Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1671 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1671 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da Spagnuolo Oreste, nato il giorno 5 maggio
1979, avverso la sentenza 14 dicembre 2012 della Corte di assise d’appello di
Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale,
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e
Paolo eart
—egiaa che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché il difensore della
parte civile, avv.ssa Nesta che ha depositato conclusioni scritte e nota spese, ed il
difensore dell’imputato, avv. Ferrone, che ha chiesto raccoglimento
dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Spagnuolo Oreste, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la
sentenza 14 dicembre 2012 della Corte di assise d’appello di Napoli, che,
decidendo quale giudice di rinvio dalla Corte di Cassazione, in riforma della

Data Udienza: 20/12/2013

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sentenza del GUP del Tribunale di Napoli in data 25 gennaio 2010 appellata da
Spagnuolo Oreste, come già parzialmente riformata dalla Corte di assise di appello,
con sentenza del 5 maggio 2011, ha dichiarato non doversi procedere a carico
dello Spagnolo in ordine ai reati di cui al capo b) perchè l’azione penale non poteva
essere proseguita per precedente giudicato; ed ha rideterminato la pena finale

sentenza.
2. La Corte di assise d’appello, decidendo in sede di rinvio, il 14 maggio
2012:
a) ha ridotto la pena dell’ergastolo inflitta per il capo C, ad anni 12 di
reclusione ex art 8 L.203/91, conseguentemente ricalcolando l’aumento di pena
da infliggere per i residui reati di cui ai capi a) e d) della rubrica ai sensi dell’art.
81 c. p.;
b) ha rideterminato l’aumento di pena da infliggere per il reato di cui al
capo A) della rubrica in anni tre anni e mesi nove di reclusione e per il reato di cui
al capo D) della rubrica di anni uno mesi tre di reclusione, tenuto conto
dell’intervenuta esclusione dell’aggravante di cui all’art. 3 L. 205/93, valutati tutti i
criteri di cui all’art. 133 c. p.;
c) ha preso atto della non procedibilità a carico dello Spagnolo in ordine al
reato di cui al capo B) della rubrica per precedente giudicato e, tenuto conto dei
criteri di cui all’art. 133 c. p., ha fissato la pena per residui reati di cui ai capi A),

C) e D) della rubrica, uniti dal vincolo della continuazione ed applìcata la riduzione
per la scelta del rito, in anni undici e mesi quattro di reclusione ( pena base per il
più grave reato di cui al capo c) della rubrica ergastolo, diminuita ad anni dodici di
reclusione per la diminuente di cui all’art. 8 D.L. 152/1991, aumentata di tre anni
e mesi 9 di reclusione per il reato di cui al capo a) e di anni uno mesi tre di
reclusione di cui al capo d), così ridotta per la scelta del rito).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge e
vizio di motivazione in relazione al disposto degli artt. 63-81 cod. pen. e 533 cod.
proc. pen. per non essere stati esplicitati i criteri seguiti per la determinazione
della pena inflitta, in relazione ai delitti di cui ai capi A) e D) della rubrica in

nella misura di anni 11, mesi 4 di reclusione, confermando nel resto l’impugnata

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seguito all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 3 legge n.
205/1993.
2. Rileva in particolare il ricorso:
a) che con la pronunzia del 5 maggio 2011 gli aumenti di pena ex art. 81
cod. pen. erano stati quantificati, per il reato sub a), in anni quattro e, per il reato

è stato contenuto per il reato del capo a) a tre anni e mesi nove di reclusione e
per il reato di cui al capo d) ad anni uno mesi tre di reclusione
b) che tale rideterminazione della pena con la relativa riduzione di appena
tre mesi per ciascuno di essi, in conseguenza dell’esclusione dell’aggravante
razziale, sarebbe viziata da violazione di legge alla luce della natura di circostanza
ad effetto speciale di tale aggravante che può comportare un aumento della pena
«fino alla metà» (v. art. 3 legge n. 205/1993);
c)

che il vizio sarebbe ancor più evidente laddove si consideri che la

sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, nel valutare la gravità dei fatti,
con gli innegabili riflessi sulla graduazione della pena, muovendo dal presupposto
della ricorrenza nella specie dell’aggravante de qua, ne aveva valorizzato oltre
modo la sussistenza come consta dalla corrispondente motivazione di pagg. 15 e
16;
d) che,comunque,la motivazione sul punto sarebbe meramente apparente,
esaurendosi nel richiamo tout court di «tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p.» vale a
dire in una clausola di stile, occorrendo invece l’espressa indicazione dei criteri
applicati
e) che tale principio, che naturalmente opera pure per la graduazione della
pena rispetto all’efficacia sanzionatoria propria delle circostanze, aggravanti ed
attenuanti non può non valere altresì, per identità di ratio, quando, come nella
/
specie, si tratta di escludere, con un calcolo in detrazione, gli effetti di
un’aggravante, soprattutto se la portata di tali effetti è normalmente fissata solo
nel massimo, come è per l’aggravante razziale (aumento della pena-base «fino alla
metà» ex art. 3 legge n. 295/2003), e pertanto ne è affidata in ampia misura al
potere valutativo del giudice la relativa determinazione in concreto.

sub d), in anni uno e mesi sei, mentre, con l’odierna gravata sentenza, l’aumento

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3. Reputa la Corte che il motivo, nelle sue articolazioni, non superi la soglia
dell’ammissibilità, avuto riguardo al consolidato orientamento giurisprudenziale,
che va qui condiviso, per il quale, in tema di determinazione della sanzione
nel reato continuato, va ritenuta congruamente motivata la sentenza che, per la
pena base, faccia riferimento alle modalità dei fatti ed ai precedenti penali specifici
aumenti di pena a titolo di continuazione, valendo a questi fini le medesime ragioni
poste a fondamento della quantificazione della pena-base (cass. pen. sez.
5, 27382/2011, Rv. 250465).
4. In ogni caso/ il ricorso sembra ignorare che la Corte di appello in sede di
rinvio, con una valutazione di merito, insindacabile in questa sede, ha fissato i
termini degli aumenti, e la conseguente determinazione della sanzione finale da
infliggersi, avuto riguardo alla gravissima realtà comportamentale, riferibile alla
condotta accertata dello Spagnuolo, ritenuta non modificata in modo determinante
in seguito all’esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 3 legge n.
205/1993.
5. Invero il quadro di riferimento, per la definizione degli aumenti di pena
per i delitti sub A e sub D, era di tale polivalente gravità, laddove parametrata,
come fatto dalla corte distrettuale, ai criteri dell’art.133 cod. pen. sia in punto di
gravità del reato che in punto di capacità a delinquere del colpevole, da non
richiedere -da parte del giudice di merito- una diversa e minuta rassegna delle
ragioni ostative ad una più consistente riduzione della sanzione, considerato che,
nella specie, tutti i valori negativi, apprezzabili ex art. 133 cod. pen. ed indicati a
supporto della definizione della pena base, si trovavano egualmente rappresentati
per i delitti avvinti dal vincolo della continuazione.
6. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Alla decisa inammissibilità consegue, ex art. 616 C.P.P., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della
Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in €. 1000,00 (mille).
7. Da ultimo, quanto alla parte civile costituita, presente in questa sede,
successiva

a giudizio di rinvio (con decisione irrevocabile in punto di

responsabilità) e con richiesta di liquidazione di spese diritti ed onorari (per una

degli imputati: non sussiste, invece, l’obbligo di specifica motivazione per gli

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somma, sinteticamente indicata, e pari ad €. 15 mila oltre i.v.a. e c.p.a.), nulla va
disposto in suo favore.
Ritiene infatti il Collegio, aderendo ad una giurisprudenza consolidatasi già
nel precedente codice di rito (cass. pen. sez. 4, 3615/1974 Rv. 126945), che
l’efficacia del principio, consacrato nell’art 92 cod proc pen 1930 e subordinata
varie fasi del procedimento penale, consenta di escludere siffatto interesse nel
giudizio di rinvio, in punto di sola determinazione della sanzione e nel successivo
ricorso per cassazione, nel quale si controverta unicamente sulla richiesta di
attenuanti (od esclusione di aggravanti, come nella specie) le quali afferiscono
alla misura della pena, sulla base di una valutazione della personalità
dell’imputato, che non altera il giudizio di responsabilità penale e la sua efficacia
ai fini del risarcimento del danno di cui all’art.185 cod. pen.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2013
Il consigliere estensore

all’accertamento in concreto di un interesse della parte civile a partecipare alle

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