Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16664 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16664 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
BUFANO ROBERTO nato il 09/09/1985 a BITONTO
LUCATUORTO ARCANGELO nato il 24/06/1986 a GRUMO APPULA

avverso la sentenza del 30/06/2017 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;

Data Udienza: 07/12/2017

; Ritenuto:
– -che la Corte di appello di Bari, con sentenza del3O/0b2017, ha confermato la sentenza del
14/12/2016 del Tribunale di Bari di condanna di Lucatuorto Arcangelo alla pena di anni tre e
mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione
alla detenzione, in concorso con Bufano Roberto, di sostanza stupefacente del tipo eroina
suddivisa in dodici involucri per complessivi gr. 42,38, destinati alla vendita a terzi e per il
reato di cui all’art. 75 del d.lgs. n. 159 del 2011 in quanto, sottoposto alle misure di

(“vivere onestamente, rispettare le leggi dello Stato e non dare ragione alcuna di sospetti in
ordine alla propria condotta”),i1 punto 7 (“non tenere telefoni cellulari”) ed il punto 5 (“non
associarsi a persone che abbiano subito condanne o siano sottoposte a misure di prevenzione o
di sicurezza”) del decreto del Tribunale di Bari n. 102/15, nonché di condanna di Bufano
Roberto alla pena di anni due di reclusione ed euro 2.000 di multa per il suddetto reato ex art.
73 cit.;
– -che avverso detta sentenza ha proposto anzitutto ricorso per cassazione Lucatuorto Angelo,
deducendo con un primo motivo la omessa o manifesta illogicità della motivazione e la
violazione dell’art. 75 del d.lgs. n. 159 del 2011 con riguardo alla prescrizione di cui al punto 4
del decreto di cui in imputazione avendo le Sezioni Unite della Corte di cassazione ritenuto non
configurabile il reato di cui all’art. 75 cit. in caso di violazione delle prescrizioni di “vivere
onestamente” e di “rispettare le leggi”, potendo tuttavia rilevare in sede di esecuzione del
provvedimento ai fini dell’eventuale aggravamento della misura;
– -che con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. in
relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche;
– -che il primo motivo è comunque inammissibile posto che, in virtù delle residue prescrizioni
del decreto del Tribunale di Bari n. 102/15 trasgredite (ovvero quelle di cui al punto 7 (“non
tenere telefoni cellulari”) ed al punto 5 (“non associarsi a persone che abbiano subito condanne
o siano sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza”), accanto a quella di cui al punto 4
oggetto della invocata sentenza delle Sezioni Unite, il reato addebitato resta in ogni caso
sussistente;
– -che quanto al secondo motivo, già di per sé generico, questa Corte ha in più occasioni
affermato che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione ( da ultimo Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, dep. 03/07/2014, Lule, Rv 259899);
– -che, nella specie, la Corte territoriale ha messo in evidenza, con motivazione insindacabile,
quanto ai motivi ostativi, i precedenti penali anche specifici di Lucatuorto;
– -che il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile;

sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, violava il punto 4

–che ha proposto ricorso anche Bufano Roberto lamentando con un primo motivo mancanza
di motivazione quanto al non riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche deducendo
la non assimilabilità a “pessimi precenti penali” di una sentenza di applicazione della pena;
– -che con un secondo motivo ha dedotto la carenza di motivazione della sentenza impugnata in
quanto meramente riproduttiva delle argomentazioni della sentenza di primo grado senza dare
conto’dello specifico motivo di impugnazione;
– -che entrambi i motivi sono inammissibili posto che il primo si riduce a questione “lessicale”
senza che sia contestato il nucleo della motivazione impugnata, ovvero la esistenza di

neppure a quale doglianza sollevata con l’appello si faccia riferimento;
– -che, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità – non
potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (Corte Cost. 7 -13 giugno
2000, n. 186) segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in
favore della Cassa delle ammende, della somma ciascuno, equitativamente fissata in ragione
dei motivi dedotti in euro 3.000,00;
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017

il Presidente
Aldo Cavallo

precedenti penali specifici, mentre il secondo appare del tutto generico non comprendendosi

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