Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1659 del 28/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1659 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) STAGNO ANTONIO N. IL 18/08/1968
avverso l’ordinanza n. 383/2012 TRIB. LIBERTA’ di GENOVA, del
25/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
4/sentite le conclusioni del PG Dott. 3 L16.42,0 .gTuLQQ!
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Data Udienza: 28/11/2012

Si era trattato (preceduto dal un finto appuntamento da parte di uno di loro) della visita di due
uomini, un terzo alla guida dell’auto con cui gli stessi erano arrivati, presso un centro estetico
di Sarzana gestito da Doxan Georgeta, che veniva minacciata di morte (con il figlio Cargiolli
Giordano, all’epoca detenuto, e la famiglia di questo) se non avesse consegnato, tra l’altro, la
somma di 1.200.000 euro e le chiavi di un appartamento (un loft) di Milano. Si qualificavano
come appartenenti ad una famiglia calabrese. All’impedimento rappresentato dalla donna (un
sequestro di beni emesso a carico suo e del figlio), i tre la costringevano a condurli presso la
sua abitazione di Ortonovo perché mostrasse loro il provvedimento. Quivi giunti, dopo avere
rovistato tutto l’appartamento, si impossessavano di 15.000 euro custoditi in una cassaforte
che si facevano aprire e si facevano consegnare le chiavi che credevano dell’appartamento di
Milano e che, in realtà, erano le prime che la donna aveva trovato da dargli. Era così che tre
giorni dopo due di loro tornavano presso il centro estetico, minacciando la donna di gravissime
ritorsioni se non avesse consegnato loro i soldi pretesi e le vere chiavi dell’appartamento.
Minacciavano anche di aspettare la chiusura del negozio e l’allontanamento dei clienti per farle
pagare il tentativo di imbrogliarli. Grazie a un diversivo (l’occasionale arrivo di un amico), la
donna riusciva a chiamare il proprio avvocato che a sua volta chiamava la Polizia. I due uomini
erano successivamente indicati in Auricchio e Alfano e il terzo in Nasti.
Le indagini, grazie anche a intercettazioni telefoniche e ambientali, portavano a individuare i
mandanti nel Buonaiuto e nell’odierno ricorrente Stagno, esponente – secondo l’accusa – del
“locale” di ‘ndrangheta di Seregno (MI). In sede di interrogatorio lo Stagno negava gli addebiti,
ammettendo solo di conoscere il Buonaiuto. In realtà il 19/1/12 si registrava la video ripresa di
un incontro tra lo Stagno, il Buonaiuto e l’Auricchio presso l’ospedale milanese di San Raffaele,
dove lo Stagno, agli arresti donniciliari per altro procedimento, era stato autorizzato a recarsi
per una visita medica. Gli altri due erano partiti nella tarda serata da Napoli in auto (alla guida
l’Alfano) e viaggiato durante la notte per arrivare all’appuntamento di quella mattina a Milano.
L’intercettazione ambientale riguarda l’intero viaggio, di andata e di ritorno dopo l’incontro, e
riporta inequivoci riferimenti all’azione compiuta il mese prima in danno della Doxan (la somma
richiestale di “un milione e due”) e il coinvolgimento in essa dello Stagno (tra l’altro risultano
contatti telefonici tra i detti Alfano e Stagno proprio il 23/12/11). Altri fatti seguiti alla vicenda
(era stato disapprovato dai capi il comportamento tenuto nell’occasione dal Nasti e l’Auricchio
aveva ricevuto per questo davanti allo Stagno due schiaffi dal Buonaiuto) erano commentati
nei giorni seguenti dallo stesso Auricchio con l’Alfano e da questo con tale Maiorino Raffaele,
anch’egli coinvolto nella vicenda, dove Antonio (Stagno, secondo l’accusa) era identificato
come il “boss di Milano” davanti al quale l’episodio era avvenuto. Di qui la gravità del quadro
indiziario e la conferma dell’ordinanza cautelare.
Ricorreva per cassazione la difesa dello Stagno, deducendo: 1) la strumentale contestazione
dell’aggravante mafiosa (basata solo sui procedimenti in corso a carico degli odierni indagati
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Con ordinanza 25/6/12 il Tribunale del riesame di Genova confermava l’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa il 29/5/12 dal Gip di quel Tribunale nei confronti di Stagno Antonio
e altri per i reati continuati di concorso in sequestro di persona e rapina aggravata dal numero
delle persone e dalla commissione in luogo di abitazione ed entrambi dal metodo mafioso e di
concorso in violazione di domicilio aggravata dal nesso teleologico e dal metodo mafioso (capi
B e C come mandante in concorso con Nasti Biagio, Auricchio Florindo e Alfano Gennaro quali
esecutori e, anch’egli mandante, con Bonaiuto Carmine: in Sarzana e Ortonovo e in Ortonovo il
20/12/11), nonché di concorso in tentata estorsione aggravata dal numero delle persone e
dalla commissione in luogo di abitazione e dal metodo mafioso (capo D ancora come mandante
in concorso con Auricchio Florindo e Alfano Gennaro quali esecutori e, anch’egli mandante, con
Bonaiuto Carmine: in Sarzana, il 23/12/11).

per camorra o `ndrangheta e per il preteso uso del metodo mafioso nella commissione dei reati
contestati) al solo fine di radicare la competenza presso la DDA di Genova invece che presso il
giudice naturale di La Spezia; 2) l’assoluta carenza del quadro indiziario (non vi era prova del
coinvolgimento dello Stagno nel traffico di droga imputato al figlio della Doxan; la conoscenza
col Buonaiuto derivava da una comune detenzione e l’incontro del San Raffaele era finalizzato
alla ricerca di un lavoro per il figlio Nazzareno dello Stagno; l’unica leggerezza addebitabile al
soggetto era l’avere preso l’appuntamento nonostante gli arresti domiciliari cui era sottoposto;
non poteva essere lo Stagno il “boss di Milano”, dalla video ripresa dell’unico incontro non
risultando schiaffi di sorta dati dal Buonaiuto all’Auricchio; carenti anche le esigenze cautelar’,
fondate solo sull’altro processo in corso (lo Stagno, tra l’altro, non era l’unico Antonio di cui “i
campani” avevano discorso tra di loro durante il viaggio di ritorno; ribadita l’assenza di altri
contatti con lo Stagno oltre a quello mattutino al San Raffaele). Chiedeva l’annullamento della
ordinanza impugnata.
All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso, la difesa il
suo accoglimento.
Il ricorso, infondato, va respinto.
E’ giurisprudenza pacifica di legittimità in tema di misure cautelar’ personali (Cass., Sez. Un.,
sent. n. 11 del 22/3/00, rv. 215828, Audino), che allorché sia denunciato, con ricorso per
cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine
alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Suprema Corte spetta il compito di
verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai
canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento dei risultati probatori.
Nel caso in esame ciò è avvenuto, il giudice di merito avendo rappresentato in modo adeguato,
logico e corretto la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato. Non conferente il primo
motivo, dove si attribuiscono gratuiti intendimenti all’organo dell’accusa, cui esclusivamente
compete l’esercizio dell’azione penale e, quindi, la formulazione dell’imputazione da contestare
che peraltro è soggetta al controllo del giudice (qui puntualmente esercitato con esito positivo
anche con riguardo all’aggravante in parola: gravità delle minacce alla Doxan, rafforzate dal
riferimento alla “famiglia calabrese”; condanna in primo grado per lo Stagno, individuato come
capo di un locale di ‘ndrangheta milanese, precedente per il Buonaiuto per associazione di tipo
mafioso). Infondato il secondo motivo, dove si contesta la gravità del quadro indiziario (nel
presente giudizio non si fa specifica questione del coinvolgimento dello Stagno nel traffico di
droga imputato al figlio della Doxan, altri essendo i reati contestati, che dalla consapevolezza,
quanto meno, di quel traffico paiono avere scaturigine; del tutto incongruo il viaggio notturno
in auto da Napoli a Milano, con l’immediato ritorno, del Bonaiuto e dell’Auricchio – al di là delle
anomale modalità dell’incontro, anche in violazione del regime cautelare cui era sottoposto lo
Stagno – al preteso fine di aiutare il detto Stagno, già compagno di detenzione del Bonaiuto, a
trovare un lavoro al figlio Nazzareno; l’ordinanza impugnata precisa chiaramente che il campo
visivo fisso della telecamera interna all’ospedale era limitato e l’episodio delle percosse che
l’Auricchio aveva ricevuto dal Bonaiuto bene aveva potuto svolgersi fuori di quel campo visivo
nell’arco delle circa due ore durante cui l’incontro si era svolto: intatta pertanto l’ipotesi che lo
Strangio si identifichi nel boss di Milano davanti al quale l’episodio era avvenuto); conseguenti
le esigenze cautelar’ (gli altri Antonio nominati dai campani durante il viaggio di ritorno, di cui
non appare un particolare spessore criminale, nulla avevano comunque a che fare con Milano;

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la particolarità dell’incontro del San Raffaele, con il riferimento durante il viaggio alla precisa
quantità di denaro richiesto alla Doxan, è di per sé significativo della sua rilevanza delittuosa).
Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali (art. 616 cpp).
Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94, co. Iter, n. att. cpp_
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Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto
penitenziario ai sensi dell’art. 94, co. 1-ter, n. att. cpp_
Roma, 28/11/12

Il Presidente

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rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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