Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16582 del 16/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16582 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CERRITO SALVATORE nato il 25/06/1970 a PALERMO

avverso la sentenza del 19/04/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 16/11/2017

)

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 19.04.2017, la Corte d’appello di Palermo dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’imputato CERRITO avverso la sentenza
del tribunale di Palermo del 16.11.2015 che lo aveva condannato alla pena di 1

fiscale ex art. 2, d. Igs. n. 74 del 2000, in relazione ai fatti commessi in data
16.04.2010.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia
iscritto all’Albo speciale ex art. 613 c.p.p., deducendo quattro motivi, di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.
In particolare si evoca: a) con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c),
cod. proc. pen. in relazione agli artt. 157, 161, 159 cod. pen. e 175 cod. proc.
pen., per asserita nullità della sentenza di condanna per omessa informazione
della prosecuzione del processo senza l’assistenza del difensore di fiducia, con
conseguente pregiudizio della facoltà difensiva di proporre impugnazione nel termine di legge con richiesta di rimessione in termini (erroneamente sarebbe stata
accolta l’eccezione della procura generale che aveva chiesto dichiararsi inammissibile l’appello perché proposto fuori termine; diversamente, la sentenza sarebbe
nulla in quanto, dichiarata la contumacia, l’imputato avrebbe dovuto essere avvisato della nomina del difensore d’ufficio, con pregiudizio del diritto di difesa e della
possibilità di impugnare la sentenza); b) con il secondo motivo, il vizio di cui all’art.
606, lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 548 cod. proc. pen., per nullità
della sentenza attesa l’omessa notifica all’imputato, con conseguente pregiudizio
difensivo e richiesta rimessione in termini (erroneamente la Corte d’appello ha
ritenuto che l’avviso dell’estratto contumaciale non doveva essergli notificato perché dichiarato assente, in quanto, attesa la sua irreperibilità, e non avendo ricevuto alcuna comunicazione né dal difensore d’ufficio né dal difensore nominato ai
sensi dell’art. 97, comma quarto, cod. proc. pen., sarebbe stato leso il suo diritto
di difesa); c) con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.
in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. (erroneamente la Corte d’appello avrebbe
ritenuto prevalente sulla dichiarazione di prescrizione, la inammissibilità dell’appello; diversamente, il reato, essendo il

dies a quo

individuabile in data

30.09.2008 – data della presentazione della dichiarazione fiscale relativa al periodo di imposta 2007-, avrebbe dovuto essere dichiarato estinto alla data del

anno di reclusione, riconosciutegli le attenuanti generiche, per il reato di frode

30.09.2015; si chiede, pertanto, a questa Corte di annullare la sentenza senza
rinvio per intervenuta prescrizione); d) con il quarto motivo, il vizio di cui all’art.
606, lett. b) e d), cod. proc. pen. in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e correlato
vizio di motivazione mancante o apparente, con conseguente richiesta di assoluzione per insussistenza del fatto o per non averlo commesso (si censura la sentenza in quanto l’accertamento del reato avrebbe richiesto una verifica più accu-

alcun accertamento per l’irreperibilità di alcuni documenti e per la mancanza di
documentazione fiscale per altri, laddove la sentenza si sarebbe limitata a condividere le dichiarazioni del teste Ciolino, con conseguente vizio motivazionale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Ed invero, dall’esame congiunto delle decisioni di primo grado e di appello (che,
com’è noto si integrano reciprocamente: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep.
04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), risulta palese la genericità e manifesta infondatezza di tutti i motivi, atteso che la Corte d’appello, peraltro in maniera analitica e con percorso argomentativo immune da vizi logici, indica nell’impugnata
sentenza le ragioni per le quali ha ritenuto configurabile il reato per cui è intervenuta condanna, con conseguente affermazione della responsabilità penale dell’imputata, accertata la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato medesimo, ragioni che si intendono in questa sede integralmente richiamate per esigenze di economia motivazionale né essendo richiesto a questa Corte di procedere
ad una ricognizione e riproposizione delle argomentazioni in fatto sviluppate dalla
Corte territoriale a sostegno di quanto sopra, dovendo la Corte di Cassazione limitarsi a valutare la congruenza motivazionale e la logicità complessiva dell’apparato
argomentativo utilizzato dai giudici di merito e non certo sindacare gli argomenti
fattuali utilizzati dai predetti giudici.

5. In particolare, osserva il Collegio, quanto al primo motivo, la Corte d’appello
motiva precisando che questi era stato inizialmente dichiarato contumace in primo
grado, ma che era comparso all’ud. 10.03.2014, con conseguente revoca dell’ordinanza dichiarativa della contumacia; nessun avviso ex art. 548 cod. proc. pen.
gli era quindi dovuto perché assente all’atto della decisione di primo grado; quanto
alla pretesa di dover essere avvisato della prosecuzione del processo a seguito
della rinuncia al mandato, la Corte d’appello ricorda che all’atto della rinuncia al
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rata dei destinatari delle fatture emesse dall’imputato; non si sarebbe eseguito

mandato da parte dell’Avv. Spoto, comparso in sostituzione anche dell’altro difensore di fiducia Avv. Cottone, non essendo pervenuta la nomina di altro difensore
fiduciario per l’udienza successiva, aveva provveduto a nominare un difensore
d’ufficio; inoltre la doglianza relativa alla mancata ricezione da parte dell’imputato
della raccomandata contenente la rinuncia al mandato era da ritenersi infondata
in quanto ricevuta dal ricorrente in data 5.03.2015.

doveva ricevere alcuna notifica dell’estratto contumaciale e, quindi, la doglianza
difensiva è da considerarsi manifestamente infondata. Quanto alla questione relativa alla rinuncia al mandato, questa Corte, attesa la natura processuale dell’eccezione ha doverosamente fato accesso agli atti quale giudice del fatto (Sez. U, n.
42792 del 31/10/2001 – dep. 28/11/2001, Policastro e altri, Rv. 220092), rilevando quanto segue: a) dal verbale ud. 15.06.2015 risulta che il difensore di fiducia presente, Avv. M Spoto, aveva provveduto a depositare la rinuncia al mandato per sé e per il codifensore di fiducia, Avv. G. Cottone; b) il giudice aveva
quindi provveduto a disporre la nomina del difensore di ufficio tramite la procedura
di cui al comma primo dell’art. 97, c.p.p.; c) all’udienza successiva del 19.10.2015,
era regolarmente presente il nuovo difensore d’ufficio nominato, Avv. S. Cultrera,
che aveva ricevuto rituale nomina via PEC in data 23.06.2015; d) alle due udienze
successive, essendo quest’ultimo assente, era stato sostituito dal giudice ai sensi
dell’art. 97, comma quarto, c.p.p. da un difensore prontamente reperibile in
udienza. Nessuna violazione è quindi rilevabile, essendo stata scrupolosamente
seguita dal giudice di merito la disciplina processuale, avendo provveduto ritualmente, a seguito della rinuncia al mandato dei difensori fiduciari, ad attivare la
procedura ex art. 97, comma primo, c.p.p., con nomina di nuovo difensore d’ufficio, poi provvedendo ex art. 97, comma quarto, c.p.p., alla sua sostituzione alle
udienze successive. Si noti, in ogni caso, che la disposizione dell’art. 28 disp. att.
cod. proc. pen., secondo cui il nominativo del difensore di ufficio deve essere comunicato senza ritardo all’imputato, non è tutelata, in caso di omissione, da sanzione di nullità sicché, per la tassatività di queste (art. 177 cod. proc. pen.), non
si può ritenere che la mancata comunicazione all’indagato del nominativo di quel
difensore comporti la nullità dell’atto al cui compimento è finalizzata la designazione, sempreché il difensore sia stato avvertito (Sez. 1, n. 205 del 20/01/1993 dep. 23/02/1993, Mattiuzzi, Rv. 193089; Sez. 6, n. 26095 del 03/06/2010 – dep.
08/07/2010, Attene, Rv. 248036; Sez. 1, n. 9541 del 02/02/2006 – dep.
17/03/2006, Matei, Rv. 233540).

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Osserva il Collegio che, non essendovi dubbi sul fatto che questi era assente, non

6. Quanto alla questione della mancata notifica dell’estratto contumaciale, si è già
evidenziato come lo stesso imputato era stato dichiarato legittimamente assente
attesa la revoca dell’ordinanza dichiarativa della sua contumacia; nessuna notifica
ex art. 548 cod. proc. pen., doveva quindi essere eseguita, trovando infatti applicazione il principio secondo cui all’imputato assente non spetta alcuna notifica della
sentenza ed essa, laddove venga effettuata, non produce alcun effetto sulla de-

31/01/2013, Rhazouani, Rv. 254427).

7. Quanto, poi, alla questione relativa all’inapplicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., nella specie la prescrizione, anzitutto occorre rilevare
che il termine di prescrizione massima sarebbe decorso in data 30.03.2016; in
primo grado, peraltro, il termine era rimasto sospeso dal 16.09.2013 al 2.12.2013,
donde la prescrizione sarebbe interamente decorsa alla data del 14.08.2016.
È ben vero che il termine è antecedente alla pronuncia di inammissibilità, ma la
tardività dell’impugnazione non consente la valida instaurazione del rapporto processuale, prima del passaggio in giudicato formale ex art. 648, comma secondo,
cod. proc. pen. Deve quindi affermarsi che nel giudizio di cassazione, l’intervenuto
decorso del termine di prescrizione del reato in data antecedente alla declaratoria
di inammissibilità dell’appello per tardività dell’impugnazione non è rilevabile d’ufficio né è suscettibile di eccezione di parte in presenza di un appello dichiarato
inammissibile perché presentato fuori termine, in quanto l’intempestività dell’impugnazione non consente la valida instaurazione del rapporto processuale prima
del passaggio in giudicato formale della sentenza ai sensi dell’art.648, comma secondo, cod. proc. pen.
In sostanza, la tardività dell’impugnazione, non consentendo la valida instaurazione del rapporto processuale prima del passaggio in giudicato formale ex art.
648, co. 2, c.p.p., impediva alla Corte d’appello di rilevare l’eventuale prescrizione
già maturata ed, a maggior ragione, lo impedisce a questa Corte, essendo il ricorso
inammissibile.

8. Quanto, infine, alle doglianze esposte nel quarto motivo, si tratta all’evidenza
di censure generiche e puramente contestative, del tutto articolate su argomentazioni meramente fattuali, che in quanto tali sfuggono alla valutazione di questa
Corte di legittimità, prestando il fianco al giudizio di inammissibilità.

9. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad
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correnza del termine per impugnare (Sez. 3, n. 4855 del 29/11/2012 – dep.

escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

P.Q.M.

delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 16 novembre 2017

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

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