Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16644 del 22/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16644 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SULEJMANOVIC RUSDIA, nato il 25/10/1989
avverso l ‘ordinanza n. 1041/2011 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
21/02/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott. Giuseppe Volpe,
che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, adottando ogni
conseguente provvedimento.

Data Udienza: 22/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 21 febbraio 2012, il G.i.p. del Tribunale di Torino, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato nei confronti di Sulejmanovic
Rusdia il beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso con
sentenza del 18 marzo 2009 dello stesso Giudice, per avere il medesimo
riportato condanna, con sentenza del 30 settembre 2010, per altro delitto

2.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

personalmente il condannato, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., mancanza di motivazione risultante dal testo del provvedimento
impugnato, sul rilievo che non è stata fornita alcuna argomentazione per
dimostrare la fondatezza della decisione e che il provvedimento nel caso di
specie non è inquadrabile tra quelli che richiedono minore approfondimento
motivazionale.
Secondo il ricorrente, che ha sottoscritto il ricorso apponendo un segno di
croce e ha delegato al suo deposito l’avv. Alessandro Bellina del foro di Torino,
non è richiesta l’autentica della sottoscrizione della impugnazione quando l’atto
di impugnazione è presentato dalla parte privata in cancelleria a mezzo di
incaricato, alla luce del principio affermato da questa Corte a sezioni unite con
sentenza n. 8141 del 1992.

3. Il Procuratore Generale in sede ha depositato requisitoria scritta,
chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso per la sua manifesta
infondatezza, avendo il Giudice della esecuzione individuato correttamente la
ragione della revoca della sospensione nella commissione da parte del
condannato di altro delitto nel quinquennio, ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 1,
cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso per cessazione, non sottoscritto dall’impugnante, recante in
calce il segno di croce con l’annotazione della sua apposizione “da soggetto non
in grado di firmare” e presentato in cancelleria per mezzo del difensore delegato
con lo stesso ricorso, è inammissibile.

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commesso il 16 aprile 2010, e, quindi, nel periodo di osservazione quinq uennale.

2. Questa Corte ha più volte chiarito che è principio generale
dell’ordinamento che ogni atto di impugnazione deve essere sottoscritto e che la
sottoscrizione dell’impugnazione deve essere fatta scrivendo di propria mano in
calce all’atto “il nome e il cognome di chi deve firmare”, a norma dell’art. 110,
comma 1, cod. proc. pen., mentre il semplice segno di croce apposto
dall’analfabeta non equivale a sottoscrizione, essendo mera espressione
convenzionale attestante che chi deve firmare l’atto non è in grado di
sottoscriverlo (Sez. 1, n. 9441 del 09/06/1994, dep. 02/09/1994, Campanello,
204086; Sez. 3, n. 1358 del 19/03/1997, dep. 26/05/1997, Minichini, Rv.
208044).
2.1. Per il caso di analfabeti o di persone che non sono comunque in grado
di scrivere, l’ordinamento processuale prevede, in particolare, che l’atto da
sottoscrivere sia presentato al pubblico ufficiale competente, il quale, accertata
l’identità della persona, fa annotazione in fine all’atto scritto che il suo autore
non lo firma perché non è in grado di scrivere (art. 110, comma 3, cod. proc.
pen.).
Nella nozione di pubblico ufficiale, abilitato a tale attestazione, non è,
tuttavia, compresa espressamente, né può farsi rientrare, in via di
interpretazione analogica, rispetto a quanto previsto per l’autentica della
sottoscrizione spedita attraverso il servizio postale (attribuita alla competenza
del difensore, del notaio o di altra persona autorizzata, ex art. 583, comma 3,
cod. proc. pen.), la figura del difensore, a nulla rilevando che a esso l’art. 39
disp. att. stesso codice attribuisca il potere di autenticazione della sottoscrizione
di atti per i quali sia previsto il compimento di tale formalità, in quanto
l’autenticazione è atto con cui il pubblico ufficiale si limita ad attestare che la
sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, mentre l’attestazione che un
anonimo segno di croce proviene da una certa persona anziché da qualunque
altra costituisce esercizio di una potestà certificativa esulante dal potere
eccezionalmente riconosciuto al difensore solo in presenza di un atto
regolarmente sottoscritto (Sez. U, n. 22 del 25/11/1998, dep. 15/03/1999,
Velletri, Rv. 212662; Sez. 5, n. 335 del 21/06/1999, dep. 01/09/1999,
D’Alfonso, Rv. 214474).
2.2. In coerenza con tali rilievi, questa Corte ha anche precisato che alla
imprescindibilità della sottoscrizione della impugnazione consegue che è
inammissibile il ricorso per cassazione privo della sottoscrizione dell’interessato e
presentato non personalmente ma da soggetto diverso e all’uopo incaricato,
poiché la libertà di forme ammessa riguardo al conferimento della delega non fa
venir meno il requisito della indispensabilità della sottoscrizione del ricorso,

3

Rv. 199845; Sez. 4, n. 1108 del 22/11/1995, dep. 01/02/1996, Caccavale, Rv.

necessaria non solo per la certezza della riconducibilità dello stesso all’autore
apparente ma anche e soprattutto per il perfezionamento dell’atto del quale
l’estensore assume la paternità conferendogli effetti giuridici (Sez. 5, n. 36075
del 09/07/2007, dep. 02/10/2007, Chitti e altro, Rv. 237724).
2.3. Tale ultimo principio è anche in linea con il costante orientamento di
questa Corte, alla cui stregua non occorre l’autentica della sottoscrizione
dell’impugnante, nel caso in cui l’atto di impugnazione di una parte privata sia
presentato in cancelleria da un incaricato, sulla base del rilievo che l’art. 582

un’impugnazione la facoltà di avvalersi per la presentazione del relativo atto di
un incaricato, non richiede siffatta formalità (Sez. U, n. 8141 del 29/05/1992,
dep. 21/07/1992, Caselli, Rv. 191180), diversamente dall’art. 583 cod. proc.
pen. che prevede l’ipotesi in cui l’ufficio giudiziario riceva l’atto di impugnazione
dal servizio postale e richiede, attraverso l’autenticazione, la certa individuazione
dell’autore.
E invero, nelle ipotesi dell’art. 582 cod. proc. pen., la identificazione da
parte del pubblico ufficiale della persona che presenta personalmente l’atto di
impugnazione dà sufficiente certezza sulla provenienza dell’atto, e, quando si
tratta di un incaricato, la sua identificazione, unita all’indicazione dell’incarico
(che deve necessariamente essere stato conferito dall’impugnante), fornisce, in
ragione del rapporto dell’incaricato con il titolare del potere di impugnazione,
piena garanzia circa l’autenticità della sottoscrizione (Sez. 3, n. 1997 del
29/09/1993, dep. 13/11/1993, Ghisla, Rv. 195458; Sez. 6, n. 4947 del
26/02/1997, dep. 28/05/1997, Musca e altro, Rv. 208910; Sez. 5, n. 12754 del
21/10/1998, dep. 03/12/1998, Trimarco, Rv. 213420; Sez. 2, n. 29608 del
07/07/2006, dep. 04/09/2006, Sicuranza e altri, Rv. 234972; Sez. 5, n. 8096 del
11/01/2007, dep. 27/02/2007, Lussana e altri, Rv. 235735; Sez. U, n. 20300 del
22/04/2010, dep. 27/05/2010, Lasala, Rv. 246905).
Sia le ipotesi previste dall’art. 582 cod. proc. pen., quanto alla
presentazione della impugnazione, sia l’ipotesi prevista dall’art. 583 cod. proc.
pen., quanto alla spedizione dell’atto di impugnazione, suppongono, pertanto,
che l’atto di impugnazione sia perfezionato con la sottoscrizione, differenziandosi
per la necessità o meno dell’autenticazione, che consiste nell’asseverazione della
corrispondenza della sottoscrizione alla identità di chi appone nell’atto la “firma”
(con nome e cognome) e si pone come “certificazione pedissequa” per essere
estesa sullo stesso documento di cui attesta la provenienza. Nel caso della
impugnazione di chi “non è in grado di scrivere” e che reca in calce il segno di
croce, invece, non sussiste, in mancanza di sottoscrizione, l’oggetto stesso
dell’autenticazione, e la presentazione dell’atto è disciplinata, oltre dall’artt. 582

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cod. proc. pen., che attribuisce appunto alla persona che propone

cod. proc. pen., dall’art. 110, comma 3, cod. proc. pen., che prevede la
presentazione personale dell’impugnante e l’attestazione del pubblico ufficiale rientrante tra le c.d. certificazioni estimative – di analfabetismo o di impossibilità
a sottoscrivere l’atto da parte del medesimo (Sez. U, n. 22 del 25/11/1998,
citata).

3. Alla stregua di tali principi, che il collegio condivide e riafferma, il ricorso
che reca in calce il segno di croce dopo l’indicazione del nome e cognome del

non in grado di firmare”, e che è stato presentato in cancelleria non
personalmente dal medesimo ricorrente, rimasto non identificato a norma degli
artt. 110 e 582 cod. proc. pen., ma per mezzo dell’avv. Alessandro Bellina del
foro di Torino, delegato al deposito con lo stesso ricorso, è mancante dei requisiti
di forma richiesti per la sua presentazione, con sua conseguente inammissibilità
ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.

4. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e
in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro
1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ricorrente, accompagnato dalla annotazione “croce segno apposto da soggetto

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