Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16614 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16614 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
JAMAL EL IDRISSI ABDESSAMAD nato il 21/05/1974

avverso la sentenza del 09/05/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano ha applicato a Jannal El
Idrissi Abdessamad, su sua richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni
due di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R.
309/90 (ascrittogli per avere detenuto, per uso non personale, grammi 1757,4 di
sostanza stupefacente del tipo hashish).
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,
prospettando difetto di motivazione in ordine alla propria responsabilità e alla esclusione

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro affidato a censure generiche, è manifestamente infondato.
Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo
della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc.
pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione.
Nel caso di specie tale obbligo risulta adeguatamente assolto dal Tribunale,
attraverso il richiamo agli elementi di responsabilità emergenti dalla comunicazione di
notizia di reato e dal verbale di sequestro, oltre che dalle ammissioni dello stesso
imputato, e mediante la sottolineatura della mancanza di cause evidenti di
proscioglimento.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore

di cause di non punibilità.

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