Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16657 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16657 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MOCHMA SALAHA nato il 22/11/1984

avverso la sentenza del 16/03/2017 del TRIBUNALE di MODENA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;

Data Udienza: 07/12/2017


Ritenuto
– -che il Tribunale di Modena, con sentenza del 16/03/2017, su concorde richiesta delle parti,
ha applicato nei confronti di Mochma Salaha per i reati di cui all’art.73 del d.P.R. n. 309 del
1990, in relazione alla cessione di sostanza stupefacente in polvere di tipo eroina a terzi per
complessivi gr.4,700, e alla detenzione della medesima sostanza per complessivi gr. 529,900
(capo a) nonché alla cessione di sostanza stupefacente di tipo eroina a favore di terzi per
complessivi gr. 5-7 (capo b), la pena di anni tre e mesi dieci di reclusione ed euro 18.000,00

– -che ha proposto ricorso l’imputato lamentando con un unico motivo la violazione dell’art. 73
cit. “per sopravvenuta questione di legittimità costituzionale dell’art 73 d.P.R. 309 del 1990” in
particolare riportandosi al contenuto dell’ordinanza n. 1418 del 2017 di questa Corte con cui è
stata ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, come risultante a seguito della
sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, quanto alla pena minima edittale, per
contrasto con gli artt. 25, 3 e 27 Cost.;
– -che il ricorso è inammissibile;
– -che infatti la questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 comma 1 d.P.R. n. 309 del
1990 cui si è riferito il ricorrente è stata nel frattempo dichiarata inammissibile con ordinanza
n.184 della Corte Costituzionale del 06/06/2017;
– – che infatti la Corte costituzionale, oltre ad avere sottolineato l’irrilevanza delle questioni
prospettate nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, ha comunque più in generale
osservato che la questione sollevata in riferimento all’art. 25 Cost. è inammissibile anche per
intima contraddittorietà della motivazione, in quanto da un lato il rimettente afferma la tesi
secondo cui le sentenze della Corte costituzionale costituirebbero fonti del diritto equiparate
alla legge – e, dall’altro, assume che, in quanto non equiparabile alla legge, la sentenza n. 32
del 2014 della Corte costituzionale violi la riserva di legge di cui all’art. 25 Cost.;
– -che, sempre in riferimento alla lesione dell’art. 25 Cost., la questione è stata inoltre vautata
inammissibile perché consistente in una censura degli effetti della sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, di cui costituisce un improprio tentativo di impugnazione, in
violazione dell’art. 137, terzo comma, Cost., secondo cui «[c]ontro le decisioni della Corte
costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione»;
– -che tale improprio tentativo di impugnazione si risolve nel contestare l’affermazione della
citata sentenza n. 32 del 2014 – analoga a quella già espressa dalla giurisprudenza
costituzionale in relazione ai vizi della delega legislativa e del suo esercizio da parte del
Governo, ex art. 76 Cost. (sentenze n. 5 del 2014 e n. 162 del 2012) – sulla ripresa
dell’applicazione della normativa precedente a quella dichiarata costituzionalmente illegittima
ex art. 77 Cost. data l’inidoneità dell’atto, per il radicale vizio procedurale che lo inficia, a
produrre effetti abrogativi;

di multa;

- -che, tuttavia, contraddittoriamente, lo stesso giudice a quo vorrebbe far salvi gli effetti in
bonam partem della medesima sentenza n. 32 del 2014, connessi alla ripresa di vigore della
precedente disciplina sanzionatoria sui fatti non lievi riguardanti le cosiddette droghe
“leggere”;
–che, quindi, l’inammissibile tentativo di impugnazione di una sentenza della Corte
costituzionale sarebbe addirittura fondato su una motivazione contraddittoria e illogica, ciò che
costituisce ulteriore ragione di inammissibilità della sollevata questione di legittimità
costituzionale;

dovuta ad una incompleta ed erronea ricostruzione del.quadro normativo, in quanto lo iato
edittale tra le pene previste rispettivamente al comma 1 e al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990, quale risulta nella misura attuale e oggetto di censura, non è soltanto frutto
degli effetti della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, ma anche di interventi del
legislatore, precedenti e successivi alla citata decisione;
– -che, segnatamente, il decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi
stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.
309, nonché di impiego di medicinali), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 maggio
2014, n. 79, non solo ha ridotto il massimo edittale di pena prevista per i fatti lievi, allargando
così, nei termini attuali, la forbice rispetto al minimo edittale previsto per i fatti non lievi, ma
ha anche completamente ridisegnato il quadro normativo di riferimento, operando diversi
adattamenti conseguenti alla decisione della Corte;
–che, in definitiva, in relazione a tutte le questioni sollevate, si sarebbe richiesto un
inammissibile ripristino di una disciplina sanzionatoria contenuta in una disposizione dichiarata
costituzionalmente illegittima per vizi procedurali di tale gravità da determinare l’inidoneità
dello stesso a innovare l’ordinamento;
– -che, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente ( Corte Cost. 7 -13 giugno 2000, n.
186) segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, di
euro 3.000,00;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017

DEPOSITATA

– -che, in relazione alle censure sollevate ai sensi degli artt. 3 e 27 Cost., l’inammissibilità è

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