Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1670 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1670 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) SANTAPAOLA VINCENZO N. IL 02/06/1969
avverso l’ordinanza n. 2211/2011 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
28/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
44We/sentite le conclusioni del PG Dott. r(‘t
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Data Udienza: 28/11/2012

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N.14471/12-RUOLO N.31 C.C.P. (1910)

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 6 ottobre 2010 il Tribunale di Catania ha accolto l’istanza di
riesame, proposta ex art. 309 cod. proc. pen. da SANTAPAOLA Vincenzo avverso
l’ordinanza del GIP in sede in data 22 ottobre 2010, con la quale era stata
emessa nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome
gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad associazione a delinquere di

2.11 Tribunale ha ritenuto in quell’occasione insufficienti gli indizi di colpevolezza
emersi a carico dell’indagato per il delitto ascrittogli e consistiti nelle
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia PULIZZI Gaspare e BARBAGALLO
Ignazio, nonché in un’intercettazione ambientale del 6 maggio 2007.

3.Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la Procura della
Repubblica di Catania, ritenendo che gli indizi emersi a carico dell’indagato
anzidetti fossero stati erroneamente valutati in modo parcellizzato e che le
dichiarazioni rese dai due collaboratori di giustizia anzidetti, sebbene de relato,
avessero una particolare valenza indiziaria, tenuto conto del loro calibro
criminoso e formando esse un patrimonio di conoscenza comune agli affiliati alla
medesima associazione mafiosa.

4.La Corte di Cassazione con sentenza del 26 settembre 2011, accogliendo il
ricorso del P.M. di Catania, ha annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame di
Catania in data 6 dicembre 2010, rinviando gli atti al medesimo Tribunale in
diversa composizione per nuovo esame in ordine alla valenza indiziaria delle
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia STURIALE Eugenio e LAUDANI
Giuseppe, convenendo con l’ordinanza impugnata circa l’irrilevanza indiziaria
delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia BARBAGALLO Ignazio per la
loro imprecisione temporale e la mancanza di riscontri esterni.

5.11 Tribunale del riesame di Catania, investito ex novo della richiesta di riesame
proposta da SANTAPAOLA Vincenzo, con ordinanza depositata il 28 febbraio
2012, l’ha questa volta rigettata, confermando l’ordinanza custodiale in carcere
emessa nei suoi confronti dal G.I.P. di Catania il 22 ottobre 2010.

6.11 Tribunale, premesso che non costituivano validi indizi a carico del ricorrente
né le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia LAUDANI Giuseppe, siccome
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stampo mafioso per il periodo maggio 2005-aprile 2010 (art. 416 bis cod. pen.).

eccessivamente generiche ed imprecise, né l’intercettazione ambientale del 6
maggio 2007, stante l’incertezza dei riferimenti a suo carico, non essendo certo
che l’interlocutore AIELLO Vincenzo si fosse riferito proprio all’indagato
chiamandolo “Enzuccio”, ha tuttavia valorizzato a carico del medesimo i seguenti
indizi di colpevolezza:
-le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia STURIALE Eugenio, che aveva
riconosciuto in foto l’indagato e la cui attendibilità era stata desunta dalla sua
elevata caratura criminosa, si che le informazioni da lui fornite rientravano nel
fatti di interesse comune degli associati; e le dichiarazioni rese dal collaboratore
di giustizia anzidetto erano state precise nell’indicare il prevenuto come soggetto
che rivestiva un ruolo direttivo nella famiglia mafiosa dei Santapaola;
-le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia BARBAGALLO Ignazio, in
precedenza non compiutamente valorizzate, avendo il medesimo dichiarato che
nel Natale del 2008 l’associazione mafiosa Santapaola aveva inviato all’odierno
indagato una somma di danaro tramite una persona riservata conosciuta da tale
CAMMARATA Dino e che, inoltre, LA CAUSA Santo gli aveva riferito che era stato
proprio il ricorrente ad avergli affidato la reggenza del gruppo mafioso di
appartenenza, fatto quest’ultimo avvenuto dopo il 26 settembre 2007, epoca in
cui era avvenuto l’omicidio di SANTAPAOLA Angelo, fino ad allora essendo stato
quest’ultimo a reggere l’organizzazione; ed in quell’epoca sia l’indagato che il LA
CAUSA erano liberi;
-la convergenza fra le dichiarazioni rese dai due collaboratori anzidetti
nell’indicare la permanente appartenenza dell’odierno indagato all’associazione
mafiosa “cosa nostra”, tale da costituire valido riscontro esterno
individualizzante.
7.Quanto alle esigenze cautelari, in ordine alle quali peraltro il ricorrente non ha
formulato alcuna doglianza, il Tribunale ha fatto riferimento al reato di
associazione mafiosa contestato all’indagato, per il quale l’art. 275 terzo comma
cod. proc. pen. pone una presunzione legale di pericolosità sociale, tale da far
luogo alla custodia cautelare in carcere, non essendo emersi elementi dai quali
poter desumere la dissociazione dell’indagato dal sodalizio mafioso di
appartenenza.
8.Avverso detta ordinanza del Tribunale di Catania propone ricorso per
cassazione SANTAPAOLA Vincenzo per il tramite del suo difensore, che ha
dedotto erronea applicazione delle legge processuale penale e motivazione
illogica e contraddittoria.
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patrimonio conoscitivo costituito dal flusso circolare di informazioni concernenti

Ha rilevato in particolare che il ricorso avverso il primo provvedimento del
Tribunale del riesame di Catania era stato proposto dal P.M. di Catania con
esclusivo riferimento alla negata valenza indiziaria delle dichiarazioni rese dai
collaboranti STURIALE Eugenio e LAUDANI Giuseppe, senza che il P.M. avesse in
alcun modo lamentato l’eliminazione dal quadro indiziario delle dichiarazioni rese
dal collaborante BARBAGALLO effettuata dal Tribunale di Catania, si che
Illegittimamente il Tribunale di Catania, in sede di ulteriore riesame, aveva
ritenuto che gli elementi indiziari a suo carico fossero costituiti dalle dichiarazioni
sede di annullamento con rinvio, avesse escluso, conformemente a quanto
ritenuto dal primo Tribunale del riesame, la valenza indiziarla delle dichiarazioni
rese dal BARBAGALLO.
Inoltre l’efficacia indiziaria di dette dichiarazioni era stata affermata senza
accertare la credibilità oggettiva dei propalanti; l’attendibilità intrinseca del
narrato e l’esistenza di riscontri individualizzanti, come esplicitamente chiesto
dalla Corte di Cessazione in sede di rinvio.
Anche con riferimento alle dichiarazioni rese dal collaborante STURIALE il
Tribunale del riesame aveva invero omesso di indicare le ragioni per le quali esse
fossero soggettivamente credibili e corroborate da riscontri esterni
individualizzanti; in particolare le sue dichiarazioni non potevano essere ritenute
credibili, tenuto conto della sua riscontrata instabilità associativa (aveva
cambiato ben tre clan criminosi), si che, nei suoi confronti, non poteva parlarsi di
notizie di cui sarebbe stato in possesso siccome oggetto di un flusso circolare di
informazioni e di un patrimonio comune; d’altra parte egli stesso aveva
dichiarato di avere appreso le notizie fornite agli organi inquirenti da un unico
determinato soggetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto da SANTAPAOLA Vincenzo è infondato.
2.Va preliminarmente osservato che, in sede di applicazione dell’art. 273 cod.
proc. pen., per gravi indizi di colpevolezza vanno intesi tutti quegli elementi a
carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o
soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, pur non
essendo di per sé idonei a provare oltre ogni dubbio la responsabilità
dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, tuttavia
consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo
delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel
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dello STURIALE e del BARBAGALLO, nonostante che la Corte di Cessazione, in

frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (principio ampiamente
consolidato; cfr., ex multis, Cass., Sez. VI, 06/07/2004, n.35671).
3.Fatta tale premessa, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è
concorde nel ritenere che anche nel procedimento “de libertate” il giudice di
rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato
annullato; pertanto, purché venga rispettato l’eventuale principio di diritto
stabilito dalla Corte di legittimità e purché la decisione non risulti fondata su
piena autonomia di giudizio nel ricostruire il fatto e nel valutare i dati emersi,
ben potendo trarre il suo convincimento da elementi prima trascurati ovvero
successivamente acquisiti, atteso che, anche in tal modo, egli può porre rimedio
alle incongruenze segnalate nella fase rescindente e colmare i vuoti motivazionali
rilevati (cfr., in termini, Cass. Sez. 6 n. 41376 del 25/10/2011, Mantella, Rv.
251064).
4.Nella specie la Corte di Cessazione, in sede di annullamento con rinvio, non ha
enunciato alcun principio di diritto che impedisse di valorizzare le dichiarazioni
del collaborante BARBAGALLO Ignazio, essendosi limitato a confermare
l’inadeguatezza delle argomentazioni addotte sul punto dal Tribunale del
riesame, si che nulla poteva impedire al medesimo Tribunale di valorizzare ex
novo, in sede di rinvio, le dichiarazioni formulate dal dichiarante anzidetto e di
ritenerle, come infatti è avvenuto, idonee a fornire riscontro obiettivo alle
dichiarazioni rese dall’altro collaborante STURIALE Eugenio.
5.11 provvedimento impugnato innanzi a questa Corte ha poi fatto corretta
applicazione della giurisprudenza di legittimità, alla stregua della quale le
dichiarazioni di un collaborante, se precise, coerenti e circostanziate, ben
possono costituire fonte di convincimento circa la sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza, qualora le stesse abbiano trovato riscontro in elementi esterni, che
possono consistere anche in argomenti di natura logica, tali da rendere
verosimile il contenuto della chiamata in correità; e detti riscontri esterni, idonei
a confermare l’attendibilità di un collaboratore di giustizia, ben possono essere
costituiti, come nella specie in esame, da altre dichiarazioni convergenti, rese in
piena autonomia rispetto alle precedenti, da altro collaboratore di giustizia con
modalità tali da escludere che possa essersi trattato di dichiarazioni inquinate da
reciproche influenze (cfr., in termini, Cass. Sez. 1 n. 1263 del 20/10/2006, dep.
il 18/1/2007; Alabiso, Rv. 235800; Cass., Sez. I, 09/04/2010, n. 16792; Cass.,
Sez. I, 10/10/2001, n. 49523).
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argomentazioni già ritenute illogiche ed incomplete, il giudice del rinvio mantiene

6.Nella specie in esame i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente,
idonei a giustificare la misura cautelare inframuraria disposta a suo carico,
siccome ritenuto intraneo, per il periodo dal maggio 2005 all’aprile 2010,
dell’omonimo contesto associativo mafioso, facente capo a “cosa nostra”, sono
consistiti:
-nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia STURIALE Eugenio, che
aveva riconosciuto in foto l’indagato e la cui attendibilità era stata desunta dalla
ritenute come facenti parte di un patrimonio conoscitivo costituito dal flusso
circolare di informazioni, relative a fatti di interesse comune degli associati.
Il provvedimento impugnato nella presente sede ha in particolare rilevato come
le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia anzidetto erano state precise
nell’indicare il prevenuto come soggetto che rivestiva un ruolo direttivo nella
famiglia mafiosa dei Santapaola;
-nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia BARBAGALLO Ignazio, in
precedenza non compiutamente valorizzate, avendo il medesimo dichiarato che
nel Natale del 2008 l’associazione mafiosa Santapaola aveva inviato all’odierno
indagato una somma di danaro tramite una persona riservata conosciuta da tale
CAMMARATA Dino e che, inoltre, LA CAUSA Santo gli aveva riferito che era stato
proprio il ricorrente ad avergli affidato la reggenza del gruppo mafioso di
appartenenza, fatto quest’ultimo avvenuto dopo il 26 settembre 2007, epoca in
cui era avvenuto l’omicidio di SANTAPAOLA Angelo, fino ad allora essendo stato
quest’ultimo il reggente dell’organizzazione; e le dichiarazioni sono state ritenute
credibili dal provvedimento impugnato, essendo stato accertato che, in
quell’epoca, sia l’indagato che il LA CAUSA erano liberi;
-nella già rilevata convergenza fra le dichiarazioni rese dai due collaboratori
anzidetti nell’indicare la permanente appartenenza dell’odierno indagato
all’associazione mafiosa “cosa nostra”, si da fornirsi reciprocamente valido
riscontro esterno individualizzante; e va rilevato che, sul punto, le SS.UU. della
Corte di Cassazione hanno di recente (cfr. Cass. SS.UU. n. 3607 del 29/11/2012)
sostanzialmente confermato l’orientamento giurisprudenziale in precedenza
riferito, ritenendo che una chiamata in reità od in correità “de relato” ben può
essere riscontrata da altra chiamata “de relato”, purché trattasi di chiamate
fornite di autonomia genetica e purché esse siano positivamente valutate per
attendibilità, specificità e convergenza; il che è da ritenere essere avvenuto nella
specie in esame.

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sua elevata caratura criminosa, si che le informazioni da lui fornite sono state

7.Le censure addotte dal ricorrente circa l’attendibilità e la valenza indiziarla
delle dichiarazioni rese dai collaboratori anzidetti ridondano pertanto in
valutazioni di merito non proponibili nella presente fase cautelare di legittimità,
potendo esse trovare la loro naturale collocazione nell’ambito dell’instaurando
giudizio di merito.
In particolare nella presente sommaria fase cautelare, ben può costituire indizio
valutabile a carico del ricorrente l’avvenuto riconoscimento fotografico fattone
dal collaborante STURIALE.

all’attendibilità soggettiva di entrambi i collaboranti, sia in ordine alla credibilità
di quanto da essi narrato e costituisce valutazione di fatto, non proponibile nella
presente sede di legittimità, l’aver ritenuto il collaborante STURIALE di statura
criminosa non così elevata da farlo ritenere in possesso di un significativo
patrimonio di conoscenze, solo perché egli era stato partecipe di tre diversi clan
mafiosi.

8.Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

9.La Cancelleria è richiesta di espletare le formalità di cui all’art. 92 disp. att.
cod. proc. pen.

Laitt.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone che la Cancelleria esplichi le formalità di cui all’art. 92 disp. att. cod.
proc. pen.
Così deciso il 28 novembre 2012.

Inoltre il Tribunale del riesame ha adeguatamente motivato sia in ordine

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