Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16597 del 07/12/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16597 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
D’AGOSTINO ALESSANDRO nato il 31/08/1991 a PALERMO
GUAGLIARDO FRANCESCO PAOLO nato il 21/01/1965 a ALTAVILLA MILICIA

avverso la sentenza del 08/11/2016 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 07/12/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Termini Imerese ha
condannato Francesco Paolo Guagliardo alla pena di euro 300,00 di ammenda, in
relazione ai reati di cui agli artt. 64 e 71, e 83 e 95 d.P.R. 380/2001, e Alessandro
D’Agostino alla pena di euro 320,00 di ammenda in relazione ai reati di cui agli artt. 64 e
71, 65 e 72, e 83 e 95 d.P.R. 380/2001.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Alessandro D’Agostino,
lamentando violazione di legge penale e vizio della motivazione, in relazione alla propria

base del dato della pluralità delle violazioni, senza altre specificazioni, pur essendo il
ricorrente incensurato e non essendo il comportamento, che non aveva provocato danni,
abituale. Ha lamentato anche mancanza della motivazione in ordine all’elemento
soggettivo dei reati ascrittigli, avendo fatto affidamento su ciò che il proprietario
dell’immobile aveva dichiarato e su quello che il direttore dei lavori aveva stabilito, in
quanto le opere oggetto della contestazione si erano rese necessarie a causa della
conformazione del terreno, e il proprietario del fondo, committente delle opere, aveva
sempre dichiarato di essere in regola con le autorizzazioni, in quanto la stanza realizzata
in difformità rispetto al progetto non era un vano abitabile ma un locale tecnico, nel quale
allocare la cisterna per l’acqua, privo di finestre e accessibile da una botola. Ha lamentato
anche il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, compiuto dal
Tribunale omettendo di considerare l’effettiva entità delle condotte.
Ha proposto ricorso per cassazione anche Francesco Paolo Guagliardo,
lamentando vizio della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati di cui agli artt. 64
e 71 e 83 e 95 d.P.R. 380/2001, non essendo emerso che egli era stato avvisato
dell’inizio degli scavi necessari per la realizzazione dell’opera ed essendo, quindi, stato
all’oscuro delle difformità rispetto al progetto licenziato, nonostante i numerosi
sopralluoghi eseguiti prima dell’inizio dei lavori.
Ha lamentato anch’egli il diniego delle circostanze attenuanti generiche, in
relazione al quale non erano stati adeguatamente considerati il proprio comportamento
processuale e il concreto disvalore delle condotte contestate; il mancato riconoscimento
del beneficio della sospensione condizionale della pena, in relazione al quale non erano
state illustrate le ragioni del giudizio prognostico negativo formulato nei suoi confronti,
avendo beneficiato della sospensione condizionale della pena per una sola volta, in
relazione a una condanna per violazioni alle norme in materia edilizia; l’esclusione della
configurabilità della causa di non punibilità delle condotte per la loro particolare tenuità,
ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., giustificata dal Tribunale con un generico riferimento
alla pluralità delle violazioni commesse, omettendo di considerarne la reale entità e
l’effettivo disvalore.
1

richiesta di assoluzione per la particolare tenuità del fatto, esclusa dal Tribunale sulla

CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati.
La doglianza di Alessandro D’Agostino, riguardo alla esclusione della non
punibilità dei fatti per la loro speciale tenuità, è manifestamente infondata, avendo il
Tribunale correttamente escluso la non abitualità della condotta, in considerazione della
pluralità delle violazioni commesse: tale affermazione è pienamente corretta e sfugge alle
censure del ricorrente, avendo entrambi gli imputati posto in essere, con condotte
indipendenti, plurime violazioni alle norme in materia di edilizia e urbanistica, e ciò

non ricorre solamente quando l’agente sia stato dichiarato delinquente abituale,
professionale o per tendenza, ma anche quando, come nel caso in esame, siano state
commesse più violazioni, anche se ciascuna di esse isolatamente considerata possa
astrattamente essere considerata di particolare tenuità.
La censura relativa al vizio della motivazione riguardo all’elemento soggettivo
delle contravvenzioni ascritte allo stesso D’Agostino è generica, essendo priva di
confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata, e manifestamente
infondata, perché omette di considerare la natura contravvenzionale di detti reati e gli
obblighi di verifica conseguenti alla veste di costruttore del ricorrente.
Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
oggetto di ulteriore doglianza dello stesso D’Agostino, peraltro anch’essa generica, risulta
sufficiente al riguardo il riferimento del Tribunale al comportamento processuale negativo
dell’imputato, giacché in tal guisa il Tribunale ha indicato l’elemento, tra quelli di cui
all’art. 133 cod. pen., ritenuto decisivo e prevalente, rimanendo disattesi o superati tutti
gli altri; il preminente e decisivo rilievo accordato all’elemento considerato implica,
infatti, il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa
significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati.
La doglianza di insufficienza e illogicità della motivazione formulata da Francesco
Paolo Guagliardo tende, in realtà, come si ricava dallo stesso testo del ricorso, nel quale
sono riportati ampi stralci delle dichiarazioni dei testimoni e del ricorrente, a conseguire
una non consentita rivisitazione delle risultanze di fatto, onde sentir affermare
l’estraneità dell’imputato ai fatti; al riguardo il Tribunale, ricordando la natura
contravvenzionale dei reati contestati al Guagliardo, ha sottolineato i suoi obblighi di
controllo, derivanti dalla sua veste di direttore dei lavori (in forza della quale aveva anche
sottoscritto la dichiarazione di inizio lavori per la data del 13/8/2012), coerentemente
affermando la sua responsabilità: si tratta di motivazione adeguata e immune da vizi
logici, non sindacabile, sul piano dell’apprezzamento delle prove dichiarative e della
ricostruzione storica delle vicenda nel giudizio di legittimità.

2

determina l’esclusione del necessario requisito della non abitualità delle condotte, che

Il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato adeguatamente
giustificato dal Tribunale, che, attraverso il riferimento al precedente specifico da cui è
gravato il Guagliardo, ha indicato l’indice, tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., ritenuto
prevalente per negare tali circostanze: si tratta di motivazione adeguata, essendo
sufficiente l’indicazione degli elementi, tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., ritenuti di
rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato (cfr.
Sez. 6, n. 34364 del 16.6.2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013,
Banic, Rv. 256172; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899), non sindacabile

La doglianza in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione
condizionale della pena è preclusa a causa della mancata richiesta dello stesso da parte
dell’imputato; come emerge dalla sentenza impugnata, nella quale sono correttamente
riportate le conclusioni formulate dal difensore, il Guagliardo aveva richiesto, all’atto della
formulazione delle conclusioni, la pronuncia di non doversi procedere per tutti i reati a
seguito del rilascio di concessione in sanatoria, in subordine l’assoluzione per non aver
commesso il fatto di cui al capo b) e per insussistenza del fatto di cui al capo c), in
ulteriore subordine per la particolare tenuità del fatto, sicché, in mancanza di richiesta sul
punto, non sussisteva un obbligo di specifica motivazione riguardo al diniego della
concessione per la seconda volta del beneficio della sospensione condizionale della pena.
La doglianza in ordine al mancato riconoscimento della configurabilità della causa
di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. è manifestamente infondata
per le stesse ragioni esposte a proposito della identica censura formulata dal D’Agostino.
In conclusione entrambi i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, stante la
manifesta infondatezza di tutte le censure cui sono stati affidati.
L’inammissibilità originaria dei ricorsi esclude il rilievo della eventuale
prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza impugnata, giacché detta
inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di
impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una
eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione

sul piano del merito nel giudizio di legittimità.

impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, Rv. 217266; conformi, Sez.
un., 2/3/2005, n. 23428, Bracale, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, Niccoli,
Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del
20/11/2014, Rasizzi Scalora, Rv. 261616).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del

3
fr”

versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata
in C 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2017
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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