Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16682 del 24/11/2015
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16682 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAFAILA DRAGOS N. IL 08/05/1987
RAFAILA FLORICA N. IL 04/10/1992
PANTICA CATITA N. IL 10/08/1967
avverso la sentenza n. 4936/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
15/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
Data Udienza: 24/11/2015
„
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesco Salzano, ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15.4.2014 la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza di
primo grado con cui Rafaila Dragos, Rafaila Florica e Patica Catita sono stati condannati alla
pena di giustizia per due tentati furti aggravati in concorso perpetrati in Firenze
rispettivamente ai danni di Morandi Lisetta e della cittadina kazaka Kudrina.
Con atto sottoscritto per il tramite del loro difensore hanno proposto ricorso per cassazione
2.1 Viene dedotta la nullità dell’intero di giudizio di primo grado e della sentenza di primo
grado per violazione di legge in relazione agli artt. 143 c.p.p. ed all’art. 3 nn. 1 e 2 della
direttiva UE 64/2010 per omessa traduzione scritta degli atti introduttivi del giudizio e della
sentenza di primo grado.
Lamentano i ricorrenti che l’obbligo di traduzione a favore dell’imputato alloglotta
deriverebbe in via diretta dall’art. 3 della direttiva 2010/64/UE, norma che i singoli possono
direttamente invocare dinanzi alle giurisdizioni nazionali ed europee a prescindere dal fatto che
lo Stato membro abbia recepito la norma in questione nel proprio ordinamento giuridico.
I ricorrenti si diffondono sui contenuti di tale direttiva e ritengono che in virtù della
stessa sussista un preciso obbligo di traduzione, trattandosi di questione che si riflette sulla
stessa possibilità di pieno esercizio del diritto di difesa, con la conseguenza che sarebbero
affette da nullità la decisione di primo grado e quella di secondo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi non sono fondati e vanno pertanto rigettati.
Va osservato che, ancor prima che entrasse in vigore la novella dell’art. 143 c.p.p.,
introdotta dal dlgs n. 32/2014, questa Corte già riteneva che l’imputato alloglotta che non
conoscesse la lingua italiana avesse sì diritto, sulla base dei principi contenuti nell’art. 3
della direttiva 2010/64/UE , ad ottenere la traduzione della sentenza “tout court” , in
quanto rientrante tra i documenti fondamentali per l’esercizio del diritto di difesa, ma solo
se ne avesse fatto espressa richiesta (Sez. 6, n. 32 del 30/12/2013 – dep. 02/01/2014,
Iordache, Rv. 258558).
Orbene, nel caso di specie, dall’esame diretto degli atti del fascicolo processuale, attività
consentita a questa Corte quando viene dedotta la violazione di una norma processuale
onde acquisire gli elementi di giudizio necessari per la soluzione della questione
sottoposta, emerge che gli imputati, nel corso del giudizio di primo grado, non hanno
richiesto la traduzione scritta della sentenza di primo grado, con la conseguenza che non
era sorto a carico del giudice di primo grado l’obbligo di disporre tale traduzione, né
sussiste la dedotta nullità.
P.Q.M.
2
gli imputati affidandolo ad un motivo unico.
n
La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2015
Il Presidente
Il consigliere este