Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16606 del 07/12/2017
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16606 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MIRRA MICHAEL nato il 17/09/1991 a GALLARATE
avverso la sentenza del 05/04/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 07/12/2017
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Trieste, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Gorizia del 17/3/2016, ha qualificato i fatti di cui
al capo a) della rubrica contestati a Michael Mirra ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R.
309/90 (relativo a plurime cessioni di sostanze stupefacenti del tipo hashish, MD,
ketamina, marijuana e speed), rideterminando la pena in anni tre di reclusione ed euro
4.500,00 di multa e confermando nel resto la sentenza impugnata
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
motivazione, nella parte relativa alla rideterminazione della pena, stabilita in misura
prossima al massimo edittale omettendo di considerare la modesta portata dell’attività di
spaccio del ricorrente, svolta in una piccola realtà territoriale, in contesti di consumo di
gruppo o di condivisione delle sostanze stupefacenti che egli riusciva a procurarsi, in rare
circostanze anche a favore di minorenni, prossimi però al raggiungimento della maggiore
età.
Con memoria depositata il 20/11/2017 ha ribadito tali doglianze, sottolineando
anche l’insufficienza e l’illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della
misura della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Attraverso la doglianza relativa alla misura della pena il ricorrente ha censurato,
in realtà, una valutazione di merito compiuta dal giudice dell’impugnazione, che, nel
sottolineare sia la gravità dei fatti (in considerazione della continuità della attività di
spaccio e delle cessioni di stupefacenti anche a minorenni), sia la negativa personalità
dell’imputato, ha dato conto in maniera sufficiente degli elementi ritenuti preponderanti
tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen. per addivenire alla determinazione della pena: tale
valutazione non è sindacabile sul piano del merito nel giudizio di legittimità, ed è stata
adeguatamente motivata, in quanto la determinazione in concreto della pena costituisce
il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi
offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice
dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle
obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra
il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva, giacché ciò
dimostra che egli ha considerato, sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti
indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi
d’appello (Sez. 6, n. 10273 del 20.5.1989 Rv 181825).
Benché, infatti, come sottolineato anche nel ricorso e nella memoria, l’obbligo di
motivazione sia tanto più stringente quanto più il giudice di merito si discosti, come nel
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violazione dell’art. 133 cod. pen. e contraddittorietà e illogicità manifesta della
caso in esame, dal minimo edittale, la Corte d’appello di Trieste ha dato conto, sia pure
con motivazione stringata, delle ragioni della determinazione della pena base in misura
prossima a quella massima edittale, e non v’è in ciò alcuna contraddizione con il
riconoscimento della fattispecie attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R.
309/90, cui la Corte è pervenuta in considerazione della modesta entità della attività di
spaccio svolta dall’imputato e del contesto nel quale la stessa è avvenuta, in quanto, una
volta riconosciuta la configurabilità di detta fattispecie attenuata, la Corte, valutando gli
elementi ritenuti preponderanti tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., ha determinato la
stupefacenti di varie tipologie (anche a favore di soggetti minorenni): tale motivazione
risulta adeguata e scevra da contraddizioni, essendo stati valutati i medesimi elementi
non in modo contraddittorio o illogico, ma a fini diversi, e non è sindacabile sul piano del
merito nel giudizio di legittimità.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Consigliere estensore
Il Presidente
pena applicabile ad una reiterata e sistematica attività di piccolo spaccio di sostanze