Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16659 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16659 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HODAJ ALEKSANDER nato il 06/09/1981 a FIER ( ALBANIA)

avverso la sentenza del 24/02/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Bari ha applicato a Hodaj Alexander, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., la pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di
multa, in relazione al reato di cui agli artt. 73 e 80, comma 2, d.P.R. 309/90 (per avere
detenuto a fini di spaccio un quantitativo complessivo di chilogrammi 13,650 di sostanza
stupefacente del tipo eroina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

stato adeguatamente giustificato dal Giudice per le indagini preliminari il notevole
scostannento dal minimo edittale nella determinazione della pena detentiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
L’obbligo della motivazione in ordine all’entità della pena deve essere ritenuto
assolto da parte del giudice quando, come nel caso di specie, egli dia atto di avere
positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del
fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della
congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza, una tale
indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione è stato
dunque rispettato (ex plurimis, Sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, Rv. 215489; Sez. 4, n.
34494 del 13/07/2006, Koumya, Rv. 234824).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.

1

violazione dell’art. 133 cod. pen. in ordine alla determinazione della pena, non essendo

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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