Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16652 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16652 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
CHAKIR HICHAM nato il 01/09/1988
ENNAKILI MOHAMMED nato il 24/11/1983 a CASABLANCA( MAROCCO)

avverso la sentenza del 16/05/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;

Data Udienza: 07/12/2017

Ritenuto:

– -che avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati Chakir e
Ennakili, deducendo con un primo sostanziale motivo violazione di legge e mancanza e
manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato
lamentando in particolare la ritenuta credibilità delle dichiarazioni rese dalla coimputata
Pozzobon e dalla teste-acquirente Gheller, dichiarazioni ritenute strumentali, illogiche e prive di
riscontri;
– -che con un secondo motivo hanno poi dedotto Chakir la omessa motivazione quanto alla
determinazione della pena in maniera superiore alla soglia minima e Ennakili il riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche solo in equivalenza rispetto alla contestata recidiva;
– -che il primo motivo è inammissibile posto che la Corte ha risposto puntualmente alle
doglianze poste con l’atto di appello mirante a far ritenere non credibile la ricostruzione dei
fatti operata dalla Pozzobon;
– -che infatti la sentenza, dopo avere richiamato le argomentazioni della pronuncia di primo
grado, ha spiegato in termini logici perché le dichiarazioni della Pozzobon siano state
valorizzate in senso accusatorio (la stessa ha confermato la disponibilità in capo ai ricorrenti di
sostanza stupefacente destinata ad essere ceduta a terzi) ponendo in rilievo, quale indice di
genuinità, la volontà della stessa collaborare con le forze dell’ordine volendo ella mutare il
proprio stile di vita e non esitando a rivelare anche le proprie illecite condotte di agevolazione;
– -che inoltre ha correttamente rilevato come le dichiarazioni della teste Gheller circa l’attività
di confezionamento svolta dai ricorrenti presso la sua abitazione abbiano riscontrato il
resoconto della Pozzobon, non essendo inoltre emerso alcun suo interesse ad esporre fatti
calunniosi;
– -che ancora la sentenza ha posto in rilievo l’ulteriore riscontro rappresentato dalla diretta
osservazione della p.g. che ebbe a constatare l’arrivo degli imputati insieme alla Pozzobon
presso la casa della Gheller, l’uscita simultanea dei tre dall’appartamento dopo circa mezz’ora
e il repentino occultamento nel bagagliaio delrauto della Pozzobon del contenitore poi risultato
custodire gr.45 di cocaina;
– – che pertanto il motivo è volto a rimettere in discussione, per il tramite di una diversa lettura
degli elementi acquisiti, le argomentate conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata sulle
medesime censure già poste con l’atto di appello mentre continua ad esulare dai poteri Corte
quello della rivalutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione ( tra le
altre, Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, dep. 26/06/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 2, n.
23419 del 23/05/2007, dep. 14/06/2007, P.G. in proc. Vignaroli, Rv. 236893);
– -che quanto alla doglianza in ordine alla determinazione della pena, la sentenza ha
implicitamente messo in evidenza, per Chakir gli elementi non compatibili con la irrogazione di
una pena corrispondente al minimo edittale, segnatamente indicati nei plurimi precedenti, e,
per Ennakili, la gravità dei fatti idonea a giustificare il giudizio di equivalenza;

– -che la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 16/05/2017, ha confermato la sentenza
del G.i.p. del Tribunale di Treviso del 21/10/2016 di condanna alla pena di anni otto di
reclusione ed euro 26.000,00 di multa, nei confronti di Chakir Richam per il reato di cui all’art.
73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alla cessione, in concorso con Ennakili Mohammed,
di una dose di cocaina di circa 0,5 grammi e alla detenzione di cocaina per complessivi gr.
45,80;

- -che i ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili;
– -che, a norma dell’art. 616 c.p.p. , alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti ( Corte Cost. 7 -13 giugno 2000, n.
186) segue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento ciascuno, in
favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti, di euro 3.000,00;
P.Q.M.

Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017
Il Consigli
Gast

nsore
azza

Il Presidente
Al Cavallo

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

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