Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16643 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16643 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LOMBARDO CONCETTA nato il 15/10/1946 a AGRIGENTO

avverso l’ordinanza del 09/08/2017 del TRIBUNALE di AGRIGENTO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Agrigento, quale giudice
dell’esecuzione, ha revocato la sospensione condizionale della pena concessa a Concetta
Lombardo con la sentenza del 30/6/2014 del medesimo Tribunale, parzialmente
riformata dalla Corte d’appello di Palermo il 20/1/2016 e divenuta irrevocabile il
28/3/2016, a causa della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione delle opere
abusive disposto con la sentenza di condanna, da eseguire entro 90 giorni dal passaggio
in giudicato dalla sentenza, che alla data del 29/1/2017 era risultato ancora non

Avverso tale sentenza la condannata ha proposto ricorso per cassazione,
eccependo preliminarmente l’incompetenza del Tribunale di Agrigento quale giudice
dell’esecuzione, appartenendo la competenza esecutiva alla Corte d’appello di Palermo, in
conseguenza della concessione nel giudizio di secondo grado del beneficio della non
menzione della condanna, ed esponendo di aver presentato richiesta di rilascio di
permesso di costruire in sanatoria e di aver ottenuto l’accertamento di compatibilità
paesaggistica (rilasciato il 14/2/2017 dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali
di Agrigento a seguito del pagamento della indennità e della sanzione), ma nonostante
ciò la Corte d’appello di Palermo non aveva sospeso l’esecuzione dell’ordine di
demolizione e avverso tale diniego era stato proposto ricorso per cassazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
L’eccezione di incompetenza, conseguente alla parziale riforma della sentenza di
primo grado da parte della Corte d’appello di Palermo, attraverso il riconoscimento del
beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, è
manifestamente infondata, in quanto l’art. 665, comma 2, cod. proc. pen. prevede la
competenza del giudice di primo grado quando in appello il provvedimento sia stato
riformato “soltanto in relazione alla pena” e in tale espressione deve ritenersi compreso
tutto ciò che abbia attinenza non solo alla misura della sanzione ma altresì alla sua
applicazione ed esecuzione, dunque anche il riconoscimento del suddetto beneficio della
non menzione, attinente a un aspetto dell’esecuzione della pena, il cui riconoscimento in
grado d’appello deve ritenersi non incidente sulla individuazione del giudice
dell’esecuzione competente (Sez. 1, n. 4590 del 17/10/1994, confl. comp. Trib. Bari e
App. Bari in proc. Occhiobello, Rv. 199958).
Manifestamente infondata, oltre che priva della necessaria concludenza, è anche
la doglianza di violazione di legge, in quanto, a fronte della subordinazione del beneficio
della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere abusive, alla
mancata ottemperanza a tale ordine e al diniego della sospensione della esecuzione dello

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eseguito.

stesso, la revoca di tale beneficio risultava imposta dalla inottemperanza della
condannata alla condizioni cui lo stesso era stata subordinata.
I rilievi della ricorrente a proposito del prossimo rilascio del permesso di
costruire in sanatoria sono, pertanto, privi di concludenza in relazione al contenuto del
provvedimento impugnato.
Essi, peraltro, sono anche manifestamente infondati, non essendo stato
prospettato l’imminente rilascio del permesso di costruire in sanatoria, in quanto, ai fini
della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive, in presenza di

tenuto a un’attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura
ed, in particolare: a) ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause
ostative al suo accoglimento; b) nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi
di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo nella
prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (ex plurinnis, Sez. 3, n. 9145 del
01/07/2015, Manna, Rv. 266763; Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del 25/09/2014, Russo,
Rv. 261212; Sez. 3, 7/12/2011, 11149/2012; Sez. 4, 11/10/2011, n. 44035; Sez. 3,
7/7/2011, n. 36992; Sez. 3, 21/6/2011, n. 29638).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza delle doglianze cui è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

un’istanza di condono o di sanatoria, il giudice dell’esecuzione investito della questione è

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