Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16621 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16621 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CARADONNA FABIO nato il 29/05/1983 a TORINO

avverso la sentenza del 02/05/2016 del TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Torino ha condannato Fabio
Caradonna alla pena di euro 3.000,00 di ammenda in riferimento al reato di cui all’art.
55, comma 1, lett. a), in relazione all’art. 29, comma 1, d.lgs. 81/2008.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto appello, trasmesso a questa Corte
dalla Corte d’appello di Torino ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.,
trattandosi di sentenza non appellabile, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen.,
lamentando l’eccessività della pena, in quanto determinata discostandosi dal minimo

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato dall’Avvocato Carlo Alberto La
Neve, del Foro di Torino, è inammissibile a causa della mancata iscrizione di tale
difensore nell’albo speciale di cui all’art. 613 cod. proc. pen.
Non rileva che l’appello dallo stesso proposto sia stato convertito in ricorso per
cassazione, in quanto è’ giurisprudenza consolidata di questa Corte, invero, che ” alla
regola secondo cui il ricorso per cassazione è inammissibile qualora i motivi siano
sottoscritti da avvocato non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al
patrocinio dinanzi le giurisdizioni superiori, non è prevista deroga per il caso di appello
convertito in ricorso. In caso diverso verrebbero elusi in favore di chi abbia erroneamente
qualificato il ricorso obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di
impugnazione” (cfr., ex multis, Sez. 3, n. 2233 del 14/07/1998, Allegretti, Rv. 211855;
Sez. 5, n. 23697 del 29/04/2003, Gentile, Rv. 224549; Sez. 3, n. 48492 del 13/11/2013,
Scolaro, Rv. 258000; Sez. 3, n. 19203 del 15/03/2017, Mezei, Rv. 269690).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

Il Presidente

edittale.

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