Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1662 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1662 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da De Angelis Bernardino, nato il giorno 17
aprile 1963, avverso la sentenza 3 novembre 2011 della Corte di appello di
L’Aquila.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché il
difensore del ricorrente avv. Calandrella che ha chiesto raccoglimento
dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. De Angelis Bernardino, ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la
sentenza 3 novembre 2011 della Corte di appello di L’Aquila, che, in parziale
riforma della sentenza 11 giugno 2010 del Tribunale dell’Aquila, riconosciute le

Data Udienza: 27/11/2013

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circostanze attenuanti generiche ha ridotto la pena ad anni 1, mesi 4 di
reclusione, riducendo del pari la somma dovuta a ciascuna parte civile a titolo di
risarcimento del danno ad C. 2.500.
2. I giudici di merito hanno ritenuto l’esposto dell’imputato al Prefetto
come calunnioso, in quanto nello stesso i militari erano stati descritti come

violazione amministrativa pur dopo aver sentito la testimonianza favorevole della
teste De Angelis.
3. In particolare, la corte distrettuale f nel confermare il giudizio di
colpevolezza r ha evidenziato: a) che la missiva inviata al Prefetto dell’Aquila non
poteva qualificarsi come ricorso ex art. 203 T.U.norme sulla circolazione stradale;
b) che dal tenore dell’atto risulta espressamente che il De Angelis invocava
l’intervento dell’Autorità affinchè “tali soprusi non si verifichino più”; c) che
l’imputato all’atto della verbalizzazione aveva comunicato agli operanti che
“conosceva persone importanti e che il verbale non lo avrebbe pagato” ; d) che il
giorno successivo alla vicenda il ricorrente incontrando una pattuglia dei
Carabinieri aveva portato la mano all’orecchio, a mo’ di scherno, simulando la
condotta di chi parla al cellulare.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo del
ritenuto delitto di calunnia per difetto dell’azione esecutiva e dei profili soggettivi
del detto delitto essendosi l’imputato limitato a contestare la sussistenza della
violazione attribuitagli.
2. Per la difesa, il ricorrente ha mosso agli operanti una serie di critiche
volte non ad imputare la commissione di eventuali reati, ma esclusivamente ad
evidenziare una serie di elementi e circostanze che, a suo giudizio, avrebbero
legittimato, da parte dell’Autorità preposta, l’annullamento della sanzione irrogata,
per insussistenza dell’addebito.
In particolare si evidenzia:

persone che avevano agito in mala fede e che avevano persistito nel rilievo della

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a) che nell’intenzione del De Angelis vi era quindi solo la volontà di proporre
un’impugnazione avverso una sanzione per violazione del Codice della Strada, ma
non certo quella di accusare alcuno della commissione di un reato: in ogni caso,
egli avrebbe agito sulla base dell’intima convinzione circa l’illegittimità della
sanzione irrogata per una violazione alle norme del codice della strada, ritenuta da

b)

che nella vicenda il De Angelis non poteva avere la minima

consapevolezza circa l’innocenza degli incolpati, non essendosi egli riferito ad
alcuna condotta rispetto alla quale i carabinieri potessero essere ritenuti nè
colpevoli, né tantomeno innocenti;
c) che infine, nel ricorso al prefetto risulta, da un lato, la mancanza di
specifiche accuse di reato con la semplice richiesta di annullamento di una
sanzione irrogata per violazione delle norme del codice della strada, e dall’altro,
consta che il De Angelis -difendendosi- riteneva che gli operanti non potessero
sanzionare la sua condotta, ritenendo egli insussistente la violazione contestatagli.
d) che pertanto l’imputato, medsiante l’atto di contestafione della sanzione
irrogata, ha quindi agito sulla base della convinzione che in relazione alle
circostanze concrete, non fossero fondate le violazioni al codice della strada che
gli erano state contestate e che avevano determinato l’irrogazione della sanzione,
con la “decurtazione sezione distaccata cinque punti sulla patente”.
3. Risulterebbe pertanto evidente la carenza dell’elemento soggettivo del
ritenuto delitto, in ragione della mancanza di offensività della condotta rispetto
all’interesse tutelato dalla norma penale.
4. Ritiene il Collegio, in adesione alle doglianze del gravame, che, nella
specie difettino le condizioni richieste per l’integrazione dell’azione esecutiva e
della soggettività tipica del delitto di calunnia, con conseguente annullamento
senza rinvio della gravata sentenza per insussistenza del fatto.
Per orientamento giurisprudenziale di questa Corte infatti, non esorbita dai
limiti del diritto di difesa l’imputato che in un interrogatorio definisca falso,
esplicitamente o per implicito, un atto della polizia giudiziaria per quanto attiene
alla veridicità della denuncia a suo carico in esso contenuta. Ci si trova in questo
caso in presenza dell’esercizio del diritto di difesa, nei limiti in cui questo sia stato

lui insussistente;

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esplicato quale unico e necessario mezzo di confutazione dell’imputazione (cass.
pen. sez. 6, 20 marzo 2012, ricorrente Latona).
Regola questa quindi da applicarsi anche ad atti difensivi, come il ricorso ex
art. 203 T.U. norme sulla circolazione stradale al Prefetto (l’imputato ha infatti
chiesto il ripristino della legalità per continuare a svolgere il suo lavoro con la
limiti della strumentale funzione di contestazione dell’accusa e tenuto conto
dell’ineludibile rapporto funzionale che, nella vicenda, si realizzava proprio tra la
condotta dell’agente (astrattamente calunniosa) e la confutazione delle accuse
rivoltegli.
Tanto si è verificato nel caso di specie, atteso che il ricorrente, nell’esposto
al Prefetto, ha definito « soprusi » le condotte dei pubblici ufficiali che hanno
ritenuto -erroneamente- secondo la tesi del De Angelis che egli guidasse il mezzo
pubblico parlando al telefono senza auricolare, fatto questo, nella tesi difensiva
prospettata, non rispondente al vero.
5. La gravata sentenza va quindi annullata senza rinvio perchè il fatto non
sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il giorno 27 novembre 2013
Il consigliere estensore

passione di sempre), considerato che il diritto di difesa non può che esprimersi nei

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