

t

ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece
limitarsi -come correttamente avvenuto nella specie- a porre in luce quelli che, in
base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere,
purché tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, la

costituisce una non ammissibile censura del merito della decisione, in quanto
tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro
indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad
altri.
4.8. Con un sesto motivo si illustra ancora vizio di motivazione in ordine
alle statuizioni accessorie del divieto di espatrio e ritiro della patente di guida.
La critica, comune al Do e a Musitano (classe 70), va rigettata, qui
richiamate le medesime argomentazioni dianzi espresse al §.1.8 per il ricorrente
Do.
4.9. Con un settimo motivo si eccepisce erronea applicazione dell’art. 99
comma 4 cod. pen. ed assenza di motivazione sul punto.
Il motivo, palesemente infondato, dimentica che la Corte di appello (pag.46),
dopo aver ribadito la gravità dei fatti e la qualità di protagonista del ricorrente, in
numerosi episodi di criminalità legati al traffico di stupefacenti, connotati da
“allarmante dinamismo” ha ritenuto in tale contesto di considerare e ritenere il
/
valore della recidiva in un ampio quadro di giustificazione offerto dai “molteplici
precedenti penali”.
5. Pellegrino Sabino, zio di Pellegrino Francesco (CAPI Y-CC).
Il G.U.P. ha dichiarato PELLEGRINO Sabino, responsabile dei fatti a lui
ascritti: al capo “Y” (artt.110 cod. pen., 73 commi 1, 1 bis, 6 d.p.r. 309/90:
detenzione e cessione di circa 1 kg di cocaina); al capo “CC” (artt. 110 cod. pen. ,
73 commi 1, 1 bis, 80 comma 2 d.p.r. 309/90: detenzione e cessione di kg. 8, 648
di hashish) , esclusa l’aggravante ex art.80, più grave il fatto del capo Y); la Corte
di appello ha confermato il giudizio di responsabilità riducendo la pena.
5.1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, atteso che il giudizio di

censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti,

responsabilità sarebbe stato ottenuto utilizzando gli esiti di intercettazioni
estrapolate dal loro contesto.
Il primo motivo / per come condotto e sviluppato, non supera la soglia
dell’ammissibilità, risolvendosi esso in una non consentita richiesta di diverso e

giudici di merito i quali con una doppia conforme pronuncia hanno dato
ragionevole contezza della condotta illecità del ricorrente e della soggettività che
l’ha animata.
Il motivo va quindi dichiarato inammissibile.
5.2. Con un secondo motivo si lamenta sia il mancato riconoscimento
dell’attenuante ex art. 114 cod. pen., sia la mancata esclusione della rilevanza
della recidiva.
Nessuna delle due critiche merita accoglimento.
Quanto alla prospettata attenuante ex art.114 cod. pen., la corte
distrettuale l’ha motivatamente esclusa, rilevando che -per il reato del capo Y- la
condotta del ricorrente non è stata quella dell’inerte ed inconsapevole
accompagnatore del “Mimmo” ma quella di un partecipe attivo, consapevole e
causalmente efficiente nell’operazione, come risulta dalla conversazione telefonica
intercettata del 5 gennaio 2008.
Identica conclusione di rigetto va assunta per la recidiva, considerato che
la corte distrettuale ritiene ritualmente contestata la recidiva avuto riguardo ad
una condotta sintomatica di un “solido inserimento” negli ambienti criminali dello
spaccio, accompagnato da “una proporzionale disinvoltura nella conduzione degli
affari illeciti”.
Il motivo va quindi rigettato.
6. Santobuono Giuseppe (CAPI Z-Y-AA).
Il G.U.P. ha dichiarato SANTOBUONO Giuseppe responsabile dei fatti a lui
ascritti: al capo “Z” (artt.110 cod. pen. 73 commi 1, 1 bis e 6 d.p.r. 309/90:
cessione di kg 2 di cocaina); capo “Y” (artt.110 cod. pen., 73 commi 1, 1 bis, 6
d.p.r. 309/90: detenzione e cessione di circa 1 kg di cocaina); capo “AA”
(ARTT.56, 629 comma 1 n.2 cod. pen. in danno di Mahmoud El Sayed con
l’aggravante di aver commesso il fatto per conseguire od assicurarsi il profitto del

più favorevole apprezzamento dei dati probatori quali riconosciuti e soppesati dai

reato del capo “Z”), più grave il fatto del capo Z); la Corte di appello ha
confermato il giudizio di responsabilità riducendo la pena.
6.1 II ricorso è composto di tre motivi.
Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed

195 cod. proc. pen., in relazione ai capi Z ed Y della rubrica (pagg. 47 e 52
sentenza) per i quali è stata sostenuta la colpevolezza del ricorrente, avuto
riguardo, per il primo capo, agli esiti delle conversazioni intercettate (tra i fratelli
Pellegrino e Mahmoud El Sayed), e, per il capo Y, alle dichiarazioni del
collaboratore di giustizia Antonio Saccinto, generiche e successive al
“disvelamento degli atti di indagine” e ai risultati delle captazioni telefoniche,
nonché, per di più, rese dal collaboratore come provenienti da una fonte diretta
che coincide con il coimputato nel medesimo reato e cioè il Pellegrino Francesco.
In tale quadro, laddove escluse dette dichiarazioni, rimarrebbero le sole
intercettazioni telefoniche nel corso delle quali il Santobuono non è citato. Del
pari non concludente sarebbe l’esito delle intercettazioni in ordine al capo Z,
trattandosi di conversazioni tra persone pregiudicate ma prive di contenuto
univocamente interpretabile, con l’utilizzo di linguaggi “anomali, ma ben
riconducibili alla lecita attività lavorativa del ricorrente.
6.2. Il motivo in tutte le sue articolazioni risulta inammissibile in quanto,
mera iterazione delle doglianze d’appello, non si confronta con l’ampia e coerente
motivazione dei giudici di merito che da pag. 47 a pag.51, danno minuto ed
analitico conto del progressivo quadro di responsabilità del ricorrente,
evidenziando il frazionamento dei dati probatori operato invece nel gravame, che
aveva concluso “senza operare e cogliere i punti di convergenza e e congiunzione
dei vari elementi” e senza considerare criticamente le parti (intere) delle
convincenti e risolutive intercettazioni telefoniche.
Il primo motivo va quindi dichiarato inammissibile.
6.2. Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine all’accusa del capo AA), qualificata come estorsione
aggravata ex art. 61 n. 2 cod. pen. (pagg.51-52): nella specie si verserebbe in
una sorta di corto-circuito probatorio in cui la qualificazione giuridica del capo AA

erronea applicazione della legge, sotto il profilo della violazione degli artt.192 e

dipenderebbe direttamente dalla sussistenza degli illeciti del capo Z, la cui
sussistenza a sua volta si fonderebbe proprio sulla qualificazione giuridica
dell’accusa del capo AA.
In definitiva il collegamento operato dai giudici di merito ) tra responsabilità
del ricorrente per la cessione dello stupefacente e l’interpretazione delle frasi in

dalla ragionevole versione prospettata dal Santobuono che aveva chiarito la sua
posizione come quella di un mediatore, intesa a consentire il recupero del credito
vantato (da altri) nei confronti del Mahmoud El Sayed (Mimmo), condotta quindi
da riqualificarsi esclusivamente in termini di minaccia ex art. 612 cod. pen. con
esclusione della contestata aggravante .
6.3. Il motivo non è fondato.
L’attività intercettiva, quale evidenziata ed interpretata nelle due decisioni
di merito, risultai come osservato dalla Corte di appello (pagg.21 e 47),
agevolmente decifrabile e deponente per una oggettiva finalità, senza dubbio
estorsiva, posta intenzionalmente in essere dal ricorrente nei confronti di Mimmo
l’egiziano allo scopo di ottenere il pagamento della partita di stupefacente
negoziata e di cui al capo “Z”.
Il ruolo di mediatore, in questa sede nuovamente riproposto e vantato dal
Santobuono, non ha evidenze fattuali ed è smentito secondo ragionevoli ed usuali
letture della realtà:
a) dall’univoco tenore delle conversazioni (30 e 31 gennaio, 1 e 2 febbraio
2008) che evidenziano il tipico protocollo che scandisce la dinamica della
negoziazione della droga: verifica della bontà dello stupefacente; cessione della
droga a credito; dilazioni e temporeggiamenti dell’acquirente che non riesce ad
essere pagato dai suoi aventi causa;
b) dall’insorgere della vicenda estorsiva (tel. 3 febbraio 2008);
c) dall’approccio gravemente intimidatorio del Santobuono (tel. 4 febbraio
2008);
d) dalla reazione terrorizzata del Mimmo.
Una realtà quindi correttamente inquadrata nello schema dogmatico
dell’estorsione, in assenza di prova di un credito e, in ogni caso, di un credito

una cornice estorsiva sarebbe suggestivo e senza evidenze probatorie, escluse

legittimamente vantato da terzi e non invece di un indebito profitto, e tenuto
altresì conto che integrano il delitto di estorsione le violenze o minacce esercitate
per ottenere il pagamento di una fornitura di sostanze stupefacenti già eseguita
(cass. pen. sez. 2, 40051/2011 Rv. 251547).
Il secondo motivo va pertanto rigettato.

della Corte di appello in punto di determinazione della pena.
Il motivo è palesemente infondato.
La sanzione infatti risulta correttamente determinata alla stregua dei
plurimi e convergenti parametri dell’art. 133 cod. pen. in punto di gravità della
condotta e pericolosità dell’accusato, che risulta gravato di precedenti penali
anche specifici, inserito in un contesto criminoso di spicco denotante familiarità
con gli ambienti del traffico di droga.
7. In conclusione, avuto riguardo a tutti i ricorsi, la sentenza impugnata va
annullata nei confronti di Pellegrino Francesco, limitatamente all’applicazione nei
suoi confronti dell’aggravante di cui all’art. 80 d.p.r. 309/90 e rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano; va rigettato nel
resto il ricorso del Pellegrino Francesco; vanno altresì rigettati gli altri ricorsi con
condanna dei relativi ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Pellegrino Francesco limitatamente
all’applicabilitìnei suoi confronti dell’aggravante di cui all’art. 80 d.p.r. 309/90 e
rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Rigetta nel resto il ricorso del Pellegrino Francesco. Rigetta gli altri ricorsi e
condanna i relativi ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
osì deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2013
consigliere estensore

Il Pr sid nte

6.4. Con un terzo motivo si prospetta la “non congruità della motivazione”

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