Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16713 del 05/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16713 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARA CARMELO N. IL 02/05/1944
avverso la sentenza n. 1213/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 20/04/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

wi

Data Udienza: 05/02/2016

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr.ssa Paola Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La corte d’appello di Palermo ha, con la sentenza impugnata, confermato
quella emessa dal Tribunale di Termini Imerese, che aveva condannato Ferrara

cod. pen. in relazione all’art. 76 DPR 445/2000), per aver falsamente dichiarato
– con atto diretto all’Ufficio Circondariale Marittimo di termini Imerese – di essere
in possesso dei requisiti morali previsti dall’art. 6 del Regolamento sulle patenti
nautiche, di cui al DPR n. 431 del 9/10/1977.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato con
due motivi di doglianza.
Col primo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 483 cod. pen. e della norma

che a questa fa rimando. L’art. 76 Dpr 445/2000 non contiene – sostiene – una
autonoma norma incriminatrice, in quanto rappresenta norma di mero rinvio alle
fattispecie previste dal codice penale, per cui le dichiarazioni mendaci in tanto
sono punite penalmente in quanto siano previste come reato da specifiche
disposizioni codicistiche o di leggi speciali. E poiché la falsa attestazione
contenuta in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio non realizza l’elemento
materiale del reato di cui all’art. 483 cod. pen. – non essendo contenuta in un
atto pubblico – né l’elemento materiale di altri reati contro la fede pubblica, non
è soggetta a sanzione penale.
Col secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 125 e 546 cod. proc. pen.
“per mancanza di esplicitazione dell’impianto argomentativo della sentenza”,
avendo la Corte d’appello omesso “un’analisi approfondita degli elementi
costitutivi del reato”, nonché la violazione dell’art. 111 della Costituzione, per
essere la motivazione d’appello compendiata in formule di stile, che non
esplicitano le ragioni della decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati, per cui il
ricorso va dichiarato inammissibile.

1. Come ripetutamente affermato nella giurisprudenza di legittimità, l’art. 76,
comma terzo, del d.P.R. n. 445 del 2000 dispone che le dichiarazioni sostitutive

2

Carmelo per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483

di certificazioni, rese ai sensi dell’art. 46 del predetto d. P.R. n. 445 del 2000, si
considerano come fatte a pubblico ufficiale, sicché la falsità delle stesse integra il
reato di cui all’art. 483 cod. pen. (Cass., sez. 5, n. 18731 del 31/1/2012; Sez. 3,
n. 7363 del 12/1/2012; Sez. 5, n. 12149 del 1/12/2011; Sez. 5, n. 3681 del
14/12/2010). Conseguentemente, anche la dichiarazione resa all’Ufficio
Circondariale Marittimo è fatta a pubblico ufficiale ed è sanzionata – in caso di
falsità – dall’art. 483 cod. pen..

senza la minima evidenziazione delle ragioni per cui la sentenza impugnata
sarebbe affetta dal vizio lamentato. Il giudice d’appello ha evidenziato che la
dichiarazione resa da Ferrara Carmelo all’Ufficio Circondariale Marittimo era
falsa, perché non faceva menzione delle quattro condanne riportate, comportanti
la pena della reclusione superiore a tre anni. Eppure, all’atto della presentazione
dell’istanza era stato sottoposto alla sua attenzione il contenuto della norma di
riferimento (art. 6 del Dpr n. 431 del 9/10/1997), che precludeva il rilascio della
patente nautica a coloro che fossero stati condannati a pena detentiva non
inferiore a tre anni. La motivazione con cui è stata affermata la penale
responsabilità dell’imputato per il reato a lui contestato non è – quindi nient’affatto apparente, né “di stile”, ma rende conto, in maniera adeguata e
senza errori di giudizio, della conclusione cui la Corte d’appello è pervenuta.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi profili di colpa nella
proposizione del ricorso, al versamento di una somma a favore della Cassa delle
ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro
1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/2/2016.

2. Il secondo motivo si sostanzia nella generica contestazione della decisione,

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