Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16655 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16655 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAIZZI EDOARDO nato il 15/02/1974 a BARI

avverso la sentenza del 22/05/2015 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Bari ha applicato a Edoardo
Caizzi, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi otto di
reclusione ed euro 1.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90 (per avere detenuto a fini di spaccio grammi 1,3 di hashish e grammi 1,5
di cocaina).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, per l’insufficiente accertamento della

idoneità a produrre concreti effetti stupefacenti, non essendo stato compiuto alcun
accertamento peritale al riguardo, essendo stato allegato agli atti solamente un verbale
delle operazioni compiute in ordine alla verifica del principio attivo, privo di indicazioni in
ordine alla percentuale di principio attivo e alla sua eventuale effettiva capacità drogante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiannento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto dal Tribunale,
anche quanto alla natura stupefacente della sostanza detenuta e ceduta dall’imputato e
alla sua effettiva capacità drogante, attraverso il richiamo al verbale di operazioni
compiute dalla polizia giudiziaria in ordine alla verifica del principio attivo, che risulta
sufficiente in considerazione dei ricordati caratteri della motivazione della sentenza di
applicazione della pena su richiesta.
Quanto alla motivazione in ordine all’entità della pena, il relativo obbligo deve
essere ritenuto assolto da parte del giudice quando, come nel caso di specie, egli dia atto
di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione
giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle
parti e della congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza,
una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione è
stato dunque rispettato (ex plurimis, Sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, Rv. 215489),
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

1

percentuale di principio attivo contenuta nella sostanza sequestratagli e della sua

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.

spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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