Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16627 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16627 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
APPIGNANI CRISTIAN nato il 27/10/1975 a PESCARA

avverso la sentenza del 27/04/2015 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Ancona ha
rideterminato la pena inflitta a Cristian Appignani dal Giudice per le indagini del Tribunale
di Pesaro con la sentenza del 4/6/2013, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90 (ascrittogli per avere detenuto a fine di spaccio grammi 55,620 di sostanza
stupefacente del tipo hashish, idonea al confezionamento di 127,7 dosi singole), in mesi
quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

esclusivamente dalla detenzione della sostanza stupefacente e dal possesso di un
bilancino, utilizzato a causa della celiachia da cui è affetto per pesare il lievito per il pane,
non essendo stati rinvenuti nella abitazione altri strumenti od oggetti idonei al
confezionamento in dosi della sostanza stupefacente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo dei motivi d’appello, è affidato a motivi non
consentiti nel giudizio di legittimità.
E’ necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità
non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella
compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia
portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la
sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez.
U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto,
Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da
contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia
pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o
un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n.
12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massinnata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C.
in proc. M.M., non massinnata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massinnata;
Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Inoltre, è opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi
motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del giudice del
gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito
adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo
apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez.
3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio,
Rv. 231708).

1

vizio della motivazione riguardo alla affermazione della propria responsabilità, ricavata

La Corte d’appello di Ancona, in accordo con il primo giudice, ha desunto la
destinazione a fine di spaccio della sostanza stupefacente detenuta dall’imputato (parte
indosso e parte nella propria abitazione) dal quantitativo della stessa e dal possesso di un
bilancino, sul cui piano sono state rinvenute tracce di eroina e di sostanze da taglio,
ricavandone in modo logico l’utilizzo per il confezionamento in dosi dello stupefacente e la
conseguente destinazione alla cessione a terzi della sostanza detenuta dall’imputato.
Quest’ultimo propone con il ricorso in esame una rivisitazione delle risultanze
istruttorie, onde pervenire alla esclusione della destinazione a fine di spaccio della

motivazione della sentenza impugnata, nella quale in modo logico sono state illustrate,
facendo ricorso a consolidate massime di esperienza (circa i quantitativi usualmente
detenuti per uso personale e l’univocità della presenza delle tracce di stupefacenti e
sostanze da taglio sul bilancino sequestrato), le ragioni della ritenuta destinazione a fine
di spaccio: si tratta di motivazione pienamente adeguata e immune da vizi logici, non
sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, con la conseguente
inammissibilità del ricorso, affidato a doglianze non consentite.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

sostanza stupefacente, disgiunta dalla individuazione di vizi o incompletezze della

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