Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16716 del 04/12/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16716 Anno 2018
Presidente: SETTEMBRE ANTONIO
Relatore: CALASELICE BARBARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CUNSOLO GIOVANNI nato a Catanzaro il 23/10/1974
avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Potenza del 21/12/2015

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Barbara Calaselice;
udito il pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale
Maria Francsca Loy, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio;
udito il difensore delle parti civili Osvaldo, Alessandra e Laura Casalnuovo,
Giovanna Serri, avv. Fabio Alonzi, che ha concluso riportandosi alla memoria
depositata e alle conclusioni scritte, chiedendo l’inammissibilità o il rigetto del
ricorso, con liquidazione delle spese di cui alla nota depositata;
uditi di difensori di fiducia dell’imputato, avv. Giovanni Aricò e Renivaldo
Lagreca, che hanno concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio o, in
subordine, la rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Data Udienza: 04/12/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Sala
Consilina del 5 luglio 2013, Giovanni Cunsolo veniva assolto dai reati di cui agli
artt. 81, comma 2, 584, 635, comma 2, cod. pen, perché il fatto non sussiste.
Veniva contestato all’imputato che, nel corso di un posto di controllo predisposto
dai Carabinieri di Buonabitacolo, per rilevare infrazioni al codice della strada, allo

osservato l’alt, superandolo sulla propria sinistra, dapprima tentava di arrestare
la marcia correndo a braccia protese verso il corpo del Casalnuovo e
successivamente, sferrando un calcio al lato sinistro posteriore del mezzo in
corsa, provocava la caduta sull’asfalto sia del motociclo che del conducente il
quale, sul posto decedeva, oltre a danneggiare il mezzo.

2. A seguito di appello del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Sala
Consilina, del Procuratore generale presso la Corte di appello di Potenza e della
parte civile, la Corte di assise di appello di Potenza (queste ultime due
impugnazioni dichiarate inammissibili), in riforma della impugnata sentenza, il 21
dicembre 2015, dichiarava l’imputato colpevole dei reati ascrittigli e lo
condannava alla pena di anni quattro mesi sei di reclusione, concesse le
attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, ritenuta la continuazione, con la
diminuente del rito abbreviato, oltre alla pena accessoria di legge ed al
risarcimento del danno, nei confronti delle parti civili, da liquidarsi
separatamente.

3.

Avverso l’indicata sentenza ha proposto tempestivo ricorso per

cassazione l’imputato, tramite i difensori di fiducia, avv. Renivaldo Lagreca e
Giovanni Aricò, con il quale vengono dedotti sei motivi, di seguito enunciati, nei
limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

3.1. Con il primo motivo si lamenta il vizio di cui all’art. 606 lett c) cod.
proc. pen, in relazione all’art. 601, comma 1, cod. proc. pen., per omessa
citazione dell’imputato non appellante, con nullità derivata degli atti di giudizio.
Deduce il ricorrente che il Cunsolo aveva eletto domicilio in Montesano sulla
Marcellana, presso lo studio del difensore avv. Lagreca, in data 4 settembre
2012, luogo dove venivano notificati tutti gli atti ed indicato, peraltro, nella
richiesta di rinvio a giudizio e nell’intestazione della sentenza di primo grado.

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scopo di fermare il veicolo condotto da Massimo Casalnuovo che non aveva

La Corte di assise d’appello, invece, aveva notificato il decreto di citazione a
giudizio in appello all’imputato in Sala Consilina, alla Via Tressanti, con consegna
dell’atto a mani di Teresa Spinillo, persona non convivente con l’imputato, con
conseguente nullità derivata di tutti gli atti successivi.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta il vizio di cui all’art. 606, comma 1,
lett. b) e d), in relazione alla violazione dell’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. e
6 CEDU, eccependo la nullità delle ordinanze del 6 maggio e 1 luglio 2015, per

Cost. e 495, comma 2, cod. proc. pen.
3.2.1. La Corte ha disposto la rinnovazione istruttoria, all’esito della camera
di consiglio del 6 maggio 2015, senza indicare le circostanze sulle quali i testi da
esaminare erano stati ammessi scegliendo, senza motivazione, soltanto alcuni
testi da escutere.
All’udienza del 1 luglio 2015, poi, in relazione alla lista testi depositata ai
sensi dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen. medio tempore dalla difesa, sulle
circostanze indicate a prova contraria, la Corte di assise di appello ha ridotto a
due i testi ammessi a prova contraria, escludendo l’audizione del consulente di
parte, sulla base di motivazione affetta da nullità, avverso la quale
immediatamente la difesa aveva eccepito il lamentato vizio.
3.2.2. La Corte di assise di appello, secondo il ricorrente :
– ha ridotto senza adeguata motivazione la lista della difesa, in violazione
dell’art. 6 comma 3 lett. d) CEDU, con motivazione apodittica di superfluità;
– ha violato l’art. 603 cod. proc. pen. perchè non ha indicato le circostanze
sulle quali avrebbe svolto l’esame dei testi ammessi a titolo di rinnovazione
dell’istruttoria;
– ha violato l’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. trattandosi di prove non
necessarie, nemmeno per far fronte a lacune probatorie;
– ha violato l’art. 499, comma 3 e 6, cod. proc. pen., avendo svolto, nel
corso dell’esame, domande suggestive.
3.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta il vizio di cui all’art. 606 lett. e)
cod. proc. pen., per manifesta illogicità e irragionevole motivazione, carenza di
motivazione e travisamento delle prove.
3.3.1. Con la pronunciata condanna si afferma che Cunsolo aveva proteso le
braccia verso il corpo del Casalnuovo, ma nessun atto di indagine o dichiarazione
conferma tale dato che, anzi, contrasta con le dichiarazioni di tutti i testi.
3.3.2. A parere del ricorrente la deformazione sulla scocca è stata
illegittimamente ritenuta conseguenza del calcio sferrato dall’imputato, senza

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violazione del diritto di difesa e violazione dell’art. 6, comma 3, della CEDU, 111

considerare che la Corte territoriale ha omesso di valutare il ritrovamento del
tappetino del nnotociclo in prossimità dello spigolo del marciapiede, posto sul lato
sinistro della strada, oltre il ponticello, come da relazione della polizia giudiziaria
e dei consulenti di parte Maione e Goffredo. Secondo il ricorrente, inoltre, la
polizia scientifica ha escluso la presenza di materiale di cui si compone la suola
delle scarpe, sulla scocca del motorino, come da relazione tecnica e dichiarazioni
del consulente tecnico del pubblico ministero, Anna Maria Caputo.
3.3.3. La Corte d’assise reputa presenti, sulla suola della scarpa di ordinanza

sulla base di accertamento di compatibilità chimica inesistente posto che la
polizia scientifica di Roma non ha mai svolto un esame di tale natura (non
avendo accertato la compatibilità chimica dei materiali, ma solo quella
cromatica). La Corte di assise d’appello, secondo il ricorrente, rende una lettura
contraria alle risultanze posto che il consulente tecnico della Procura della
Repubblica procedente, in riferimento alla somiglianza delle sostanze, espone
che era limitata a curve spettrali simili, evidenziando la differenza tra i colori ed
il grado di compatibilità cromatica.
3.3.4. La ferita lacero contusa al collo del piede sinistro dell’imputato viene
letta dalla Corte territoriale nel senso che, colpito al piede sinistro dal motorino
che proveniva dalla sua destra, il militare avrebbe calciato il mezzo con il piede
destro. Detta ricostruzione contrasta con la deposizione del teste Marchesano ed
appare del tutto illogica, in quanto non plausibile in rerum natura.
3.3.5. Il teste Sammartino viene reputato non attendibile per spirito di corpo
e non fondata la sua ricostruzione (che vuole presenti sulla ringhiera del
ponticello tracce di vernice del motorino) in base agli accertamenti della Polizia
Stradale e dei rilievi fotografici. Da tali accertamenti, invece, secondo il
ricorrente deriva che ví erano, sulla ringhiera di ferro posta sul ponte, tracce di
striature e di sostanza oleosa frammista a terriccio ceduta dal ciclomotore (come
da prot. della polizia stradale di Sala Consilina n. 3211/93). Il giudice di secondo
grado invece, reputa decisivo il riscontro al narrato del Marchesano
rappresentato dalla deformazione della scocca rilevata sul lato posteriore
sinistro.
3.3.6. Il teste Marchesano viene reputato attendibile nonostante questi
abbia prima dichiarato al pubblico ministero che il calcio era stato sferrato con il
piede sinistro e, poi, al dibattimento, abbia chiarito che il piede era il destro, con
violazione dell’art. 606, connma 1, lett. e) e 606 lett. b) in relazione all’art. 500,
comma 3, cod. proc. pen.

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in uso al militare, tracce di vernice blu compatibili con la vernice della scocca,

3.3.7. Secondo il ricorrente la Corte territoriale non motiva sulle
caratteristiche del motorino, né “contromotiva” rispetto a quanto esposto sul
mezzo dal Giudice dell’udienza preliminare, trascurando l’accertamento svolto
dalla polizia stradale e dal consulente Martone il 9 dicembre 2011, atti dai quali
emergerebbe che il motorino era stato modificato (difformità rispetto alle
caratteristiche tecniche: cfr. folio 17 dei motivi di ricorso) e registrava velocità
superiore al limite massimo consentito per il tipo di veicolo.

informazioni rese al difensore dell’imputato.
3.3.9. La Corte omette di motivare circa l’individuazione del luogo ove si
posizionava il Marchesano rispetto alla fiancata del veicolo dei militari operanti,
su un punto decisivo, dunque, vista la centralità attribuita alla deposizione del
teste nella sentenza di appello.

3.4. Con il quarto motivo si lamenta il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett.
b) cod. proc. pen. in relazione al regolamento in uso all’Arma dei Carabinieri,
circa le disposizioni che regolano l’effettuazione dei servizi di controllo, contenute
nella pubblicazione n. 11 ed. 2008 dell’Arma. Secondo il ricorrente le disposizioni
che attengono al fermo dei veicoli, sono dirette a salvaguardare la prontezza ed
efficacia degli interventi e l’incolumità degli operanti e soggetti coinvolti
nell’attività di controllo. A fronte delle direttive impartite dalla pubblicazione n.
11, vi sono una serie di circostanze estemporanee che inducono al controllo di
mezzi sospetti, quando vi sia comportamento anomalo del conducente o,
comunque, in caso di sospetta violazione di leggi e si osserva che il fermo di un
veicolo alla volta è effettivamente consigliato dalle citate disposizioni ma, una
volta posto il primo veicolo fuori dalla circolazione, controllati gli occupanti, viste
le successive attività che si possono rendere necessarie, nulla vieterebbe agli
operanti di fermare un secondo mezzo, ove siano rilevate violazioni del Codice
della Strada o del codice penale. Del resto si tratta di norma regolamentare, la
cui eventuale inosservanza appare del tutto irrilevante rispetto all’evento.

3.5. Con il quinto motivo si contesta la violazione della legge con riferimento
all’art. 533 cod. proc. pen. Secondo il ricorrente la motivazione della Corte di
assise di appello non supera il ragionevole dubbio in ordine all’esatta dinamica
dell’episodio, residuando incertezze, alla stregua delle osservazioni svolte al
punto 3.3, circa la condotta tenuta dall’imputato e potendosi ipotizzare una
diversa ricostruzione, rispetto a quella fatta propria dalla Corte territoriale.

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3.3.8. La Corte motiva in modo apodittico circa l’irrilevanza delle

3.6. Con il sesto motivo si lamenta la violazione di legge con riferimento
all’art. 584 cod. pen., mancanza di motivazione, contraddittorietà della stessa e
manifesta illogicità.
3.6.1. Il ricorrente deduce che la Corte territoriale ha ritenuto esistente il
dolo eventuale delle lesioni, in contrasto con indirizzi di dottrina e, comunque,
con il dettato della norma che reputa necessario l’intento di ledere o percuotere.
Secondo il ricorrente può essere non necessaria, ai fini del delitto

dell’agente deve essere diretta a realizzare il reato presupposto dal quale, poi, la
morte scaturisce, mentre nel caso di specie, secondo la difesa, si assiste ad
un’anticipazione della soglia di tutela non compatibile con il principio di
offensività. Risulta, infatti, non ammissibile il dolo eventuale di lesioni quale
presupposto della responsabilità per omicidio preterintenzionale.
3.6.2. In ogni caso il ricorrente osserva che, nella specie, il militare era solo
mosso dall’intento di fermare il motociclista, come dimostra che questi si era
parato nella corsia di sinistra allo scopo di mettersi avanti al veicolo (lato sul
quale non era prevedibile che transitasse il ciclomotore), non quello di ledere
l’altrui integrità fisica.

4. La parte civile ha depositato memoria difensiva, in data 13 novembre
2017, con la quale ha svolto le osservazioni di seguito riassunte.
4.1. Sul primo motivo si rileva che il difensore domiciliatario è stato,
comunque, notiziato del giudizio di appello, che la notifica di una sola copia
dell’atto introduttivo non integra nullità ma mera irregolarità e che, in ogni caso,
la conoscenza effettiva dell’atto è stata raggiunta, anche tenendo conto della
notifica presso il luogo di residenza, ricevuta dalla suocera dell’imputato, indicata
come convivente nella relata e, comunque, non risultando la prova che questa
non fosse all’epoca familiare convivente del destinatario della notifica.
4.2. In ordine al secondo motivo si osserva che la rinnovazione è stata
necessitata dai principi in tema di ribaltamento di pronuncia assolutoria in
abbreviato, in base alle decisioni delle Sezioni Unite di questa Corte Dasgupta e
Patalano e, quindi, conforme all’art. 6 CEDU e all’art. 603, comma 3-bis, cod.
proc. pen. nell’attuale formulazione. Si è trattato di rinnovare dichiarazioni
ritenute decisive, osservando che, nella specie, anzi, il giudice di appello ha
anche allargato a dichiaranti indicati dalla difesa, l’espletamento della
rinnovazione istruttoria. Secondo la parte civile, poi, correttamente, la Corte ha

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preterintenzionale, la sussistenza della volontà dell’evento morte, ma la condotta

reputato, nel corso della rinnovazione, superflue alcune prove chieste, senza che
tale valutazione sia affetta da vizi di motivazione.
4.3. Sul terzo motivo la parte civile osserva che:
– la difesa non evidenzia che il giudice di appello ha dato significato centrale
alle dichiarazioni del teste oculare Marchesano, il quale, sin dalle prime
dichiarazioni, ha sempre affermato che era stato il Cunsolo responsabile della
morte del Casalnuovo;

credibilità del dichiarante, escludendo che questi si sia fatto condizionare dal
padre; inoltre il teste indicato dalla difesa come decisivo circa la contaminazione
delle dichiarazioni del giovane, Sammartino, non ha offerto elementi favorevoli
alla tesi difensiva;
– la Caputo, escussa in sede di rinnovazione istruttoria, ha confermato la
presenza di tracce di vernice blu sulla scarpa di ordinanza del militare, con curve
spettrali simili al colore della scocca del motorino;
– lo sfondamento della scocca non poteva essere cagionato dal contatto con
il fondo stradale in quanto posto in posizione inferiore ad altre parti del veicolo di
modo che, nel corso dello scarrocciamento, la parte risultata deformata non
sarebbe potuta risultare danneggiata;
– le lesioni al piede sinistro del militare non sono incompatibili con la
ricostruzione offerta in sentenza, posto che è plausibile che il militare sia stato
colpito al piede e poi abbia sferrato il calcio con il piede destro al veicolo;
– non specifica in quali punti degli atti in generale richiamati, vi siano
elementi di segno contrario a quanto riportato in sentenza, con vizio di specificità
dell’impugnazione.
4.4. In ordine al quarto motivo si reputa inconferente il richiamo alle norme
regolamentari eventualmente violate, trattandosi di reato doloso.
4.5. In merito al quinto motivo si richiamano le osservazioni relative al terzo
motivo, evidenziando che il ricorrente, in sintesi, si sarebbe sottratto al confronto
con l’intero compendio probatorio, rappresentato dalle prove dichiarative, che ha
condotto il giudice di secondo grado ad escludere che la caduta del giovane
potesse essere riferita a condotte diverse dal calcio del militare.
4.6. Infine, circa il sesto motivo, si valorizza il dato che il militare con la
condotta volontaria, sferrando il calcio, ha valutato senz’altro le conseguenze
della sua azione violenta, tenuto conto anche della circostanza che il giovane
centauro non indossava il casco, conseguenze che non sarebbero potute essere
diverse dalle lesioni del conducente. Ciò ben potendo la condotta di lesioni o

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– la sentenza di secondo grado affronta e risolve positivamente il tema della

percosse prodromiche all’evento letale, essere sorretta da dolo eventuale. Né si
pone, nella specie, questione di compatibilità con il delitto tentato, che pare
essere prospettata nel ricorso, posto che nel caso all’esame della Corte di
legittimità il delitto non è tentato ma l’evento si è verificato.

5. I difensori dell’imputato, in data 28 novembre 2017, hanno depositato
memoria illustrativa del primo motivo di ricorso, con allegata documentazione

CONSIDEFtATO IN DIRITTO
1. Esaminati, preliminarmente, i primi due motivi di ricorso, si rileva che gli
stessi sono infondati.
1.1. L’esame degli atti processuali e dei documenti indicati analiticamente
dalla difesa, anche nella memoria da ultimo depositata, consente di rilevare che
la notifica della citazione del decreto in appello all’imputato, è avvenuta presso il
luogo di residenza, con consegna di copia dell’atto a mani della suocera indicata,
nella relata di notifica, come familiare convivente; risulta, inoltre, che il Cunsolo
aveva eletto domicilio presso il difensore di fiducia, avv. Renivaldo Lagreca in
data 31 agosto 2011, in epoca anteriore all’emissione del decreto di citazione in
appello (cfr. verbale di elezione di domicilio redatto da personale della Sez.
Polizia Stradale di Sala Consilina).
Risulta, poi, la notifica rituale della fissazione del giudizio di appello al
difensore di fiducia domiciliatario, avv. Lagreca.
Tanto premesso in fatto, si osserva in diritto che è noto l’indirizzo di questa
Corte di legittimità secondo il quale integra nullità di ordine generale, che
essendo a regime intermedio, è sanata ove non tempestivamente eccepita,
quella concernente il decreto di citazione a giudizio effettuata presso il difensore
di fiducia, invece che al domicilio dichiarato, anche se irritualmente eseguita,
tenuto conto che detta notifica non è inidonea a determinare la conoscenza
dell’atto da parte dell’imputato, in forza del rapporto fiduciario con il difensore.
E’, poi, condivisibile l’orientamento di questa Corte secondo il quale (Sez. 2,
n. 1668 del 9/09/2016, dep. 2017, Bardasu, Rv. 268785; Sez. 6, n. 34558 del
10/05/2012, P., Rv. 253276) il motivo di impugnazione deve essere reputato
inammissibile per difetto di specificità, ove si eccepisca la nullità della notifica di
un atto (nella specie in ragione della sua effettuazione presso il difensore di
fiducia dell’imputato e non presso il domicilio dichiarato dall’imputato), quando
non sia indicato, espressamente, il pregiudizio derivato in ordine alla conoscenza

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estrapolata in copia, dal fascicolo di ufficio.

dell’atto e all’esercizio del diritto di difesa. Orbene nella specie non risulta
illustrato alcun pregiudizio che si assume aver leso il diritto di difesa
dell’imputato, a fronte della eccepita nullità, risultando, anzi, nel corso del
giudizio di secondo grado ampiamente assicurata la difesa. Infine si osserva, in
ogni caso, che la difesa ha chiesto che l’eccezione fosse esaminata soltanto in via
subordinata, rispetto ai motivi terzo e quarto di ricorso, confermando il giudizio
di aspecificità del motivo, sotto il profilo dell’omessa precisazione del pregiudizio

nel caso in esame, anche attraverso il deposito di articolati, ampi ed esaurienti
motivi di impugnazione, oltre che, nel corso del giudizio di merito, anche con
richieste ex art. 603 cod. proc. pen., a prova contraria, parzialmente ammesse
dalla Corte d’assise di appello.
1.2. In relazione al secondo motivo di ricorso si osserva che l’integrazione
istruttoria è stata adottata conformemente alle norme che disciplinano l’istituto
della rinnovazione nel giudizio di appello e non si rilevano le lamentate violazioni
di legge.
1.2.1. Quanto alla denunciata ammissione di prove, in assenza del requisito
di cui all’art. 441, comma 5, cod. proc. pen. si osserva che, nella specie,
trattandosi di rito abbreviato, la rinnovazione istruttoria disposta risponde
all’esigenza prospettata negli atti di gravame, di ribaltamento della sentenza
assolutoria di primo grado (Sez. U, n. 27620, 28/04/2016, dep. 2017, Dasgupta,
Rv. 267486; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269787),
trattandosi di appello proposto contro una sentenza di assoluzione fondata su
prove dichiarative. Si tratta, quindi, di rinnovazione istruttoria, per la Corte
territoriale, assolutamente necessaria, ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., in
conformità ai principi espressi da questa Corte regolatrice nella sua composizione
più autorevole e dalla Corte EDU, trattandosi di appello con il quale veniva
contestata anche la valutazione delle prove dichiarative e, quindi, dovendo il
giudice di merito rinnovare l’esame dei soggetti che avevano reso dichiarazioni
sui fatti del processo, ritenute decisive nel giudizio assolutorio di primo grado.
Del resto la Suprema Corte di legittimità, nella sentenza Patalano citata, ha
richiamato tali principi anche in caso di

overturning di sentenza assolutoria

pronunciata all’esito di rito abbreviato, ove la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale si profila, parimenti, come ‘assolutamente necessaria’ ex art. 603,
comma 3, cod. proc. pen.
1.2.2. Ciò posto va rilevato che la disposta integrazione non è inficiata
dall’omessa indicazione delle circostanze sulle quali sarebbe stato svolto l’esame

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derivato all’imputato in relazione al pieno diritto di difesa, esercitato, peraltro,

dei testi, tenuto conto che l’istituto di cui all’art. 603 cod. proc. pen., risponde a
finalità ed è ontologicamente diverso da quello di cui all’art. 468 cod. proc. pen.,
che prevede, oltre al termine per il deposito della lista, l’indicazione delle
circostanze sulle quali deve vertere l’esame chiesto dalla parte; detta previsione
non può essere estesa al giudizio di secondo grado, nel quale ogni eventuale
rinnovazione istruttoria è compiutamente regolata dall’art. 603, comma 5, cod.
proc. pen., norma che non prevede, quanto all’ordinanza da adottare, alcuna

la prova dichiarativa.
1.2.3. Sotto altro profilo denunciato si rileva che, nel giudizio di appello, la
rinnovazione ex art. 603 cod. proc. pen. ha carattere eccezionale, stante la
presunzione che l’indagine sia stata esauriente con le acquisizioni probatorie del
dibattimento di primo grado. Sicché il potere del giudice del gravame di disporre
la rinnovazione è affidato (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 dep. 2016, Ricci, Rv.
266820; Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, Panigoni; Sez. 2, n. 41808 del
27/09/2013, Mongiardo, Rv. 256968) al prudente apprezzamento del giudice di
appello restando incensurabile nel giudizio di legittimità, se adeguatamente
motivato. Ciò posto deve sottolinearsi che la motivazione dell’ordinanza
impugnata evidenzia, in modo univoco, le ragioni per le quali è stata disposta la
rinnovazione. Anche la scelta relativa soltanto ad alcuni dei testi da esaminare,
ovvero quella della successiva revoca di alcuni testi ammessi e non escussi, o,
ancora, la selezione operata circa il numero e la qualità dei testi da escutere
sulle circostanze indicate dalla difesa a prova contraria, non risultano inficiate dai
vizi lamentati. Ed invero è principio pacifico di questa Corte regolatrice quello
secondo cui il giudice di appello, una volta che abbia disposto d’ufficio la
rinnovazione istruttoria, può ammettere anche ulteriori prove sollecitate dalle
parti, come avvenuto nella specie per le prove indicate a prova contraria, sempre
che queste siano reputate assolutamente indispensabili per la decisione. Sicché
anche l’ammissione soltanto di alcune delle prove indicate, giustificata
dall’operata valutazione di superfluità, supportata da sufficiente motivazione,
non appare inficiata da alcuno dei vizi lamentati. Inoltre è noto che il giudice del
gravame può, nel prosieguo, disporre la revoca di talune delle prove già
ammesse, senza necessità di una specifica motivazione, all’esito di acquisizioni
probatorie officiose, motivata anche in relazione alla ritenuta sopravvenuta
superfluità della medesima, in base agli esiti di quella svolta ad integrazione
(Sez. 5, n. 13277 del 17/07/2013, Sanna, Rv. 254839; Sez. 4, n. 34730 del

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formalità circa la specificazione delle circostanze sulle quali dovrà essere svolta

12/07/2011, Allaio, Rv. 251112; Sez. 6, n. 13571 del 12/11/2010, dep. 2011,
C., Rv. 249907).
1.2.4. Appare, infine, generico e privo dei requisiti di specificità il motivo di
impugnazione con il quale si lamenta la violazione dell’art. 499, comma 3 e 6,
cod. proc. pen., senza la precisazione di quale sia stato l’esame svolto, dalla
Corte territoriale, con domande suggestive e senza precisare in che parte le

2. Tanto premesso si osserva che va accolto il terzo motivo di ricorso,
quanto al lamentato difetto di motivazione, con conseguente assorbimento dei
residui motivi di impugnazione, a fronte dell’annullamento con rinvio, necessitato
dall’esigenza di colmare le rilevate lacune motivazionali.
2.1. La sentenza impugnata ha fondato il ribaltamento della pronuncia
assolutoria su i seguenti elementi, reputati decisivi ai fini dell’affermazione di
penale responsabilità dell’imputato:
1)

l’esistenza del calcio sferrato dal Maresciallo Cunsolo, nella parte

posteriore del mezzo che viaggiava a velocità sostenuta, evento che aveva
cagionato la deformazione della scocca del ciclomotore nella parte posteriore
sinistra, la perdita di controllo del mezzo da parte del conducente e la caduta,
nonché, da una parte, l’urto del corpo del giovane contro lo spigolo del
marciapiede e, dall’altra, il proseguimento della corsa del ciclomotore per circa
20 metri, prima di fermarsi contro un ostacolo fisso;
2)

la sintonia della deposizione del teste Elia Marchesano, reputato

intrinsecamente credibile, rispetto alla dichiarazione resa dal predetto alla polizia
stradale il 21 agosto 2011, nonché alle risultanze dell’accertata deformazione
della scocca del mezzo e alla deposizione degli testi oculari che avevano riferito
del forte rumore percepito, attribuibile alla rottura di un oggetto in plastica,
elementi reputati convergenti rispetto al calcio sferrato dal Cunsolo alla scocca e,
di conseguenza, anche per attribuire a quest’ultimo il volontario danneggiamento
del mezzo, la caduta del ciclomotore e, dunque, la morte sul colpo del
conducente;
4)

la violazione di norma regolamentare da parte del militare che,

interrompendo l’attività di polizia in corso, si era attivato per intraprenderne
un’altra;
5) il violento impatto con il marciapiedi e il riscontrato politraurnatismo
cranico e toracico, ricavato dalla cartella clinica in atti, come causa della morte,
pur in assenza di esame autoptico.

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domande rivolte abbiano assunto la denunciata natura.

2.2. In secondo luogo si osserva che la sentenza impugnata ha reputato
infondata la versione difensiva, che attribuisce la caduta del ciclomotore non ad
un calcio, ma all’impatto con il corpo del maresciallo Cunsolo, investito dal
centauro mentre cercava di sottrarsi al controllo.
In particolare la pronuncia impugnata ha escluso:
1) che le modeste lesioni riportate dal Cunsolo alla caviglia sinistra, refertate
presso l’Ospedale di Polla, potessero provare l’investimento del Cunsolo da parte

2) che per effetto dell’investimento (ove eventualmente verificatosi) del
Cunsolo, il Casalnuovo avesse potuto perdere l’equilibrio e il controllo del
ciclomotore in modo così irreparabile, tanto da verificarsi la rovinosa caduta che
ne avrebbe, poi, determinato la morte;
3) che, ove vi fosse stata una spinta inferta sul lato sinistro del mezzo,
questa avrebbe dovuto cagionare necessariamente il coricarsi del veicolo sul lato
destro, come ritenuto dal primo giudice, valorizzando il dato delle sterzate
impresse dal conducente il quale, dopo l’impatto, aveva proceduto per un tratto
a zig zag, fino al momento in cui il mezzo gli era sfuggito di mano.

3. Orbene questa Corte osserva che la sentenza impugnata non assolve
compiutamente all’onere di motivazione rafforzata che, come è noto, si pretende
in caso di ribaltamento di sentenza assolutoria resa a seguito di rito abbreviato.
L’onere del giudice dell’appello, in tale caso, è, infatti, quello di dimostrare
specificamente l’insostenibilità sul piano logico e gíuridico, degli argomenti più
rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa analisi critica, seguita da
convincente motivazione che dia ragione delle scelte operate e della maggiore
considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati.
Tali limiti al giudice del gravame sono stati delineati da numerose pronunce (Sez.
U, n. 27620, 28/04/2016, dep. 2017, Dasgupta, Rv. 267486; Sez. U, n. 18620
del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269787 già citate; Sez. 6, n. 8705 del
24/01/2013, Farre; Sez. 6, n. 40159 del 3/11/2011 Galanted; Sez. 6, n. 4996
del 26/10/2011, Abbate; Sez. 6 n. 46847 del 10/07/2012, Aimone, in
conformità agli ancora più estremi orientamenti della Corte EDU, come nella nota
sentenza 5.7.2011 Dan c/ Moldavia) proprio con il richiamo al principio dell’o/tre
ogni ragionevole dubbio, secondo il quale l’eventuale rivisitazione del giudice
dell’appello può avvenire, in senso peggiorativo per l’imputato, solo per effetto di
argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienza della
decisione assolutoria, che deve apparire, per effetto della rivisitazione richiesta

12

del ciclomotore e, comunque, essere la causa della caduta del mezzo;

nell’impugnazione, non più sostenibile risultando anzi, il diverso apprezzamento
ritenuto in sede di gravame, quale unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole
dubbio.
3.1. Tanto premesso si rileva che la sentenza impugnata non si confronta
compiutamente, nel reputare senz’altro che il Cunsolo abbia sferrato il calcio
contestato nell’imputazione, alla parte posteriore sinistra del ciclomotore in
accelerazione, come descritto dal teste Marchesano in sede di rinnovazione

compatibilità cromatica espletato.
Ed infatti la sentenza della Corte territoriale, nell’attribuire rilevanza al
rinvenimento, sulla suola di una scarpa destra di ordinanza del militare, di tracce
di vernice di colore compatibile con il colore blu del ciclomotore (cfr.
accertamenti eseguiti dalla Polizia Scientifica di Roma di cui alla relazione di
consulenza tecnica e deposizione della teste Caput°, esaminata ai sensi dell’art.
603 cod. proc. pen.), non tiene conto dell’argomento, indicato dal primo giudice,
relativo alle modalità e tempi con i quali era stata reperita la calzatura
sottoposta all’esame del consulente del pubblico ministero. Si rileva, infatti, che
la scarpa, secondo la ricostruzione del giudice di primo grado, risulta prelevata
presso l’abitazione del Cunsolo, due giorni dopo il sinistro (in data 22 agosto
2011), nel corso di perquisizione durante la quale erano state rinvenute e
prelevate n. 6 calzature di servizio, in uso al militare, rilevando l’incertezza che
quella esaminata fosse proprio la scarpa destra calzata la sera dell’incidente.
Si osserva, poi, che argomento riportato nella sentenza impugnata, a
sostegno degli esiti dell’esame espletato sulla calzatura, pur se reperita due
giorni dopo il fatto, è l’assenza di dimostrazione, da parte dell’imputato (cfr. folio
9 della sentenza di condanna), di essere entrato in contatto, con la sua scarpa di
ordinanza, con altro oggetto rivestito di vernice di colore blu di composizione
cromatica simile alla vernice del ciclomotore. In tal modo invertendo l’onere
probatorio e, comunque, trascurando di fornire compiuta e rigorosa motivazione
contraria, rispetto all’argomento, decisivo secondo il primo giudice (cfr. folio 47
della sentenza di primo grado), della presenza sulla calzatura, di un deposito di
vernice non cospicuo, nonostante la consistente abrasione superficiale di vernice
rilevata sulla scocca e della constatazione della presenza soltanto di alcune
microparticelle, compatibili, peraltro, quale ricostruzione alternativa, anche con il
mero camminamento del militare sul luogo del fatto. Su tale ultimo punto il
primo giudice evidenzia, poi, che, dalla deposizione dei testi, è emerso anche
che, immediatamente dopo l’impatto, il Cunsolo si era portato presso il muretto

13

istruttoria, con la motivazione di primo grado circa gli esiti dell’accertamento di

del Ponte Piglio, ove aveva stazionato perché lamentava dolore al piede, quindi
che il militare aveva camminato, proprio in prossimità del mezzo, nelle
immediatezze del sinistro, argomento del tutto ignorato nella sentenza
impugnata.
3.2. La sentenza di condanna, inoltre, non si confronta, in alcuna parte, con
l’argomento evidenziato nel ricorso, relativo all’esito non dirimente
dell’accertamento svolto sulla natura delle tracce riscontrate sulla scocca del

il primo giudice a pag. 24 della sentenza, trascurati nella sentenza di condanna,
hanno evidenziato che le particelle di cui si componevano le striature rilevate sul
ciclomotore – derivate, probabilmente, dall’urto della scocca con materiale
estraneo di colore nero – erano risultate completamente mescolate alla
sottostante vernice azzurra, sicché non era stato possibile rilevarne la
composizione chimica. L’esame era stato svolto a fronte delle rilevate striature
nella parte posteriore sinistra della scocca, oltre che della marcata accentuazione
della pressione nella parte spigolare, inferiore della scocca, nonché nella parte
inferiore stesso lato di uno sfondamento con andamento arcuato (cfr. pag. 22
sentenza di primo grado ove vengono riportati gli accertamenti di cui alle
annotazioni prot.11o 321/93/200/A della polizia stradale di Sala Consilina, relative
all’accertamento eseguito sul ciclomotore). Tali dati, infatti, avevano indotto gli
inquirenti, in uno alle deposizioni dei testi raccolte nelle indagini, a svolgere
immediatamente accertamenti sulle calzature del militare.
Orbene il primo giudice, ha dato risalto (unitamente ad altri elementi) alla
circostanza negativa relativa al mancato rilevamento di tracce, da considerare
senz’altro corrispondenti al materiale gommoso di cui sono composte le suole
delle scarpe di ordinanza (cfr. pag. 32 della sentenza di primo grado),
concludendo nel senso di escludere che sia certa la prospettazione di cui
all’imputazione (calcio sferrato dal militare al motorino). Il giudice della
condanna, invece, non si confronta in alcuna parte con gli esiti del descritto
accertamento.
3.4. Alcun riferimento, poi, si rinviene nella sentenza impugnata, rispetto
all’accertamento tecnico svolto dalla polizia stradale e dal consulente Martone il 9
dicembre 2011, riportato nella sentenza di primo grado, dal quale emerge che il
motorino era stato modificato e presentava difformità rispetto alle caratteristiche
tecniche (cfr. folio 49 della sentenza di primo grado, in nota), registrando una
velocità superiore al limite massimo consentito per il tipo di veicolo. La pronuncia
di condanna non si confronta, in alcuna parte, con la ritenuta incidenza di detta

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ciclomotore. Sul punto questa Corte osserva che gli accertamenti di cui dà conto

circostanza rispetto allo sbandamento del mezzo, a seguito dell’impatto con il
militare, né si confronta con la sentenza di primo grado laddove individua (cfr.
pag. 49), in senso decisivo per la pronunciata assoluzione, come concausa
dell’incidente proprio l’elevata velocità del veicolo, oltre all’impatto tra il corpo
del Cunsolo e il ciclomotore del Casalnuovo.
3.5. A fronte dei dati sin qui riportati, la motivazione offerta dalla Corte di
assise di appello è, dunque, insufficiente, in quanto valorizza il contenuto e la

precisazioni nel corso della integrazione istruttoria, sempre nel senso di indicare
che il Cunsolo aveva sferrato un calcio al ciclomotore), reputata intrinsecamente
credibile, anche a fronte delle circostanze riferite nel corso dell’esame, tra gli
altri, dal teste a discarico Sammartino, ma considerate non convincenti. La
pronuncia, all’uopo, attribuisce decisività, oltre ad argomenti di natura logica, al
significativo riscontro alla deposizione testimoniale del Marchesano,
rappresentato dall’aver riferito, i testi, di aver sentito, nella circostanza, il
rumore tipico di plastica infranta, nonché dalla presenza, nella parte posteriore
sinistra del mezzo, di uno sfondamento con andamento arcuato.
La sentenza, tuttavia, trascura, nell’operare tale giudizio, di porre le
risultanze della prova dichiarativa in relazione con gli esisti degli accertamenti di
natura tecnica, sopra enucleati, sui quali fonda la motivazione della sentenza
assolutoria. Ciò, peraltro, a fronte delle deposizioni del dichiarante Risi e degli
altri testi oculari, escussi anche nell’istruttoria rinnovata e riportate nella
sentenza di appello, che non possono essere precise sul momento dell’impatto
del mezzo con il Cunsolo, perché non osservato direttamente dai dichiaranti.
3.6. La Corte territoriale poi, nel reputare incompatibile la lieve lesione al
piede sinistro riscontrata al Cunsolo, con l’ipotizzato violento schiacciamento
dovuto a investimento da parte del mezzo, descritto nella sentenza assolutoria,
non si è confrontata compiutamente con le argomentazioni del Giudice
dell’udienza preliminare, laddove ha esposto che un violento calcio, sferrato nella
parte posteriore del mezzo, ne avrebbe determinato, senz’altro, l’immediata
caduta e che, invece, un calcio di minore intensità avrebbe consentito al
centauro di recuperare immediatamente il controllo del mezzo. La motivazione
della sentenza assolutoria, pur prendendo atto dell’assenza di rilievi tecnici sulla
traiettoria percorsa e sul ciclomotore (pag. 49 della pronuncia di primo grado),
sottolinea, invece, la rilevanza del successivo andamento a zig zag del mezzo,
protrattosi per alcuni metri, dopo l’impatto con il militare, per poi terminare la
corsa contro la ringhiera di protezione del torrente Peglio e lo spigolo di

15

centralità della prova dichiarativa (deposizione del Marchesano che ha reso

coronamento del ponticello, il corpo da una parte e il ciclomotore mezzo
dall’altra.
Sul punto la Corte territoriale rende una motivazione insufficiente,
limitandosi ad esporre, in modo generico, che l’ostacolo, rappresentato dal corpo
del Cunsolo, viste le lievi lesioni al piede sinistro refertate, non poteva essere
considerato tale da provocare una perdita di controllo del mezzo (cfr. pag. 10
della sentenza di appello), così’ significativa come quella che aveva portato alla

nella sentenza assolutoria, della velocità sostenuta con la quale era avvenuto il
passaggio del ciclomotore tra i due militari per sottrarsi all’alt.
Neppure esaustiva è la motivazione nella parte in cui viene escluso rilievo al
rinvenimento di materiale sulla ringhiera metallica (sostanza oleosa frammista a
terriccio), comunque rilasciato dal ciclomotore. Non è chiara né esaurientemente
esposta (cfr. pag. 10 della sentenza di secondo grado), infatti, la ragione per la
quale detto reperimento sia stato considerato incompatibile con l’urto del
ciclomotore con la predetta ringhiera; né la motivazione della sentenza si
confronta, adeguatamente, con gli esiti delle indagini difensive, genericamente
indicate come inidonee, comunque, a scalfire le acquisizioni probatorie (cfr. folio
11 della sentenza di secondo grado).

4. Da ultimo questa Corte rileva che vanno rimosse le rilevate lacune
motivazionali, in quanto incidenti anche sull’elemento soggettivo del reato,
tenuto conto che i giudici di merito concordano nell’affermare che il giovane
centauro era senza casco e che, all’alt intimatogli dal militare Chirichella, il
giovane conducente aveva dapprima

ridotto l’andatura, per poi riprendere

velocità onde evitare il posto di blocco.
Appare, infatti, evidente la centralità di una

rigorosa motivazione sulla

natura dell’impatto tra il ciclomotore e il militare, tenuto conto del tenore della
contestazione, che attribuisce al Cunsolo la specifica condotta di aver sferrato un
calcio al mezzo.
4.1. Va considerata, sotto tale profilo, la contraddittorietà della motivazione
resa sul punto dalla Corte territoriale. La Corte d’assise, infatti, pur reputando, in
via del tutto residuale, l’ipotesi di un primo impatto tra il ciclomotore ed il corpo
del militare, provocato dal centauro, indica come plausibile che si sia verificato
prima l’impatto e poi il calcio, sferrato successivamente, reputando quest’ultimo
quale mera reazione di rabbia da parte del militare (cfr. folio 10 della sentenza di
secondo grado). Così contraddicendo la ricostruzione sotto il profilo soggettivo

16

caduta del conducente; ciò peraltro, senza confrontarsi con il dato valorizzato

che opera, nella successiva pagina 11, laddove inquadra l’elemento che ha
sorretto l’azione del militare, nella categoria del dolo eventuale, sostenendo che
il calcio era stato senz’altro sferrato al mezzo, con l’evidente intento di bloccarlo,
accettando però il rischio di provocare la caduta e, quindi, le lesioni per il
conducente.
4.2. Va, poi, rimossa l’evidente illogicità della motivazione della Corte
territoriale ove viene prospettato che il Cunsolo (cfr. pag. 10 della pronuncia di

passava su quello sinistro, delineando una dinamica, se non altro, difficoltosa per
mancanza di spazio, tenuto conto anche delle condizioni di tempo in cui si è
svolta rapidamente l’azione descritta in motivazione.
4.3. Deve, poi, sottolinearsi che soltanto l’accertamento senza ombra di
dubbio della volontà di colpire il ciclomotore prefigurandosi la caduta del
centauro, può condurre a configurare il dolo di lesioni e, dunque, l’omicidio
preterintenzionale. Viceversa, ove l’atteggiamento psicologico dell’agente sia
stato soltanto quello di procedere al fermo del mezzo per procedere ad un
controllo o elevare contravvenzione, la condotta può, al più, integrare un
comportamento imperito o imprudente, che imporrebbe di qualificare il fatto
come omicidio colposo.
In definitiva la Corte territoriale ha motivato in modo insufficiente e
contraddittorio in ordine all’accertamento del dolo eventuale che non può farsi
discendere, puramente e semplicemente, dall’azione del Cunsolo sul mezzo, vista
l’attività di servizio che, comunque, il militare stava svolgendo. Né sono stati
prospettati nella motivazione elementi da cui desumere che l’imputato avesse
motivo di voler provocare lesioni. Solo l’eventuale accertamento di una condotta
deliberatamente violenta, pensata nelle conseguenze (e non una mera condotta
istintiva) potrebbe condurre, infatti, a configurare il dolo eventuale; residuando
in ogni caso la necessità della verifica, da rimettere al giudice di merito, della
corretta qualificazione, come omicidio preterintenzionale o colposo, della
fattispecie.
4.4. Si osserva, infine, che la sentenza di condanna non si confronta se non
operando generico riferimento alla violazione di norma regolamentare, con
l’argomento ampiamente esposto a folii 53 e sgg. della sentenza di primo grado,
circa il contenuto della norma regolamentare che si assume violata, nel corso del
controllo espletato dal militare Cunsolo. Tanto sotto il profilo della eventualità,
prospettata dal giudice di primo grado, che gli operanti, in base alla normativa
esaminata, avessero dovuto soltanto di massima, ultimare il controllo del veicolo

17

secondo grado) abbia sferrato il calcio con il piede destro, mentre il ciclomotore

fermato, prima di procedere a fermare altro mezzo, ma potendo procedervi
senza alcuna violazione, in presenza di determinate condizioni.

5. Si impone, quindi, per le ragioni sin qui esposte, l’annullamento della
sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di assise di appello di Salerno
competente per nuovo esame, onde provvede a colmare le evidenziate

6. Alla richiesta di pagamento delle spese in favore della costituita parte
civile si provvederà all’esito della definizione del procedimento di rinvio.

PQM

annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di
assise di appello di Salerno.
Così deciso il 4/12/2017

Ilyre sifl ente

Barbara Calaselice

At

t itin26)‘1_,

contraddizioni e lacune motivazionali della sentenza impugnata.

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