Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16676 del 30/10/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16676 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
CHIAPPARINI SERGIO nato il 19/11/1961 a CORTENUOVA
CARMINATI MAURO nato il 15/08/1979 a ROMANO DI LOMBARDIA

avverso la sentenza del 21/02/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI CUOMO
che ha concluso per: “Inammissibilità del ricorso di Chiapparini; per Carminati,
annullamento senza rinvio, limitatamente alla sospensione condizionale della
pena subordinata alla demolizione, inammissibile nel resto”.

Sentiti i difensori, Avv. Aiolfi Donano, e Avv Gamba Maria Guida, sost. proc., che
hanno concluso per: “Accoglimento dei ricorsi”.

Data Udienza: 30/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 21 febbraio
2017 in parziale riforma della decisione del Tribunale di Bergamo del 6
luglio 2015, concedeva a Bergamo Gianfranco Ivo il beneficio della

nel resto la condanna di Chíapparini Sergio alla pena di mesi 3 di arresto
ed C 6.000, 00 di ammenda e di Carminati Mauro alla pena di mesi 2 di
arresto ed C 5.500,00 di ammenda relativamente al reato ci cui agli art.
110 cod. pen. e 44, lettera B, d. P.R., 380/2001, accertato il 31 ottobre
2012 (relativamente alla sola parte della contestazione inerente il cambio
di destinazione d’uso dei locali previsti come locali caldaia e pannelli
solari); sospensione condizionale della pena per Chiapparini e Carminati,
subordinata alla demolizione delle opere abusive.
2. Gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, tramite il
difensore di fiducia, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’ad 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2. 1. Per Sergio Chiapparini.
Violazione di legge, art. 479 cod. proc. pen.
In attesa della decisione del T.A.R. di Brescia il giudice penale
doveva sospendere il giudizio ex art. 479, cod. proc. pen. Il ricorso al
T.A.R. verte su importanti petti della legislazione nazionale e regionale
in materia; per evitare un contrasto di giudicati e soprattutto per
l’emergere di un diverso interesse pubblico alla demolizione dell’operaj il
giudizio doveva sospendersi.
2. 2. Violazione di legge, art. 52, 53 e 54 I. Regione Lombardia n.
12/2005.
La legge regionale in oggetto prevede quali siano gli interventi
che comportano una modifica di destinazione d’uso, e per le violazioni

sospensione condizionale della pena e della non menzione e confermava

stabilisce una sanzione amministrativa. L’imputato quindi andava assolto
perché il fatto non costituisce reato.
2. 3. Violazione di legge, art. 31, d.P.R. 380/2001.
L’art. 31 si riferisce ad interventi edilizi di rilevante entità, di
radicale difformità dal permesso di costruire, e non ai semplici interventi.
Nel caso in oggetto c’è stato solo un momentaneo e diverso uso dei locali

380/2001.
2. 4. Violazione di legge, art. 44, d.P.R. 380/2001.
Le difformità dal progetto approvato non danno luogo alla
violazione dell’art. 44, lettera B; al più possono configurare la violazione
dell’art. 44, lettera A, d.P.R. 380/2001.
2. 5. Vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza degli elementi
costitutivi del reato.
Non si comprende l’iter logico che ha fatto configurare nel caso
concreto la violazione delle norme penali (art. 31 e 44, d. P.R. 380/2001)
e non la semplice violazione amministrativa.
2.

6. Vizio di motivazione sull’omessa concessione delle

circostanze attenuanti generiche.
Il ricorrente è incensurato, e ha immediatamente rimosso
l’arredamento provvisoriamente collocato nei locali tecnici. Inoltre ha
proposto ricorso al TAR per le sue ragioni. La Corte di appello ha negato
le circostanze attenuanti generiche con motivazione meramente
apparente.
3. Per Carminati Mauro.
3. 1. Vizio di motivazione per mancanza assoluta della
motivazione, contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Carminati è il legale rappresentante della Carba s.r.l. che ha
eseguito l’opera, e in quanto tale non aveva alcuna autonomia decisionale

tecnici, che non possono configurare la violazione dell’art. 31, d.P.R.

sulla destinazione d’uso dei locali. La società del Carminati aveva solo
l’incarico di realizzare lo scheletro dell’edificio.
La variante realizzata è non essenziale, di poco conto, anche in
considerazione delle possibilità di varianti in corso d’opera; non è stato
quindi verificata la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo
al ricorrente.

esecutrice dei lavori la Idro s.r.I., e non la Carba s.r.I.; illogicamente il
responsabile della Idro s.r.l. è stato assolto, mentre Carminati è stato
condannato. L’ordinanza di sospensione dei lavori del 27 novembre 2012
è stata emessa quando la Carba s.r.l. non era, da tempo, presso il
cantiere. La maggiore altezza realizzata non è stata determinante per la
modifica di destinazione d’uso.
Inoltre l’uso dei detti locali è stato precario e solo temporaneo. I
cm realizzati in più, in altezza, non superano le tolleranze previste dalla
I. Regione Lombardia, 12/2005, art. 54 (un metro di altezza in più, o 3 %
del volume).
Errata risulta la motivazione che individua l’interruzione del
rapporto di lavoro tra la ditta del ricorrente e la committenza per omessi
pagamenti, poiché i pagamenti sono stati regolari.
3. 2. Violazione di legge, art. 165, cod. pen.
Carminati Mauro è nell’impossibilità di demolire l’opera, in quanto
non proprietario, e quindi illegittima risulta la subordinazione della
sospensione condizionale della pena alla demolizione.
Hanno chiesto pertanto l’annullamento della decisione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. i ricorsi risultano inammissibili, per manifesta infondatezza dei
motivi e per genericità; inoltre, relativamente alla subordinazione della

Inoltre la D.I.A. n. 103/2011, variante finale, indicava come ditta

sospensione condizionale della pena alla demolizione, per assenza di
motivo in appello. I ricorsi peraltro, sono articolati in fatto, ripetitivi dei
motivi di appello, senza critiche specifiche di legittimità alla decisione
impugnata, e valutati nel loro complesso mirano alla rivalutazione del
fatto, vietata in sede di legittimità.
La sentenza impugnata (e la decisione di primo grado, in doppia
conforme) con motivazione adeguata, senza contraddizioni e senza

questa Corte di Cassazione evidenzia la commissione dei fatti, da parte
dei ricorrenti, nelle rispettive qualità individuate nell’imputazione, ovvero
la modifica di destinazione d’uso dei locali previsti come locali caldaia e
pannelli solari, con la realizzazione di cucine e altre unità funzionali alla
destinazione d’uso residenziale: «al riguardo è incontestato che l’altezza
dei vani tecnici, ancorchè assentita nella misura di 2,33 fosse di mt. 2,64,
con una maggiorazione di cm 31 e che tali locali avevano al loro interno
un bagno non previsto, una sauna con doccia, una cucina montata e una
in fase di montaggio e altro mobilio. … il compendio fotografico allegato al
sopralluogo effettuato dall’ufficio tecnico del Comune alla data del
31.10.2012 dimostra come i cosiddetti locali tecnici fosserro destinati a
tutt’altro in via definitiva, per come dimostra la presenza di un bagno,
l’allestimento di un locale con sauna e doccia a vista … e la presenza di
due cucine, una interamente montata … ed una in fase di montaggio .. la
tesi difensiva dell’asserito deposito del mobilio, per come sostenuta da
tutti gli appellanti, è contraddetta nei fatti, laddove si nota in un
ambiente la presenza di una cucina completa di top, cappa, mensole e
tavolo».
5. Il reato configurabile nelle ipotesi di modifiche di destinazione
d’uso è quello dell’art. 44, lettera B, e non già quelo dell’art. 44, lettera
A, d.P.R. 380 del 2001,ome costantemente ritenuto da questa Corte di
Cassazione: «È configurabile il reato di cui all’art. 44, comma primo, lett.
b), d.P.R. n. 380 del 2001, commesso mediante il mutamento abusivo,
con opere, della destinazione d’uso di un immobile, quando viene
effettuata la predisposizione di impianti tecnologici sottotraccia all’interno
di un vano autorizzato come “vuoto tecnico”, in quanto tale tipologia di

manifeste illogicità, con corretta applicazione dei principi espressi da

intervento costituisce circostanza idonea per ritenere la destinazione
abitativa dell’immobile. (In motivazione, la Corte ha altresì osservato che,
nel caso di modifica della destinazione d’uso realizzata mediante
l’esecuzione di opere edili, il reato si consuma sin dall’inizio dei lavori,
non essendo necessario attenderne il completamento)» (Sez. 3, n. 42453
del 07/05/2015 – dep. 22/10/2015, Fedeli e altri, Rv. 26519101; vedi
anche Sez. 3, n. 3953 del 16/10/2014 – dep. 28/01/2015, Statuto, Rv.

6. Relativamente ai motivi di ricorso per le violazioni della legge
Regionale 12/2005 della Lombardia si deve rilevare l’assoluta genericità
dei motivi, in quanto non è chiaro sia il presupposto di fatto ritenuto nel
ricorso e sia la norma che si intende violata. Inoltre l’art. 52, comma 2, I.
Regione Lombardia, prevede la semplice comunicazione al Comune solo
per gli interventi non comportanti la realizzazione di opere edilizie,
purché conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alle normative
igienico sanitarie; nel nostro caso la presenza di opere edilizie rilevanti
non può far ritenere sussistente la violazione della norma citata.
Conseguentemente era necessario il permesso di costruire, e si configura,
quindi, il reato di cui all’art. 44, lettera B, d.P.R. 380/2001.
Anche relativamente all’altezza (tolleranza di un metro) non viene
in rilevo la normativa regionale, poiché non di sola altezza si discute, ma
di modifica di destinazione d’uso: da non residenziale a residenziale.
7.

Manifestamente infondato è poi anche il motivo sulla

sospensione del processo penale, per la pendenza di un ricorso al T.A.R.
La sospensione del processo è istituto eccezionale e nelle ipotesi
previste dall’art. 479, cod. proc. pen,discrezionale, non obbligatorio: «La
richiesta di sospensione del dibattimento ai sensi dell’art. 479 cod. proc.
pen., pur essendo oggetto di valutazione discrezionale, obbliga il giudice
a fornire puntuale motivazione delle ragioni per le quali ritenga superfluo
attendere l’esito del giudizio civile o amministrativo dalla cui risoluzione
può dipendere la decisione sull’esistenza del reato» (Sez. 3, n. 17528 del
24/03/2010 – dep. 07/05/2010, Tosti, Rv. 24716501).

26201801).

Nel nostro caso la Corte di appello ha adeguatamente motivato
sull’istanza, rilevando come « nel caso di specie, tale presupposto
chiaramente ancorato alla risoluzione di numerose problematiche di
diritto e di fatto, non si rinviene, trattandosi semplicemente di
interpretare dati fattuali di per sé oggettivi, per come evidenziati dalle
misure dei locali e dalle fotografie dello stato dei luoghi in esito al
sopralluogo disposto dall’ufficio tecnico del Comune di Romano di

Inoltre il ricorso al T.A.R., per come riferito nei ricorsi, riguarda la
demolizione amministrativa, che nulla ha a che vedere con il giudizio
penale.
8.

Il ricorrente Carminati ritiene di essere estraneo alla

realizzazione del reato, in quanto mero esecutore materiale (impresa
esecutrice peraltro dello scheletrg. La sentenza impugnata sul punto
contiene adeguata motivazione, senza contraddizioni e senza manifeste
illogicità, rilevando come «il Carminati non poteva non rendersi conto di
operare una sopraelevazione del manufatto in difformità al progetto, al
sol considerare il maggior importo dei costi sostenuti in termini di mano
d’opera e di materiali rispetto al capitolato. Né certo il completamento
dell’opera da parte di altra impresa esclude la responsabilità della prima
appaltatrice, in quanto già la realizzazione dei vani tecnici ad una quota
tale da renderli pienamente abitabili si presentava strumentale alla
modifica della loro destinazione d’uso».
Si tratta di un evidente accertamento di merito, fattuale, non
sindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato come nel
nostro caso.
9.

Il motivo relativo alla subordinazione della sospensione

condizionale della pena alla demolizione, non è stato p •í•sto nei motivi
di appello e quindi risulta inammissibile in sede di ” orso per Cassazione:
« Non possono essere dedotte con il ricorso

Cassazione questioni sulle

quali il giudice di appello abbia cor tamente omesso di pronunziarsi
perché non devolute alla sua c•izione. (Fattispecie relativa ad omessa
motivazione da parte dell/Corte di appello sulla recidiva ritenuta dal

Lombardia».

giudice di primo grado, non contestata con i motivi di appello)» (Sez. 2,
n. 13826 del 17/02/2017 – dep. 21/03/2017, Bolognese, Rv. 26974501).
10. Anche il motivo relativo alla omessa concessione delle
circostanze attenuanti generiche, al ricorrente Chiapparini, risulta
manifestamente infondato, oltre che generico, poiché la decisione
adeguatamente motiva rilevando la strumentalità dello sgombero del
mobilio (alla tesi dell’uso temporaneo) e non sussistendo altri elementi

incensuratezza».
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in
favore della Cassa delle ammende della somma di C 2.000,00, per ogni
ricorrente, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.

Così deciso il 30/10/2017

validi per la concessione delle generiche «non essendo tale lo stato di

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