Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16653 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16653 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GHANNAMI ABDELHAK nato il 01/01/1976

avverso la sentenza del 29/03/2017 del TRIBUNALE di BOLZANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in Tribunale di Bolzano ha applicato a Ghnnami
Abdelhak, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di mesi sei di
reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 337 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R.
309/90.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, lamentando violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. e mancanza di

pena stabilita per ciascuno dei reati ascrittigli, tra i quali era stato ravvisato il nesso della
continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argonnentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto dal Tribunale,
attraverso il richiamo agli elementi di responsabilità emergenti dalla comunicazione di
notizia di reato dei Carabinieri e ai verbali di arresto e perquisizione personale, e alla
sottolineatura della mancanza di cause evidenti di proscioglimento.
Quanto alla motivazione in ordine all’entità della pena, il relativo obbligo deve
essere ritenuto assolto da parte del giudice quando, come nel caso di specie, egli dia atto
di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione
giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle
parti e della congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza,
una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione è
stato dunque rispettato (ex plurimis, Sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, Rv. 215489),
essendo, tra l’altro, stata indicata la pena base per il più grave reato di cui all’art. 337
cod. pen. e l’aumento per la continuazione con quello di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90,
peraltro in conformità al concordato di pena perfezionato tra l’imputato e il pubblico
ministero.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
1

motivazione in ordine alla propria responsabilità, nonché la mancata indicazione della

proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata
in € 3.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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