Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16679 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16679 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOSCATI MARIA N. IL 02/04/1936
MOSCATI FRANCESCO N. IL 26/03/1932
avverso la sentenza n. 9904/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
14/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/11/2015

-,

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesco Salzano , ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. L’avv. Antonio Zullo per i ricorrenti
Moscati Maria e Moscati Francesco ha chiesto l’accoglimento del ricorso. L’avv. Generoso
Pagliarulo in sostituzione dell’avv. Giocanni Iacobelli per la parte civile ha chiesto il rigetto

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 28 marzo 2013 la Corte d’Appello di Napoli confermava la
sentenza del Tribunale di Avellino del 25 novembre 2009 con cui Moscati Federico, Moscati
Maria e Moscati Francesco sono stati condannati alla pena di C 600,00 di multa – pena sospesa

del Tribunale di Avellino, al Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale di Avellino,
al Procuratore della Repubblica, all’Ordine degli avvocati ed al Presidente dell’associazione
notarile, offeso l’onore ed il decoro di De Vitto Concetta, notaio delegato nella procedura
esecutiva, assumendo che avrebbe avuto una condotta frettolosa e poco trasparente nella
fissazione e nelle notifiche dell’asta dei beni di essi debitori.
2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, con atto sottoscritto dal loro difensore,
affidandolo ad un unico motivo.
Viene dedotta l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 595 comma primo e terzo,
dell’art. 598 c.p.p e dell’art. 521 e 522 c.p.p. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità
della motivazione .
In primo luogo, evidenziano che nell’esposto non si è mai parlato di “condotta frettolosa e
poco trasparente” essendosi utilizzata l’espressione “frettolosa sollecitudine” e lo stesso
giudice di primo grado aveva rimarcato che i denuncianti non avevano contestato irregolarità
in ragione del codice di rito o dell’ordinamento giuridico, ma soltanto la sollecitudine di tale
procedura in rapporto alle altre seguite in altri casi.
Inoltre, nel capo di imputazione, alcun riferimento era stato fatto ad una supposta connivenza
del notaio con interessi speculativi creditori, come invece esposto nella della sentenza di
secondo grado con conseguente violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. oltre al vizio
motivazionale.
Lamentavano inoltre gli imputati che, come già dedotto nei motivi d’appello, nessuna prova era
stata fornita che l’esposto fosse stato inviato e ricevuto dai soggetti indicati nel capo
d’imputazione oltre al Giudice dell’Esecuzione, difettando quindi la prova della comunicazione
con più persone, elemento costitutivo della diffamazione.
Censuravano il mancato riconoscimento da parte della Corte dell’esimente dell’art. 598 c.p. sul
rilievo che le espressioni ingiuriose non avrebbero riguardato in modo diretto ed immediato
l’oggetto della controversia e non avrebbero avuto una rilevanza funzionale con la procedura.
Non aveva considerato la Corte che l’esposto era stato presentato direttamente al giudice
dell’esecuzione in un procedimento in cui i ricorrenti erano debitori esecutati e riguardava
2

– per aver in concorso tra di loro quali debitori esecutati, con esposto indirizzato al Presidente

appunto la procedura esecutiva e dopo tale esposto il Giudice dell’Esecuzione aveva fissato
udienza di comparizione delle parti.
Infine , veniva censurata l’applicazione dell’aggravante di cui al comma 3 0 dell’art. 595 c.p.
non rientrando l’esposto tra i mezzi di stampa e pubblicità e non costituendo atto pubblico e
contestando la motivazione con cui la Corte aveva ritenuto la maggiore diffusività della missiva
diretta al magistrato necessariamente destinata a venire a conoscenza di più persone
nell’ambito del pubblico ufficio.

1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
Va preliminarmente osservato che rispetto all’espressione contestata agli imputati nel capo
d’imputazione – si sarebbero lamentati in un esposto indirizzato al Giudice dell’Esecuzione e ad
altre autorità che il notaio delegato avrebbe avuto una “condotta frettolosa e poco
trasparente” nella fissazione e nelle notifiche dell’asta dei beni di essi debitori – entrambi i
giudici di merito hanno accertato che l’espressione effettivamente utilizzata nel loro esposto
dai ricorrenti è quella di ” frettolosa sollecitudine” , senz’altro meno pungente.
Orbene, ritiene questo Collegio che tale espressione sia stata pronunciata nell’esercizio del
diritto di critica.
Posto che per giurisprudenza consolidata di questa Corte perché sia integrata la scriminante è
necessario che sia rispettato il requisito della continenza, ovvero che le modalità espressive
dispiegate siano proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione, e non si
traducano in espressioni che in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti,
trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato, (Sez. 5, n. 18170 del
09/03/2015 – dep. 30/04/2015, Mauro e altri, Rv. 263460) non appare nel caso di specie che
tale limite sia stato travalicato.
Va peraltro osservato che la circostanza lamentata dai ricorrenti, ovvero che la durata della
loro procedura immobiliare era stata più ridotta rispetto ad altre procedure esecutive – la
connotazione negativa di tale fatto deve essere ovviamente letta nella prospettiva di soggetti
esecutati che stanno per perdere i loro beni – non era un’invenzione sebbene la persona offesa
avesse nel processo di primo grado fornito, in proposito, una plausibile spiegazione, e
segnatamente che quella procedura non aveva presentato alcuna difficoltà essendoci poche
formalità pregiudizievoli.
D’altra parte, lo stesso giudice di primo grado, cui la sentenza impugnata ha fatto ampio
richiamo, ha evidenziato che nel loro esposto i ricorrenti non avevano contestato al notaio
irregolarità procedimentali o altre violazioni dell’ordinamento giuridico, di talchè la censura era
stata circoscritta proprio alla durata della procedura.
Dunque, ad avviso di questa Corte, si potrà ritenere che questa critica sia stata ingenerosa nei
confronti del notaio, il quale non aveva fatto altro che il proprio dovere, ma l’espressione

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

I

contestata nel capo d’imputazione e, maggior ragione, quella accertata dai giudici di merito
(frettolosa sollecitudine) deve ritenersi priva di penale rilevanza.
Infine, l’osservazione svolta dalla Corte di merito, secondo cui nell’esposto i ricorrenti
avrebbero adombrato una convivenza del notaio con interessi speculativi del creditore, non
trova minimamente conforto nel capo d’imputazione I il cui oggetto costituisce il thema
decidendum su cui l’organo giudicante è chiamato a pronunciare una decisione.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2015

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